Nel Paese perdura lo Stato d’Emergenza e la capitale è ancora presidiata dall’esercitoLa situazione nel Sinai
«Mi sono chiesto fino a che a punto noi stessi, immersi come siamo nel fluire della corrente della storia siamo in grado di comprenderne l’intero corso. E fine a che punto possiamo farne una sintesi» scriveva il giornalista e scrittore polacco Ryszard Kapuściński. Comprendere certo è difficile quando la storia è in divenire ma nello stesso tempo è necessario, ogni tanto, fare una sintesi degli eventi, aggiornarli, soprattutto quando le luci dei riflettori si spostano continuamente da uno scenario all’altro, dimenticando quello precedente. L’Egitto si è conquistato l’attenzione dei media il 3 luglio quando è stato deposto il Presidente Mohammad Morsi (eletto nel giugno del 2012). E ancora durante la violenta dispersione, da parte dell’esercito, dei sit-in dei Fratelli Musulmani e dei manifestanti Pro-Morsi (il più sanguinoso quello di Rabaa con almeno 700 morti). E i primi arresti dei leader della Fratellanza Musulmana e del suo braccio politico, il partito Libertà e Giustizia. Ad agosto, Mohammad Badie, “guida spirituale” del movimento; poi Mohammed el-Beltagy e l’ex ministro del lavoro Khaled Al-Azhari.
Ma ora i riflettori sono puntati sulla “polveriera” Siria e tutti sembrano aver dimenticato l’Egitto. La situazione politica, lo stato del Paese, la repressione, come si vive.
Prima di tutto, l’ex Presidente Morsi (sostituito dal presidente ad interim Adli Mansur) non solo è ancora agli arresti ma sarà processato con l’accusa di “istigazione all’omicidio e alla violenza”. E secondo il quotidiano ‘Al Akhbar‘, lo scioglimento del movimento dei Fratelli musulmani, già annunciato, diventerà effettivo a giorni. La Confraternita sarà cancellata dall’elenco delle organizzazioni non governative e tornerà ad essere quindi illegale come ai tempi di Nasser. Sparirà dalla scena politica egiziana. Azioni mirate ad eliminare i Fratelli musulmani come possibili interlocutori politici e che confermano – se ce ne fosse bisogno – il controllo dell’Esercito per difendere i forti interessi e privilegi di cui gode.
La repressione continua e non solo contro vertici e membri dei Fratelli Musulmani ma anche contro attivisti che avevano partecipato alla rivolte del 2011 e che avevano portato alla caduta di Hosni Mubarak, membri dei Movimenti di Opposizione e giornalisti. Per esempio, «Nonostante le proteste degli attivisti, le richieste del Sindacato egiziano dei giornalisti e di Reporters without borders, Ahmed Abu Deraa, giornalista del quotidiano egiziano ‘El Masry el Youm’ ed inviato di ONTV sarà giudicato da una corte militare. Le accuse a suo carico sono: diffusione di false informazioni sull’esercito, contatti con terroristi, riprese video delle proprietà militari. Ahmed seguiva la zona del Nord Sinai, all’Arish ed il confine di Rafah. La sede del Gruppo 6 Aprile è stata perquisita ed il materiale confiscato in un blitz a sorpresa». E’ stata chiusa la sede egiziana di Al Jazeera che ha sempre denunciato la repressione e sono stati espulsi dal paese alcuni giornalisti stranieri.
La stabilità è lontana. Non solo al Cairo ma in tutto il Paese si svolgono manifestazioni pro-Morsi che continuano ad essere interrotte con violenza dall’esercito o dalla Polizia. Molti analisti concordano: la parte del Paese che si riconosce nei movimenti di ispirazione islamica non si sente rappresentata dalla Nuova Assemblea Costituente . La continua azione di repressione potrebbe portare una radicalizzazione, mutando la lotta politica in lotta armata. Un segnale in questo senso l’attentato, fallito, contro il ministro degli Interni Mohammed Ibrahim dello scorso 5 settembre.
In questi giorni fervono anche i lavori dell’Assemblea Costituente, formata da 50 persone nominate dal presidente ad interim Adli Mansur. Si è riunita la prima volta l’8 settembre scorso per riformulare la nuova Costituzione che sarà poi sottoposta all’approvazione degli egiziani con un referendum.
Una delle accuse che sono state mosse a Mohammad Morsi riguardava proprio la Costituzione che fece approvare nell’autunno del 2012. Era così “integralista”? Certo la sharia costituiva la fonte principale ma forse non tutti sanno che lo era anche nella costituzione precedente, quella del 1971 di Sadat, che è rimasta in vigore fino alla caduta di Mubarak .
La sicurezza sta peggiorando intanto nella penisola del Sinai. La mattina dell’11 settembre, presso Rafah, al confine tra la penisola del Sinai e Israele, si sono verificati due attentati kamikaze con autobombe e diretti contro i militari, che hanno provocato almeno 9 morti – di cui 7 sono soldati – e 17 feriti.
Il Sinai, secondo uno studio dell’Ispi (Il Sinai fuori controllo) (Istituto per gli studi di politica internazionale), è «la zona cuscinetto, terra di nessuno e quindi di tutti. Nella regione tribale abitata principalmente da beduini, periferica agli occhi delle autorità della capitale eppure centrale per i numerosi attori regionali (Striscia di Gaza, Israele), il pensiero salafita è riuscito a radicarsi, a prosperare e in alcuni casi a saldarsi con formazioni che inneggiano al jihad. Giunto in questa terra negli anni Ottanta – grazie alla testimonianza di studenti ritornati dalle università del Nilo, nonché di uomini d’affari sauditi – il salafismo ha modificato i tradizionali equilibri intra-tribali: esso è riuscito a capitalizzare la frustrazione dei giovani (….). Il Sinai può quindi agire da miccia rispetto a una serie di criticità presenti da tempo e diventare un trampolino nella lotta terrorista a Israele: è questo l’incubo di Tel Aviv»
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Cosa succede ora in Egitto? (riproducibile citando la fonte)
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