Cambia il terreno di battaglia

Gli scontri, da Damasco, riconquistata dall’esercito regolare, si spostano ad Aleppo. Seconda città della Siria, cuore commerciale e imprenditoriale, situata in una posizione geografica strategica a una sessantina di chilometri dalla frontiera turca. Per mesi roccaforte lealista e ospite di una comunità di 300 mila cristiani, il doppio lato di una guerra interna e internazionalizzata che apre mille scenari inquietanti.

Parafrasando il titolo di un celebre film “Tutti dicono che è necessario trovare una soluzione alla crisi siriana”. Politica, diplomatica, regionale, ma la soluzione appare sempre più lontana.
Fallimento del Piano Kofi Annan, fallimento della Missione degli Osservatori Onu, chiusi negli alberghi di Damasco e in procinto di lasciare il Paese. Tre Risoluzioni Onu bloccate dal veto della Russia e della Cina. Scambio di accuse fra Stati Uniti e Russia che denuncia “Gli Stati Uniti appoggiano il terrorismo”. Una Opposizione  (il CNS è la piattaforma che raccoglie la maggior parte di sigle, all’estero) che continua ad apparire divisa e che non ha ancora espresso un discorso chiaro. Unificante. Nel Cns i più organizzati e più coesi sembrano essere i Fratelli Musulmani. Un esercito siriano libero composto da varie brigate che ora sconfessano i vertici in Turchia, ora dichiarano di aver raggiunto un pieno coordinamento.

Da Damasco, riconquistata dall’esercito regolare, gli scontri fra esercito e oppositori armati si sono spostati ad Aleppo. Chiamata anche la capitale del nord, seconda città della Siria in ordine di importanza cui contende il titolo di città abitata più antica del mondo, cuore commerciale e industriale del Paese. Situata in una posizione geografica strategica, a una sessantina di chilometri dal confine con la Turchia, che, tra l’altro, ieri ha chiuso i valichi di frontiera.
Una provincia di 7 milioni di abitanti, con una popolazione variegata di arabi, curdi, armeni, circassi e una comunità di 300mila cristiani appartenenti a una decina di confessioni diverse. La minoranza finora schierata per la maggior parte con la leadership del Paese.

Aleppo è anche stata, per mesi, una vera e propria roccaforte lealista. Lo scorso anno mi trovavo proprio a luglio in una Aleppo tappezzata da striscioni inneggianti al Presidente Bashar al Assad. Una città che aveva reagito in maniera compatta alla visita dell’ambasciatore statunitense Ford ad Hama, l’8 luglio 2011, bollandola come “ingerenza nella politica interna siriana”.

Questo, in sintesi, il nuovo “terreno di scontro” che appare quindi molto importante nello sviluppo dei fatti e nell’evolversi della crisi e della guerra civile.
La Turchia rappresenta un humus vitale per la guerriglia. Dalle zone di frontiera entrano infatti uomini e armi. Ma la Turchia, che ospita la sede del CNS siriano, i vertici dell’esercito siriano libero, comincia a essere consapevole dell’incognita rappresentata dai curdi siriani.
E ritorniamo quindi al doppio lato di questa guerra: interna e internazionalizzata, con serie possibilità di un’espansione del conflitto in Libano e in Iraq.
Tutti dicono dobbiamo fare qualcosa. Ad Aleppo, dominata dalla Cittadella, con il suq grandioso, gli hammam, le testimonianze di un passato ricco di storia e di prestigio (dal 1968 il centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco) intanto si combatte.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Cambia-il-terreno-di-battaglia/ (riproducibile citando la fonte).

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