CHE COSA VOGLIONO I CURDI SIRIANI?
Sventolano la bandiera del Kurdistan nelle manifestazioni di protesta, rivendicando la propria identità. Ma, nello stesso tempo, i curdi siriani prendono le distanze dagli oppositori sostenuti dalla Turchia. Secondo l’’Associated Press’, a partire da agostol`esercito siriano ha abbandonato le postazioni nel nord-est del Paese, lasciandone il controllo ai curdi. Una minoranza stimata circa due milioni di persone (secondoL’Institut Kurde de Paris sono 1.600 mila) che potrebbe rivelarsi una pedina importante sulla scacchiera della siriana. E non solo.
“La totale assenza di scontri armati con le forze dell’esercito siriano, più che a una conquista del territorio da parte delle milizie curde, fa pensare piuttosto ad un accordo fra le parti” afferma Stefano Torelli, Ricercatore presso l’Università di Roma dove si occupa della ’questione curda’. Sempre secondo l’’AP’, i militari che hanno lasciato città e villaggi alla frontiera con la Turchia – come Qamishli, Dirbasiyeh, al-Malkia – per rafforzare la posizione ad Aleppo e Damasco, sono stati sostituiti da curdi del PYD ( Partito dell’Unione Democratica ). “La presenza al confine turco del PYD – la più importante fazione armata e strutturata curdasiriana, affiliata al PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) da sempre fonte di preoccupazione di Ankara – rappresenta senza dubbio un segnale preciso di avvertimento alla Turchia, da parte del regime”, aggiunge Stefano Torelli. “Un forte deterrente”.
I curdi sono dunque per il Presidente Bashar-al Assad, una carta da giocare? “Il governo di Ankara, dall’inizio delle rivolte, si è apertamente schierato contro gli Assad e il Pyd proprio per la sua natura, può essere funzionale alla leadership siriana in funzione anti-turca”. I Curdi – una etnia indoeuropea – sono circa 30 milioni, e vivono in Turchia, Iraq, Iran e Siria. Da sempre discriminati dai rispettivi governi, i curdi siriani stanno però guadagnando terreno. E nonostante le divisioni che li caratterizzano, potrebbero diventare attori importanti non solo per Paese ma anche per gli equilibri regionali. “Il peso politico non è certo stato sottovalutato dal regime. Durante le rivolte la repressione nei centri curdi è stata, è stata più morbida. E il Presidente Bashar-al- Assad, già all’inizio delle proteste, nel 2011, ha concesso la cittadinanza siriana a 200 mila curdi, che fin dall’epoca del censimento del 1963, erano considerati apolidi”.
In un ipotetico scenario post-Assad, i curdi siriani rivendicherebbero l’indipendenza? UnKurdistan siriano su modello di quello iracheno di Massoud Barzani? Secondo Torelli “è una ipotesi. I curdi siriani potrebbero formare una enclave all’interno del Paese, e questa prospettiva, creerebbe molti problemi alla Turchia. La zona infatti diventerebbe facilmente una ’base’ per il PKK con ripercussioni sulla stabilità interna del Paese. Ma i curdi siriani sono pochi. E, da sempre, divisi. L’elemento in comune fra i vari gruppi, per ora rimane quello di un riconoscimento e di un miglioramento dei diritti della Comunità”.
Oscillando fra desideri di autonomia e rivendicazioni, consci del potere che hanno assunto, icurdi siriani rimangono comunque divisi politicamente. Un’altra spaccatura riguarda il Consiglio nazionale siriano (Cns), che raggruppa i principali movimenti di opposizione all’estero, con sede in Tirchia. Il 9 giugno scorso, dopo le dimissioni di Burhan Ghalioun – è stato nominato presidente l’esule siriano di origine curda Abdel Basset Sieda. Ma nonostante questo ’atto politico’ la diffidenza di molte correnti curde verso l’ organizzazione – in cui prevalgono realtà sunnite, come la Fratellanza Musulmana – rimane viva.