La rivolta si militarizza, trattative segrete tra ribelli e nuovo governo libico. Di Paola: “ma la Siria non è la nuova Libia”.
“In medio Oriente, a volte si ha la sensazione che nessun evento della storia abbia mai un orizzonte finito” aveva scritto scritto Robert Fisk, del quotidiano inglese ’The Independent’, nel celebre saggio ’Cronache mediorientali’. Una definizione perfetta per la crisi siriana: in continua evoluzione, con nuovi scenari ed ipotesi. Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre gli eventi hanno subito una forte accelerazione con la progressiva militarizzazione della rivolta: imboscate, uccisioni mirate, blitz contro centri di comando.
L’esercito siriano libero- composto da migliaia di disertori dell’esercito regolare al comando del colonnello Riyadh al Asaad – pare sempre più forte e organizzato. Le fonti sull’addestramento dei militari ribelli nella base turca di Iskenderun non sono confermata anche se sembrano attendibili. Dall’altra parte Ankara, dall’inizio della crisi siriana, ha sempre sostenuto le rivolte contro il regime di Assad. In Siria entrano armi di contrabbando già da agosto, ma in questo ultimo periodo l’afflusso attraverso il confine libanese e turco è aumentato. Su ’L’Indro’ avevamo già riportato le tesi opposte sui “finanziatori”. e a fine novembre sul ’Daily Telegraph’ è apparsa la notizia di trattative segrete tra i ribelli siriani e le nuovo governo libico che avrebbe offerto armi e addestratori.
Burthan Ghalioun alla guida del CNS ( Consiglio Nazionale siriano) si dichiara contrario agli interventi dell’esercito Siriano libero, ribadendo che “il carattere della rivolta deve rimanere pacifico”. Nello stesso tempo però il CNS, che ha aperto da poco una sede ad Istanbul, chiede con insistenza la creazione di “zone cuscinetto all’interno del territorio siriano per dare rifugio ai membri dell’ opposizione siriana”.
Una ’creazione’ che richiederebbe di fatto un intervento militare esterno. “Al momento attuale la Siria non è una nuova Libia. Quello che èstato fatto in Libia non necessariamente si deve ripetere anche in Siria, non c’è nessuna risoluzione del Consiglio di sicurezza e alcuna indicazione dalla Comunita’ internazionale“. Ha riferito a un gruppo di giornalisti italiani ieri (n.d.r 14 dicembre, fonte Adnkronos) il Ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, dalla base militare di Trapani Birgi. E le dichiarazioni contro un intervento armato straniero erano state escluse dalla stesa Lega araba.
L’altro evento che ha portato all’escalation della crisi in Siria è stato l’isolamento regionale del Paese. Alla fine del mese scorso la Lega Araba, ha approvato sanzioni commerciali contro il regime di Damasco. Anche la Turchia si è unita alla decisione interrompendo le transazioni con la Banca Centrale del Paese. Un danno economico grave per la Siria che aveva instaurato con i Paesi Arabi e soprattutto la Turchia ottimi scambi commerciali. Ricordiamo che prima della Lega Araba anche l’Ue (Unione Europea) e gli Stati Uniti avevano imposto sanzioni che hanno colpito il settore petrolifero siriano. L’Ue assorbiva infatti circa il 95% delle esportazioni petrolifere siriane, ben un terzo delle entrate di Damasco. Ed è innegabile che un tipo di embargo del genere vada a colpire, prima che il regime, il popolo siriano. A favore della leadership di Damasco continuano a rimanere schierati Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (i cosidetti Paesi BRICS) contrari all’imposizione di altre sanzioni. Anche l’Iran ha intensificato lo scambio economico mentre Russia e Cina hanno posto il veto anche a qualsiasi risoluzione di condanna della Siria in sede ONU.
Intanto il Presidente Bashar Al Assad il 7 dicembre ha rilasciato un’intervista alla tv statunitense Abc in cui ha ribadito di non aver mai dato ordine di sparare sui civili disarmati. “Noi non uccidiamo la nostra gente, nessun governo al mondo uccide il proprio popolo, solo un pazzo lo farebbe”. Secondo l’Osservatorio Onu ad oggi le vittime delle repressione del regime degli Assad sarebbero quasi 5mila. E il l 13 dicembre l’Unione europea, tramite l’Alto rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton, ha chiesto in un intervento al regime siriano ’’un accesso senza restrizioni a tutto il paese per motivi umanitari’’.
E’ indubbio infine che la crisi siriana stia creando cambiamenti a livello regionali e che la stessa rivolta popolare sia ora condizionata delle dinamiche geopolitiche. In Libano la coalizione sunnita, filo-occidentale e filo-saudita del 14 marzo, si è schierata a favore dell’opposizione siriana, mentre Hezbollah, movimento sciita vicino all’Iran e leader della coalizione contrapposta ha ribadito il sostegno al regime di Damasco.
L’Iraq si è poi opposto alla decisione della Lega Araba di imporre sanzioni alla Siria. Il governo iracheno infatti non dimentica che la Siria ha sempre ospitato i profughi iracheni ( più di 300mila si trovano ancora nel Paese) e ha offerto asilo politico a molti esponenti dell’attuale leadership irachena, ai tempi di Saddam. I timori del’Iraq sono reali. La guerra civile potrebbe estendersi oltre i confini siriani, e il Paese è a rischio per le tensioniinterreligiose fra la comunità sunnita e la comunità sciita al potere. L’alleanza siroiraniana è rimasta salda come quella dei movimenti di Hamas e Hesbollah. L’Iran è consapevole che un crollo degli Assad isolerebbe Teheran. I giochi continuano e la partita rimane aperta.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/lenigma-siriano/ (riproducibile citando la fonte)