Il Medio Oriente di Antonella Appiano – intervistata per Il Mattino di Parma

Il Medio Oriente di Antonella Appiano“, intervistata da Laura Bonelli per il Mattino di Parma.

Antonella Appiano ricorda un personaggio femminile dei romanzi d’avventura di fine ’800. Donne colte e fascinose che viaggiano in pericolosi luoghi esotici, col desiderio di conoscere culture lontane dall’impronta occidentale, per ampliare la mente e gli orizzonti del proprio essere.

il Medio Oriente di Antonella Appiano - il Mattino di Parma - 24 luglio 2014La Appiano è giornalista e muove i primi passi in testate importanti come Il Sole 24ore e La Stampa. E’ stata a lungo conduttrice televisiva, autrice ed inviata per Mediaset, per poi scoprire un amore incondizionato per quei paesi la cui cultura è stata culla dell’umanità, ma che da tempo immemore sono teatro di terribili scontri armati. Si specializza, come giornalista, e diviene, appunto, mediorientalista, visita la Siria, l’Iraq tenendosi lontana dai grandi hotel in cui i giornalisti leggono e trascrivono i comunicati stampa, per mischiarsi alla gente e raccontare le loro vicende. “Mi hanno sparato ovunque sia andata” rivela, con assoluta tranquillità, “a volte nemmeno accorgendomi che quei fischi che sentivo fossero pallottole”.

Raccoglie le storie dei popoli soggiornando negli alberghetti degli sfollati, incontrando persone davanti ai bordelli, per non dare dell’occhio. Torna spesso in quei luoghi, “con bagaglio leggero”, come titola il suo blog, in cui approfondisce i temi a lei cari, ricordando che un viaggiatore è tutt’altra cosa rispetto ad un turista; è un modo di vivere, per contrastare gli schemi mentali e sconfiggere le abitudini.

Cosa significa essere giornalista in luoghi di guerra?

“E’ senza dubbio un tipo di giornalismo che esige determinate predisposizioni fisiche e psicologiche, capacità operative. Non mi ritengo una giornalista di guerra tout court ma una reporter specializzata in Medio Oriente che si è ritrovata a lavorare in zone di guerra e di guerriglia. In ogni caso è una libera scelta. Significa amare il mestiere con passione; conoscere il Paese e la sua storia per poter assistere agli eventi e saperli decifrare attraverso strumenti interpretativi. Essere in grado di porre un giusto distacco fra le reazioni emotive e il lavoro perché, ovvio, si tocca da vicino il dolore, si vivono gli eventi drammatici delle vittime. Mantenere la propria umanità, l’empatia; non confondere il coraggio con l’incoscienza. E, soprattutto, significa non sentirsi protagonisti ma testimoni”.

Da mediorientalista quale sei, che pensiero hai sull’attuale situazione nella Striscia di Gaza?

“Difficile riassumere in poche righe un argomento così complesso. Anche perché quando un evento è all’apice della crisi e si vive nel ‘turbine degli eventi’ non è possibile fare analisi. Si è troppo coinvolti. Posso fare qualche osservazione. Prima di tutto non bisogna dimenticare che tutto lo scenario mediorientale è cambiato in questi ultimi tre anni (pensiamo per esempio alla Siria, all’Egitto, alla Libia e all’Iraq) quindi anche la situazione della Striscia di Gaza oggi è diversa dal passato. Stiamo assistendo a un vera propria disgregazione degli assetti del Grande Medio Oriente. E tutto questo si riflette anche sul conflitto fra Israele e il gruppo armato palestinese di Hamas. In secondo luogo, lo scontro fra Stato Ebraico e Hamas è in corso da tempo: precisamente dal 2005, l’anno del ritiro israeliano da Gaza – anche se non in maniera continuativa – fra raid, rappresaglie. Tutti scontri inutili che hanno solo provocato la morte di civili innocenti. Una strategia politica che non porta alcuna soluzione per le parti in causa”.

Tu ami stare in mezzo alla gente e conoscerne le storie. Secondo te culturalmente si intravede una via d’uscita alle guerre in Medioriente? C’è una spinta verso la pace da parte del popolo?

“Certo ho conosciuto molta gente. Ho raccolto molte storie. In tanti me lo chiedevano e me o chiedono ‘racconta la mia storia perché il mondo sappia, perché non si dimentichi di noi’.

Gran parte delle popolazioni dei Paesi coinvolti nelle cosiddette ‘primavere arabe’ e nelle ‘controrivoluzioni’ è stata travolta dalle guerre; sono vittime innocenti che ora vivono in povertà, soffrono la fame, le malattie. Sono costretti a lasciare le proprie case, a fuggire. Come sempre la Grande Storia ha il sopravvento sulla vita dei singoli. Vorrebbero la pace, vorrebbero stabilità e un futuro per i propri figli. Ma non sono loro a decidere.

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