Un fenomeno in ascesa. Ma non confondiamolo con l’Islam.
Scrive Gilles Kepel nel libro ‘Oltre il terrore e il martirio’: «Ci sono due grandi narrazioni in scena in questi ultimi anni: quella americana della guerra al terrorismo e quella dell’ esaltazione del martirio da parte degli jihadisti. Ma il panorama che ne risulta è desolante e preoccupante: attentati, ostaggi sgozzati in Iraq, Afghanistan (e ora in Siria), prigionieri musulmani torturati a Guantanamo e Abu Ghraib. Una scia di sangue da Gerusalemme, a Londra da Nairobi a Mumbai. Un circolo vizioso in cui tutti e due gli schieramenti stanno perdendo». La soluzione, secondo Kepel, è rappresentata dall’Europa, sul cui territorio vivono già milioni di cittadini di religione musulmana. Europa come protagonista nella sfida a questa dilagante barbarie? Europa per costruire uno spazio in comune per le due civiltà, dunque?
Non è d’accordo il regista Renzo Martinelli che ha avuto il merito, in Italia, di essersi interessato a questi temi con il film ‘Il mercante di pietre’ ( 2006) e ‘Undici settembre 1683’ ( 2012) e che afferma che “una delle due civiltà finirà col prevalere. Non a tempo brevi, certo. Ma succederà“. E cita Nietzsche: “i grandi avvenimenti arrivano su zampe di tortora”
Quando ha incominciato ad interessarsi al delicato rapporto che si è sviluppato nei secoli fra l’Occidente e il Mondo musulmano, al fenomeno del terrorismo e jihadismo?
Dopo l’attentato alle Torri gemelle nel 2001. Per capire il presente bisogna studiare il passato, come scrisse Marc Bloch. Quindi ho incominciato a documentarmi, a studiare i testi di Bernard Lewis, lo studioso di storia islamica contemporanea. Ho cercato di capire di capire le radici di questo malessere. L’indifferenza culturale è pericolosa. Tutti siamo coinvolti. Tutti responsabili.
A proposito di responsabilità. l’Occidente ha le proprie, non crede?
Certo le ha. Ma se si studia la storia dell’Islam e la lunga strada da Bisanzio ai fatti di oggi è possibile segnare una serie di momenti e date che mettono in rilievo l’evoluzione del rapporto fra il l’Occidente e il Mondo Musulmano. E quindi anche a capire che non è l’Occidente la causa originaria. Per me il grande trauma, l’Islam lo ha vissuto con la sconfitta nell’assedio di Vienna. L’attacco al cuore della Cristianità da parte di 300mila guerrieri al comando del gran Visir Kara Mustafà. Il tema del film ‘Undici settembre 1683’.
Il pericolo è acutizzare l’islamofobia. La gente fatica a comprendere. Per molti musulmano equivale a terrorista…
Il cinema ha un valore maieutico. Ti costringe a riflettere. Ma un film ubbidisce a regole drammaturgiche impediscono di andare troppo a fondo… Non è un documentario. Il suo potere consiste nel lanciare segnali. Generare dibattiti. Un dialogo. Purtroppo troppi italiani preferiscono ignorare certi dì fenomeni. Rimuovere il problema. L’occidente sembra sicuro della immortalità della sua civiltà. C’è questa ‘presunzione di eternità’. E la storia presenterà prima il conto. Ignorare il presente significa poi farne i conti in futuro.
In che cosa ha sbagliato e sbaglia l’Occidente?
Ha perso le radici cristiane. Ha dimenticato i suoi valori, non li ha fatti più rispettare. Fra le 99mila parole di cui è composta la Costituzione europea non esiste ‘radice cristiana’.
Molti italiani si sono convertiti alla religione musulmana. Che cosa li attira secondo lei?
In senso di appartenenza, che appunto l’Occidente ha perduto. Questa osmosi di gruppo. Ma credo che fra L’Islam e il Cristianesimo possano esistere reciproco rispetto: sono entrambe religioni portatrici di valori. Non coesione però. Anche l’Islam ha ora priblemi, rischia di implodere, di non trovare una via per la democrazia. E il jihadismo non rappresenta certo un buon segnale.
«Il jihadismo è una realtà culturale, politica e militare in via di rafforzamento, e che non può essere ignorata, nemmeno sul piano teologico» Sono le parole di Padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita italiano che ha vissuto trent’anni in Siria in una intervista rilasciata ad ANSAMED. La galassia jihadista infatti «è un attore politico e militare il cui peso va tenuto in conto, visto che ha vinto in Iraq, sta vincendo in Afghanistan e rende impossibile una soluzione in Somalia». Impossibile ignorarla.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Il movimento jihadista (riproducibile citando la fonte)