Tra le manifestazioni proregime, una delegazione guidata dal Qatar arriva a Damasco per avviare il dialogo.
“Abbiamo paura di una guerra civile”. Me lo hanno detto tanti siriani durante i 4 mesi passati nel Paese, dall’inizio delle rivolte, a metà marzo. Me lo ripetevano cristiani ma anche musulmani sunniti. Sciiti, alawuiti. Profughi iracheni. Palestinesi. A ottobre, il primo allarme è arrivato da Homs. Tensione e vendette fra sostenitori del Presidente Bashar al Assad e oppositori. La città divisa, barricate fra i quartieri.
Ora in Siria il tiro si è alzato. Da una decina di giorni l’esercito e le forze fedeli al Presidente si stanno scontrando contro militari disertori e gruppi di manifestanti anti-regime nella regione centrale di Homs, nell’area nord-occidentale di Idlib, in quella meridionale di Daraa. Secondo dichiarazioni (non verificate da fonti indipendenti) dell’Osservatorio Nazionale per i Diritti umani in Siria (Ondus) ieri (ndr mercoledì 26 ottobre) nove militari, tra cui un ufficiale, sono stati uccisi da disertori nella regione centrale di Hama. Un altro attacco contro l’esercito regolare anche nel nord ovest della Siria, aMaarrat an Numan. Bilancio: sei soldati governativi feriti. E l’altro ieri nella stessa zona sempre un gruppo di disertori avrebbero ammazzato sette lealisti.
E’ l’inizio della tanto temuta guerra civile? Sembrerebbe di sì. Secondo Joshua Landis, docente all’università dell’Oklahoma e fondatore del blog ’Syria Comment’ “La morte di Gheddafi e gli episodi di rappresaglie e di giustizia sommaria spaventano il 40% dei siriani che sostengono il regime”. Talal che vive in Italia con la moglie ma ha quasi tutta la famiglia a Damasco non nasconde la preoccupazione ” molti amici indecisi da che parte stare sono impauriti e a questo punto preferiscono schierarsi con il Governo”. E aggiunge “C’è insicurezza, confusione. Tutti limitano i viaggi all’interno dal Paese. E le difficoltà economiche sono sempre più pressanti”.
Sembra quindi che in Siria si stiano delineando nettamente forze contrapposte. Anche se, secondo Landis “L’esercito fedele al regime costituisce ancora la maggioranza: i ribelli non potranno batterlo. E le clientele legate al regime per motivi economici sono pronte e determinate a difenderlo”. Bashar conta poi su alleati dichiarati come la Cina e la Russia e alleati ’nascosti’ che temono la sua caduta. Perché potrebbe essere molto rischiosa e alterare gli equilibri nelle regione medio-orientale. Come Israele e il Libano, per esempio. L’Iran, anche se a parole condanna le repressioni, è presente a livello finanziario e di investimenti nel Paese. Anche l’Iraq, antico nemico della Siria governata dal padre di Bashar, ormai è in gran parte sotto l’influenza di Teheran.
Intanto nel Paese si susseguono repressioni, manifestazioni contro e a favore del Presidente Bashar. Una si è svolta il 26 ottobre poche ore prima dell’arrivo a Damasco, della delegazione della Lega Araba, guidata dal Qatar (rappresentata anche da Algeria, Egitto, Sudan, Oman e dal segretario generale della Lega araba). La delegazione ha l’incarico di avviare una mediazione fra il Presidente Bashar e l’opposizione e di mettere quindi fine alla repressione, in corso da marzo, che, secondo l’ONU, è costata la vita finora, di oltre 3.000 siriani.
La manifestazione è stata imponente con decine di migliaia di lealisti che si sono riversate nella piazza degli Omayyadi con striscioni e immagini giganti del presidente, scandendo lo slogan “il popolo vuole Bashar al-Assad“. E’ stata la terza mega manifestazione pro-regime nell’arco di dieci giorni. La prima sempre a Damasco, la seconda ad Aleppo. Oggi ne è prevista una quarta a Lattakia nel nord-ovest del Paese. Intervistato dalla tv di Stato siriana al termine del colloquio, il rappresentante del Qata. ha dichiarato di aver percepito “la forte volontà del governo siriano di aprire alla commissione araba per arrivare a una soluzione” . Ma lo scorso 16 ottobre, la Lega, aveva già fatto una proposta alla leadership di Damasco: fine della repressione, liberazione di tutti i prigionieri politici, avvio di un dialogo con tutte le opposizioni in patria e all’estero. Una proposta respinta.
Gli Usa hanno richiamato l’ambasciatore; l’opposizione interna e il Csn (Consiglio nazionale siriano) sono ancora divisi. Anche gli analisti occidentali. E Basel, uno dei ’manifestanti di strada’ di cui non avevo più notizie da settimane mi scrive una e-mail “Sono riuscito a raggiungere mia sorella a Londra. La fine di un incubo”.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Lega-Araba-in-Siria-per-mediare#.Tqr9nJtTdwc (riproducibile citando la fonte)