Una guerra civile infinita o una “cantonizzazione” della Siria?

L’utopia e l’ipocrisia bisbigliano ancora “soluzione politica”. Il Piano B di Bashar al-Asad

 

Siria - guerraLa realtà mette sul piatto della bilancia ormai solo due scenari. Il proseguimento di una guerra civile brutale, senza esclusioni di colpi che scivolerà ogni giorno di più nell’anarchia e nel caos. O la cantonizzazione della Siria.

La guerra civile porterà l’inevitabile corollario di vendette personali e di clan; di gruppi armati che si affrontano, milizie private, sacche di resistenza, bande criminali. Il Paese, d’altra parte, è già distrutto nelle infrastrutture e negli animi, nel patrimonio culturale e nel tessuto sociale. Alcuni analisti hanno ipotizzato almeno una ventina di anni prima che la Siria possa essere ricostruita. Ma si può ipotizzare quanti anni siano necessari per guarire dall’odio, dalle ferite interiori?  Come entità territoriale unica comunque il Paese esiste solo sulle vecchie carte geografiche. Si sta disgregando. E i combattimenti continueranno anche in uno scenario post- Assad. Qualsiasi transizione infatti deve avvenire dall’interno. Dall’accordo dei vari gruppi e delle varie etnie. Certo la Siria può vantare un passato di coesistenza intercomunitaria. Ma dopo la guerra, le distruzioni e l’altissimo prezzo pagato in termini umani, quanto tempo impiegheranno i siriani a sentirsi cittadini di un unico Stato? E ci riusciranno?

Intanto sul terreno nessuno sembra intenzionato a deporre le armi. I combattimenti fra il regime e gli oppositori registrano vittorie e sconfitte alterne. Il Presidente Bashar al- Assad non controlla più tutto il territorio.  E’ piuttosto stabile a Damasco ma sembra che stia preparando da tempo un piano B, nel caso fosse costretto ad abbandonare la capitale.

L’alternativa è quella di un piccolo Stato indipendente, costiero, nella  zona di Latakia, protetto ad est dalle montagne popolate di villaggi  alawuiti  (il ramo sciita cui appartiene la famiglia degli Assad) e a ovest dalla base navale russa di Tartous. Uno stato che per sopravvivere dovrebbe essere collegato con la valle libanese della Beqaa (dominata dal movimento sciita di  Hezbollah, filo-Assad) attraverso la piana di Qusayr, a una trentina di km a sud ovest di Homs. Una direttrice vitale.

Questo spiegherebbe il nuovo fronte dei combattimenti fra l’esercito lealista coadiuvato da Hezbollah e gli oppositori. Damasco, Homs, Hama e infine Latakia: la dorsale a ridosso del confine con il Libano è una zona strategica perché unisce la capitale con le zone costiere del nord dove la maggioranza della popolazione è, come abbiamo detto, alawita.  La creazione di uno stato-énclave alawita collegato al Libano di Hezbollah e anche all’Iran attraverso l’aeroporto  di Latakia o i porti di Tortous e Latakia, consentirebbe agli Assad di rimanere al potere e di mantenere in vita il cosiddetto “arco sciita”. Le zone  curde di al-Raqqa e al-Hasaka, vicine al confine turco e iracheno, potrebbero invece distaccarsi dalla Siria e creare uno stato indipendente curdo.  E qualcuno teme che i gruppi jihadisti estremisti riescano a dare vita a piccoli “emirati islamici” nelle regioni sotto il loro controllo.

Più di 70 mila morti secondo le fonti Onu, centinai di migliaia di profughi,  macerie, rovine, troppo sangue versato. Che cosa resta oggi della Siria?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/politica/2013-05-09/81389-siria-due-possibili-scenari (riproducibile citando la fonte)

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