“Anche voi foste stranieri” di Antonio Sciortino: per i non italiani il posto c’è. C’entra il saper fare, ma anche il sorriso

In Italia quasi 13mila infermieri provengono da paesi extracomunitari. Oltre 5mila dall’Europa, quasi 3.500 dall’ Asia e altrettanti dall’Africa, scrive nel suo post  Antonella Appiano, che ha letto per noi il saggio di Antonio Sciortino. Per gli stranieri c’è posto. Anzi, sono 181mila i posti in cui le nostre aziende prevedono di inserire lavoratori extracomunitari nel 2010 secondo i dati diffusi  la settimana scorsa dalla Fondazione Moressa, sempre molto attenta a questo tema, elaborando i numeri di Excelsior-Unioncamere sui fabbisogni occupazionali. Si tratta del 22% sul totale delle assunzioni previste dalle imprese, che sono 802mila quest’anno, italiani e non, 20mila in più del 2009, di cui solo il 12,6% richiede la laurea, percentuale storicamente e tragicamente esigua. Per la maggioranza, i mestieri per i quali uno straniero è preferibile sono a tempo determinato (ma il numero di questi contratti è cresciuto anche in totale). Però non sono lavoretti, e neanche solo lavoracci, quelli offerti ai candidati stranieri: riguarderanno infatti profili con esperienza nel settore dei servizi alle persone e con qualifica nell’ambito di commercio e servizi. Specializzati ed esperti: cadiamo in pieno nella fascia dei profili che le aziende dichiarano difficili da reperire, un gap che nel 2010  corrisponde al 26% degli inserimenti programmati.
A credere ai dati, i lavori che gli italiani non vogliono più fare e per cui non si sono formati (non sempre per colpa loro) sono quelli che partono da un bagaglio tecnico solido e impegnativo da acquisire, con poco glamour per i ragazzi autoctoni e le famiglie  (sono stranieri anche i nuovi italiani, cioè le seconde generazioni, ricordiamolo…), o da quelle competenze non formalizzate che non si studiano da nessuna parte, perchè si acquistano solo lavorando.Tra cui ci sono la disponibilità, l’ascolto e l’attenzione al contesto e alle persone, aggiungerei anche la gentilezza: qui gli stranieri ci battono, basta frequentare per un giorno un ospedale. Noi italiani li abbiamo perduti per strada?
Ad Antonio Sciortino, direttore di “Famiglia Cristiana”, bastano una trentina di pagine per smantellare, nel suo ultimo libro  “Anche voi foste stranieri,” con cifre e dati oggettivi, la costruzione dei cliché su immigrati e lavoro.  Tabelle e statistiche li hanno fornitigli enti di ricerca. Ma i numeri da soli non bastavano: c’era chi li leggeva senza capire. E chi non li leggeva neppure. Così Antonio Sciortino nel libro – reportage – che naturalmente non parla solo di lavoro, ma affronta senza reticenze tutti i temi connessi con l’immigrazione e la multiculturalità, le posizioni assunte dalla classe politica e dalla Chiesa e il ruolo dell’informazione – ha fatto chiarezza”. Discriminare lo straniero, oltre che un fattore di inciviltà, è antieconomico. Anzi masochistico”. Senza gli immigrati il paese si fermerebbe. Dall’industria all’agricoltura, dagli ospedali all’assistenza agli anziani.  Una città a caso, Milano.  In un ipotetico giorno senza immigrati, incrocerebbero le braccia 30mila filippini, 25.000 egiziani, 17.000 cinesi. Impensabile. Una curiosità a proposito “della capitale longobarda”. Per la prima volta il ‘milanesissimo’ cognome Brambilla è stato superato dal ‘cinesissimo’ Hu.
Torniamo ai dati. In Italia quasi 13.000 infermieri provengono da paesi extracomunitari. Oltre 5mila dall’Europa, quasi 3.500 dall’ Asia e altrettanti dall’Africa. “La presenza di questi colleghi è indispensabile, racconta Annalisa Silvestro, presidente dell’Ipasvi (Federazione Nazionale Colleghi infermieri)”. Infatti secondo l’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico) in Italia, mancano almeno 60.000 operatori nel settore sanitario.  A Cremona gli indiani sikh hanno sostituito gli abitanti locali nella mungitura. Mentre a livello nazionale sono in aumento le imprese agricole condotte da extracomunitari, cresciute più del 26,3 per cento negli ultimi 5-6 anni.  E nell’edilizia? Gli “utili invasori” (termine coniato da Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei Processi Migratori alla Statale di Milano)  sono un vero e proprio esercito, 250.000.
Secondo uno studio pubblicato a marzo del 2008 da Anaepa Confartigianato, negli ultimi due anni sono usciti dai nostri cantieri 30mila italiani e ne sono entrati 35mila stranieri. Insomma fanno i lavori che tanti italiani non vogliono fare più. Si sacrificano. Lavorano anche di notte, nei giorni festivi. Secondo il Dossier Caritas-Migrantes 2009, gli stranieri presentano come caratteristica un tasso di produttività di 11 punti più elevato rispetto alla media. Sono determinati e non si scoraggiano, anche se spesso fanno lavori umili pur essendo provvisti di titoli di studio non riconosciuti.
Un altro stereotipo che Antonio Sciortino affronta battagliero è il classico “Rubano il lavoro”. Non è vero e lo conferma il Rapporto della Banca d’Italia “Le economie delle Regioni italiane”. Nel centro nord, per esempio, il 79,3% degli immigrati sono operai (gli italiani solo il 35,1%) ma guadagnano l’11% in meno dei nostri connazionali. E ancora secondo Banca d’Italia, gli immigrati ci aiutano da un punto di vista fiscale. Perché pagano contributi e tasse come ogni cittadino italiano. In termini economici. Perché producono ricchezza e consumano come noi. E sono anche una risorsa per l’erario, la previdenza sociale e i privati. Oltre ai dati, nel saggio anche tante storie e testimonianze. A lieto fine, come quella di Otto Bitjoka, che, arrivato dal Camerum, è riuscito a laurearsi in Economia alla Cattolica di Milano con un Master alla Bocconi. Si è sposato e ha adottato due bimbi africani. E storie che dovrebbero farci vergognare. Come quella di Husseini, sudanese, uno dei tanti braccianti stagionali del sud, che vive senza riscaldamento né bagno. Uno degli schiavi d’Italia.  E allora? Che fare? Scrive Antonio Sciortino. “Due Italie si contrappongono. A torto o a ragione. C’è chi soffia sul fuoco, alimentando paure e tensioni. E chi, invece, capisce che una soluzione va trovata. Nell’accoglienza e nella legalità. La chiamata alle armi per sbarrare il passo allo straniero è un terribile boomerang. Un’illusione, che crea più problemi”. A noi la scelta a quale Italia decidere di appartenere.

di Antonella Appiano per IlSole24ore – jobtalk.blog.ilsole24ore.com

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