’Primavere arabe’: il punto della situazione
Mitt Romney spara a zero sulla politica estera di Obama in Medio Oriente dichiarando, davanti ai cadetti della Virginia Military Institute, che “il Presidente ha fallito nel trattare la questione siriana”. E non lo risparmia neppure riguardo la Libia, l’Iran e l’Iraq. Bellicoso e sicuro di sé, il candidato repubblicano ha affermato che “il fallimento di Washington è totale in Siria, dove più di 30.000 tra uomini, donne e bambini sono stati massacrati dal regime di Assad negli ultimi 20 mesi. La Turchia, nostro alleato, è stata aggredita e il conflitto minaccia la stabilità nella regione”. Affermazioni pesanti, quelle di Romney, che afferma: “L’assalto al consolato americano di Bengasi è stato compiuto dalle stesse forze che ci hanno attaccato l’11 settembre 2001. Per questo, il colpevole non può essere un riprovevole video contro l’Islam, nonostante il tentativo dell’amministrazione Obama di farlo”. Ancora critiche. “L’Iran non è mai stato così vicino alla realizzazione di armi nucleari e in Iraq ha portato a un aumento delle violenze, al ritorno di al Qaeda, all’indebolimento della democrazia”. Promette di fare di meglio, Romney, e si appella alla necessità “dell’America come guida”.
Per chiarire la situazione, un breve punto sulla situazione attuale delle cosiddette ’primavere arabe’ mette in risalto alcuni nodi non risolti e due aree estremamente calde, la Siria e la Libia. In Siria le rivolte si sono trasformate in una drammatica guerra civile tutt’ora in corso, che si protrarrà a lungo con un drammatico numero di morti e sfollati. E che ha permesso l’entrata di gruppi jihadisti. ’ chiaro che un fattore non previsto né dalle varie intelligence, né dalle popolazioni in rivolta, né dai governi occidentali, è stata proprio l’infiltrazione dell’Islam radicale. Islam radicale che – non solo in Siria- sta cercan di trarre vantaggio dalla situazione caotica, servendosi della religione come pretesto, per appropriarsi del potere politico. La crisi siriana sta minacciando un estendersi del conflitto in Turchia e in Libano. E si è internazionalizzata da tempo. Secondo la ’Bbc’ “Barack Obama e i suoi alleati medio-orientali, soprattutto l’Arabia Saudita, forniscono le armi ai ribelli, ma non armi pesanti come lanciarazzi da spalla perché potrebbero essere intercettate da cellule terroriste”. Sempre secondo la ’Bbc’ “Fonti di opposizione hanno confermato di ricevere aiuto dall’Arabia Saudita e dal Qatar”.
In Libia – dove l’operazione Unified Protector della Nato, nella primavera 2011, ha aperto la strada al cambio di regime con l’ uccisione di Muammar Gheddafi – a meno di un mese dalle prime elezioni libere, il governo del premier Mustafa Abushagur è caduto mettendo in risalto le contraddizioni tribali, le divisioni etniche e territoriali di un Paese ancora colpito da una grave crisi economica.ntanto, arrivano segnali inquietanti dalla Giordania. Ad Amman, la capitale, si sono svolte, nei giorni scorsi, manifestazioni con migliaia di partecipanti contro la decisione del re Abdullah di sciogliere il parlamento. Altre manifestazioni sono attese per venerdì. Il monarca aveva preso la decisione per venire incontro alle rivendicazioni dei Fratelli musulmani, la forza d’opposizione più organizzata in Giordania.
La situazione in Giordania preoccupa gli Stati Uniti e Israele, ma anche le Monarchie del Golfo. Finora la ’Primavera Araba’, ha spazzato via dei regimi cosiddetti ’laici’. Ma se le proteste dovessero allargarsi anche nelle monarchie come la Giordania, il puzzle mediorientale potrebbe cambiare di nuovo, assumendo forme nuove.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/primavere-arabe-il-punto-della-situazione/ (riproducibile citando la fonte)