Il potere della bellezza? Dalla denuncia femminista niente è cambiato.

Il potere della bellezza? Dalla denuncia femminista niente è cambiato. E per gli uomini l’altezza “paga”.
 
“Quanto più le donne si avvicinano al potere, tanto più si chiede loro un’autocoscienza fisica e la bellezza diventa la condizione necessaria per fare il passo successivo”. Lo ha scritto, diciotto anni fa, Naomi Wolf (nella foto) nel pamphlet, colto e rivoltoso, “Il mito della bellezza”. Secondo la giovane post femminista – nel 1991 aveva 28 anni – “la Qualificazione Professionale della Bellezza” pregiudicava gravemente ogni conquista femminile. Le belle erano avvantaggiate nei posti di lavoro. Spesso però correvano il rischio che l’avvenenza, vista come minaccia “alla serietà dell’ufficio”, fosse usata contro di loro.
Sono passati quasi venti anni. Che cosa è cambiato?
Nulla. In California, una cameriera è stata licenziata dal titolare del ristorante perché non voleva truccarsi. Ennesima dimostrazione che non soltanto “le professioni delle bellezza esigono la bellezza”. Quindi, tra due aspiranti a un posto di commessa, l’impiego andrà, molto probabilmente, alla più carina. Ma nell’agosto scorso, il Trade Union Congress, organo di collegamento fra i sindacati britannici, ha presentato una mozione per vietare i tacchi alti in ufficio. Mettono a rischio la salute e sono troppo sexy. E una giovane guardia carceraria inglese è stata licenziata perché “con l’aspetto gradevole provocava i detenuti”.
1991: Naomi Wolf denuncia il terrorismo estetico che – con la complicità dell’industria della cosmesi e della chirurgia – costringe le donne ad immolarsi sull’altare della bellezza-giovinezza ad ogni costo. 2009: “il gioco” si è perfezionato. E’ diventato ancora più crudele e pericoloso. Libri inquietanti (come “Mamma perché sono grassa” di Cintia Moscovich, ed. Cavallo di Ferro e “Appena ho 18 anni mi rifaccio” di Cristina Sivieri Tagliabue, ed. Bompiani dimostrano che lo specchio della matrigna di Biancaneve è passato anche nelle mani delle giovanissime già alla ricerca della perfezione.La dittatura della bellezza impone di levigare, rassodare, aspirare, spianare, rimpolpare, rimodellare. Seduce con tecnologie “spaziali”. Ricatta con immagini irraggiungibili. Una recente ricerca condotta da “Beauty for life” in collaborazione con l’American Society for Aesthetic Plastic Surgery (i risultati secondo gli esperti sono validi anche in Italia) ha evidenziato una mappa di interventi per età. Il seno interessa soprattutto alle ventenni, una su sei lo ritiene inadeguato. Mentre il 18 % delle trentenni, il 10% delle quarantenni e il 7% delle over 50 sceglie altri obiettivi. A 30 anni, infatti, il 37% delle donne punta al corpo (fianchi e pancia). Dai 40 in su l’attenzione si sposta sulle rughe. Ma i ritocchi al viso interessano tutte le fasce di età, anche se per ragioni diverse. Per 80 % delle sessantenni, infatti, il volto curato accresce l’autostima,mentre una trentenne su tre, ritiene che pelle fresca e zigomi alti, garantiscano maggiori possibilità di successo nel lavoro.
Siamo dunque condannate alla giovinezza eterna del collagene e del botulino spiana-rughe? E in questi tempi di crisi economica, cedimenti, brufoletti e occhiaie si sono trasformati in un’altra discriminante per mantenere o trovare un impiego? Esiste una correlazione fra crisi economica e impennata nella vendita del fondotinta, cosmetico indispensabile per nascondere imperfezioni e “lisciare il faccino”. Ne ha scritto il blog Jobtalk qulache tempo fa.
Perché sì, mantenere un aspetto curato serve. Valorizzarsi è piacevole. Ma la mistica del giovanilismo infinito può diventare stancante. Insopportabile quasi quanto la retorica del “oh, quel che conta è essere belle dentro”. Proclamata, chissà come mai, sempre da donne stupende.
Dalla denuncia della Wolf ad oggi, però, almeno una cosa è cambiata. Anche gli uomini sono caduti nella trappola dell’estetica “che fa la differenza”. “La bellezza? È mezza ricchezza” titola Nicola Persico, riportando un noto studio su lavoratori canadesi e statunitensi che mette in relazione i salari con la bellezza. Il 32 % degli uomini “molto belli” riceve un premio salariale del 5% rispetto agli uomini “di bellezza media”. Al 9% dei “brutti invece è riservato uno stipendio inferiore del 9%. I maschietti sono premiati anche per l’altezza.. Ad ogni centimetro in più corrisponde un aumento salariale di circa l’1%. Una curiosità. Lo studio ha misurato anche la variazione dello stipendio di uomini e donne che hanno cambiato sesso. Chi si è “trasformato” in donna, ha avuto una riduzione. Chi in uomo, un aumento. Ma questo era prevedibile.

di Antonella Appiano per IlSole24ore – job24.ilsole24ore.com

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