Siria: situazione in continuo mutamento

Certo il governo di Bashar al-Assad  si è impegnato a smantellare l’arsenale delle armi chimiche  entro la metà del 2014. Obama  e i suoi alleati non attaccheranno la Siria, spunta di nuovo all’orizzonte la conferenza di Pace di Ginevra 2. Forse per questo la Siria è di nuovo scomparsa dai media e dall’attenzione. E qualcuno potrà pensare che il Paese viva una fase di stallo. Ma non è così. Anzi.

Il nord della Siria, al confine con la Turcha. Al nord del paese ormai l’Esercito siriano libero (Esl)  combatte  sia contro le forze governative  sia contro i gruppi legati ad al-Qaida: “Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (Isis) e il “Fronte al Nusra”. E contro gruppi jihadisti. Spesso qualche brigata dell’Esl si unisce ai combattenti delle fazioni qaidiste per qualche operazione congiunta. Ma è chiaro che, sempre di più,  i gruppi sul campo contro Bashar sono in opposizione. Alcuni comandanti dell’Esercito Siriano Libero sono stati uccisi e al confine turco, nella città di Azaz, nel settembre scorso, è stata combattuta una vera e propria battaglia fra l’Isi  e una brigata dell’Esercito libero, la “Tempesta del nord”. Battaglia vinta dalla dallo “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”.

Gli abitanti, i civili che non vogliono sottomettersi all’estremismo ideologico dell’Isis e del Fronte al Nusra  hanno più volte denunciato gli abusi commessi dai combattenti islamici. Continuano ad arrivare testimonianze dal nord della Siria (ma possiamo ancora chiamarla Siria?) disperate, rassegnate. «Questi miliziani non sono venuti in Siria per combattere in nome della libertà. Combattono gli Assad ma vogliono formare uno stato islamico» scrive Joseph da Aleppo.  C’è chi ancora crede nella rivoluzione  senza dubbio. Ma anche chi è stanco di lottare. Molti civili si trovano di fatto schiacciati o dal regime o dalle formazioni jihadiste o da bande di criminali s’impongono con i sistemi del regime. Formazioni molto lontane dallo spirito della rivolte, prima pacifiche (da marzo a luglio del 2011); poi armate e che sono degenerate infine in una vera e propria guerra civile, che ha provocato ad oggi, almeno 100mila morti. Una guerra, come si  sa da tempo,  sostenuta dalle potenze straniere. Regionali e internazionali. Lo schieramento a favore degli Assad è composto da Libano, Iraq e Iran, Russia  e Cina. Quello pro-ribelli,  dai Paesi del Golfo (soprattutto Arabia Saudita e Qatar), la Giordania,  la Turchia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Sono fasi importanti che non vanno dimenticate per orientarsi in quel groviglio che è il conflitto siriano.

Ginevra due.  L’incontro patrocinato da Stati Uniti e Russia dovrebbe tenersi a novembre. Nonostante il sottosegretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry solleciti la riunione con lo scopo di risolvere in maniera politica il conflitto siriano, sembra che nessuno la voglia veramente.  Il nodo rimane sempre, lui, il Presidente Bashar al Assad. La leadership di Damasco infatti ha dichiarato che non accetterà nessun piano di transizione che escluda il presidente. Mentre l’Opposizione siriana costituita principalmente dalla Coalizione Nazionale siriana, nata a Doha nel novembre  novembre 2012 (di cui fa parte anche il Cns, Consiglio nazionale siriano) ha affermato più volte di non aver intenzione di prendere parte ad alcun governo di transizione che includa Bashar al Assad.

L’Opposizione politica che in due anni si è sciolta, divisa e riorganizzata più volte sotto diverse sigle e leader, continua a non offrire garanzie e appare sempre più disunita. Un punto a favore del regime senza dubbio.

Non c’è più unità politica né territoriale in Siria. Il quadro è in continuo mutamento. Soprattutto quello dei gruppi che combattono sul terreno. Si moltiplicano le divisioni, si creano e disfano alleanze per il controllo del territorio e per differenze ideologiche. Per il potere. Per le armi.  La guerra continua senza sosta. «Neppure Tamerlano nel 1401 – scrive ancora Joseph da Aleppo – ha portato tanta desolazione, sono sicuro».

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Siria: situazione in continuo mutamento (riproducibile citando la fonte)

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erto il governo di Bashar al-Assad  si è impegnato a smantellare l’arsenale delle armi chimiche  entro la metà del 2014. Obama  e i suoi alleati non attaccheranno la Siria, spunta di nuovo all’orizzonte la conferenza di Pace di Ginevra 2. Forse per questo la Siria è di nuovo scomparsa dai media e dall’attenzione. E qualcuno potrà pensare che il Paese viva una fase di stallo. Ma non è così. Anzi.

Il nord della Siria, al confine con la Turcha. Al nord del paese ormai l’Esercito siriano libero (Esl)  combatte  sia contro le forze governative  sia contro i gruppi legati ad al-Qaida: “Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (Isis) e il “Fronte al Nusra”. E contro gruppi jihadisti. Spesso qualche brigata dell’Esl si unisce ai combattenti delle fazioni qaidiste per qualche operazione congiunta. Ma è chiaro che, sempre di più,  i gruppi sul campo contro Bashar sono in opposizione. Alcuni comandanti dell’Esercito Siriano Libero sono stati uccisi e al confine turco, nella città di Azaz, nel settembre scorso, è stata combattuta una vera e propria battaglia fra l’Isi  e una brigata dell’Esercito libero, la “Tempesta del nord”. Battaglia vinta dalla dallo “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”.

Gli abitanti, i civili che non vogliono sottomettersi all’estremismo ideologico dell’Isis e del Fronte al Nusra  hanno più volte denunciato gli abusi commessi dai combattenti islamici. Continuano ad arrivare testimonianze dal nord della Siria (ma possiamo ancora chiamarla Siria?) disperate, rassegnate. «Questi miliziani non sono venuti in Siria per combattere in nome della libertà. Combattono gli Assad ma vogliono formare uno stato islamico» scrive Joseph da Aleppo.  C’è chi ancora crede nella rivoluzione  senza dubbio. Ma anche chi è stanco di lottare. Molti civili si trovano di fatto schiacciati o dal regime o dalle formazioni jihadiste o da bande di criminali s’impongono con i sistemi del regime. Formazioni molto lontane dallo spirito della rivolte, prima pacifiche (da marzo a luglio del 2011); poi armate e che sono degenerate infine in una vera e propria guerra civile, che ha provocato ad oggi, almeno 100mila morti. Una guerra, come si  sa da tempo,  sostenuta dalle potenze straniere. Regionali e internazionali. Lo schieramento a favore degli Assad è composto da Libano, Iraq e Iran, Russia  e Cina. Quello pro-ribelli,  dai Paesi del Golfo (soprattutto Arabia Saudita e Qatar), la Giordania,  la Turchia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Sono fasi importanti che non vanno dimenticate per orientarsi in quel groviglio che è il conflitto siriano

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erto il governo di Bashar al-Assad  si è impegnato a smantellare l’arsenale delle armi chimiche  entro la metà del 2014. Obama  e i suoi alleati non attaccheranno la Siria, spunta di nuovo all’orizzonte la conferenza di Pace di Ginevra 2. Forse per questo la Siria è di nuovo scomparsa dai media e dall’attenzione. E qualcuno potrà pensare che il Paese viva una fase di stallo. Ma non è così. Anzi.

Il nord della Siria, al confine con la Turcha. Al nord del paese ormai l’Esercito siriano libero (Esl)  combatte  sia contro le forze governative  sia contro i gruppi legati ad al-Qaida: “Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (Isis) e il “Fronte al Nusra”. E contro gruppi jihadisti. Spesso qualche brigata dell’Esl si unisce ai combattenti delle fazioni qaidiste per qualche operazione congiunta. Ma è chiaro che, sempre di più,  i gruppi sul campo contro Bashar sono in opposizione. Alcuni comandanti dell’Esercito Siriano Libero sono stati uccisi e al confine turco, nella città di Azaz, nel settembre scorso, è stata combattuta una vera e propria battaglia fra l’Isi  e una brigata dell’Esercito libero, la “Tempesta del nord”. Battaglia vinta dalla dallo “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”.

Gli abitanti, i civili che non vogliono sottomettersi all’estremismo ideologico dell’Isis e del Fronte al Nusra  hanno più volte denunciato gli abusi commessi dai combattenti islamici. Continuano ad arrivare testimonianze dal nord della Siria (ma possiamo ancora chiamarla Siria?) disperate, rassegnate. «Questi miliziani non sono venuti in Siria per combattere in nome della libertà. Combattono gli Assad ma vogliono formare uno stato islamico» scrive Joseph da Aleppo.  C’è chi ancora crede nella rivoluzione  senza dubbio. Ma anche chi è stanco di lottare. Molti civili si trovano di fatto schiacciati o dal regime o dalle formazioni jihadiste o da bande di criminali s’impongono con i sistemi del regime. Formazioni molto lontane dallo spirito della rivolte, prima pacifiche (da marzo a luglio del 2011); poi armate e che sono degenerate infine in una vera e propria guerra civile, che ha provocato ad oggi, almeno 100mila morti. Una guerra, come si  sa da tempo,  sostenuta dalle potenze straniere. Regionali e internazionali. Lo schieramento a favore degli Assad è composto da Libano, Iraq e Iran, Russia  e Cina. Quello pro-ribelli,  dai Paesi del Golfo (soprattutto Arabia Saudita e Qatar), la Giordania,  la Turchia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Sono fasi importanti che non vanno dimenticate per orientarsi in quel groviglio che è il conflitto siriano

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