Siria, le bugie dell’Occidente – Diario da Damasco

Nella capitale, voci sulle trame dei Fratelli Musulmani

Ero alla grande Moschea degli Omayyadi di Damasco, venerdì primo aprile, il Giorno dei Martiri.
Prima, durante e dopo la preghiera. E non ci sono stati incidenti, come invece, è stato riportato da alcuni media. Certamente le forze di sicurezza in borghese hanno controllato la zona in modo capillare.
Secondo gli attivisti, infatti, la piazza davanti all’ingresso principale avrebbe dovuto essere teatro dell’epicentro del D-day, della grande rivolta nella capitale. E molti abitanti della città vecchia hanno preferito restare a casa per prudenza. Ma alla fine della preghiera, alla grande moschea, l’unica manifestazione è stata quella a favore di Bashar. L’ennesima.

Tutte le kabbar dell’Occidente sulla crisi in Siria

I negozi di souvenir chiusi nel giorno dei martiri presso la moschea degli Omayyadi (A.a)

L’annuncio del Giorno dei Martiri aveva creato preoccupazione a Damasco già da lunedì 28 marzo. Si aspettava con ansia questo giorno.
Poca gente in giro. Anche i negozi di souvenir per turisti, ai lati della Moschea, avevano le serrande abbassate.
Quando è stata riaperta la porta principale, dopo aver indossato l’hijab (il foulard che copre i capelli completamente, lasciando scoperto il viso) sono entrata anch’io, come altre volte, nel cortile.
L’ATMOSFERA DI SEMPRE. I bambini si rincorrevano, le mamme chiacchieravano sedute sotto il porticato. L’atmosfera di sempre. Fuori, il caffé Nawfara, di fronte a una delle entrate secondarie della  Mosche degli Omayyadi, era di nuovo affollato. Fumo dei narghilé, aroma di caffé al cardamono e profumo di biscotti al pistacchio.
Incontri, voci e commenti. E a me, straniera, molte domande sul perché «i media occidentali dicano tante kabbar, bugie».
DEFORMAZIONE DEI MEDIA. I siriani sono davvero amareggiati per il modo in cui, in Occidente, viene raccontata la crisi del Paese. Temono anche il crollo del turismo, una fonte economica preziosa per il Paese. E si dispiacciono per l’immagine negativa della Siria.
«Sui fatti di Daraa e Latakia bisogna indagare, certo», dice qualcuno (all’inizio dei disordini non si sentiva mai pronunciare, ad alta voce, il nome della cittadina al sud della Siria). Però Ahmad, studente di Lingua e letteratura araba all’Università di Damasco, vuole sapere perché gli occidentali «non credono alla tesi dei gruppi islamisti che fomentano le rivolte».

In città, voci sull’intervento dei Fratelli Musulmani

Manifestazioni pro-Bashar a Damasco (A.a)

In città, infatti, si stanno diffondendo le voci di un intervento di integralisti. Viene sussurrato o dichiarato apertamente il nome dei Fratelli Musulmani, secondo le autorità siriane il più vasto movimento armato di opposizione interna.
Nato in Egitto nel 1928, Il movimento, secondo il fondatore Hasan al-Banna, si pone come obiettivo quello di dar vita dar vita a uno Stato islamico fondato sulla giustizia sociale e sulla eguaglianza dei credenti. Ma sono rumor, appunto.
Verso sera, incontro un insegnante che aveva chiesto a un amico di poter raccontare la sua testimonianza con garanzia di anonimato.
IL REGIME REGGERÀ. «Sono contrario al regime. Ma la maggioranza dei siriani appoggia senza dubbio il presidente. Chi per interesse. Chi per paura di divisioni interne. Chi, perché semplicemente crede in lui. La fazione antigovernativa potrebbe crescere, certo. C’è stato uno scontro, alla periferia di Damasco, nel sobborgo di Douma. E i supporter di Bashar si sono uniti alle forze di polizia contro i dimostranti che, comunque, erano pochi». Le manifestazioni, almeno nella capitale, sono solo piccoli fuochi. Dubito però che possano trasformarsi in un incendio e far crollare il regime. Il Paese non è pronto. E c’è ancora una considerazione da fare. Qui in Siria, anche l’esercito resterà fedele a Bashar.

di Antonella Appiano per Lettera43

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