Un Paese spezzato? La difficile strada del Dialogo Nazionale
Sono passati sei giorni dalla deposizione del Presidente Mohammad Morsi per opera dell’esercito. Dieci da quando, in Egitto, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza contro il Governo dei Fratelli Musulmani. Un giorno e mezzo dallo scontro davanti al Circolo Ufficiali della Guardia Repubblicana, dove si trova, in stato di fermo, il Presidente esautorato. “I militari hanno incominciato a sparare all’alba, poco prima della preghiera” mi scrive Faisal, che fa parte dei Giovani Fratelli Musulmani. “Sparare su civili disarmati costituisce forse una tappa del processo democratico?” aggiunge polemico. Secondo la versione dell’esercito si è trattato invece « dell’ attacco di un gruppo terroristico a un’installazione militare ». Alla fine, i morti sono stati 51 e 435 i feriti.
Tanti. E il fatto disorienta un po’ tutti. Per il partito salafita al-Nour è stato un «massacro di musulmani» e, in segno di protesta, decide di uscire dalla road map per la riconciliazione.
hiamo alcuni studenti universitari della Cairo University, conosciuti a marzo e aprile nella capitale egiziana, con cui sono rimasta in contatto. Mahmud, Abdel, Ahdaf, hanno partecipato alla rivoluzione del Gennaio 2011, non approvavano Morsi ma sono allibiti : “Non condividiamo la posizione dura dell’esercito”. “Siamo a punto e a capo”, scrive Mahmud. “ L’esercito non rappresenta la soluzione o il nuovo Egitto”. C’è chi teme che si ritorni al regime di Mubarak. E Ahdaf che nel gennaio 2011 era scesa in piazza Tahrir è dura “l’opposizione civile, quella che voi chiamate laica, ci ha lasciati soli, noi i ragazzi di Tahrir, già dopo la cacciata di Mubarak. Non sono scesa in piazza con il movimento Tamarrod (Ribellione) questa volta. L’Opposizione non ha ancora trovato coordinamento, unità, un progetto comune, un leader. E adesso flirta con l’esercito. Come crederci?”. – See more at: http://www.lindro.it/politica/2013-07-09/91263-voci-dal-cairo#sthash.itt3Y0hg.PCxGlXKD.dpuf
Chiamo alcuni studenti universitari della Cairo University, conosciuti a marzo e aprile nella capitale egiziana, con cui sono rimasta in contatto. Mahmud, Abdel, Ahdaf, hanno partecipato alla rivoluzione del Gennaio 2011, non approvavano Morsi ma sono allibiti : “Non condividiamo la posizione dura dell’esercito”. “Siamo a punto e a capo”, scrive Mahmud. “ L’esercito non rappresenta la soluzione o il nuovo Egitto” Continua la lettura su LindroVoci dal Cairo
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Sono passati sei giorni dalla deposizione del Presidente Mohammad Morsi per opera dell’esercito. Dieci da quando, in Egitto, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza contro il Governo dei Fratelli Musulmani. Un giorno e mezzo dallo scontro davanti al Circolo Ufficiali della Guardia Repubblicana, dove si trova, in stato di fermo, il Presidente esautorato. “I militari hanno incominciato a sparare all’alba, poco prima della preghiera” mi scrive Faisal, che fa parte dei Giovani Fratelli Musulmani. “Sparare su civili disarmati costituisce forse una tappa del processo democratico?” aggiunge polemico. Secondo la versione dell’esercito si è trattato invece « dell’ attacco di un gruppo terroristico a un’installazione militare ». Alla fine, i morti sono stati 51 e 435 i feriti.
Tanti. E il fatto disorienta un po’ tutti. Per il partito salafita al-Nour è stato un «massacro di musulmani» e, in segno di protesta, decide di uscire dalla road map per la riconciliazione.
Chiamo alcuni studenti universitari della Cairo University, conosciuti a marzo e aprile nella capitale egiziana, con cui sono rimasta in contatto. Mahmud, Abdel, Ahdaf, hanno partecipato alla rivoluzione del Gennaio 2011, non approvavano Morsi ma sono allibiti : “Non condividiamo la posizione dura dell’esercito”. “Siamo a punto e a capo”, scrive Mahmud. “ L’esercito non rappresenta la soluzione o il nuovo Egitto”. C’è chi teme che si ritorni al regime di Mubarak. E Ahdaf che nel gennaio 2011 era scesa in piazza Tahrir è dura “l’opposizione civile, quella che voi chiamate laica, ci ha lasciati soli, noi i ragazzi di Tahrir, già dopo la cacciata di Mubarak. Non sono scesa in piazza con il movimento Tamarrod (Ribellione) questa volta. L’Opposizione non ha ancora trovato coordinamento, unità, un progetto comune, un leader. E adesso flirta con l’esercito. Come crederci?”.
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