Sono passati 6 anni da quel giorno. Era il 12 giugno 2009 quando, a Roma, ho conosciuto quattro scrittrici e paladine dei diritti delle donne yemenite. Rileggere le loro dichiarazioni, speranze, fa male oggi. Lo Yemen è in guerra. Ma è giusto rivedere il passato. La storia, non mi stancherò di dirlo (la grande e la piccola storia) è indispensabile, non va dimenticata. Serve ad analizzare il presente. A capire.
Qui una parte del mio articolo scritto per JOBtalk Globtalk: Mille e una donna le elezioni in Iran e scrittrici yemenite a Roma
Roma 12 giugno 2009. L’occasione per sapere com’è la situazione sul versante pari opportunità nel misterioso Yemen, si è presentata con l’arrivo in Italia di quattro paladine dei diritti al femminile. Nadia al Kawkabani, Hoda al- Hattas, Ibtesan Al- Mutawakkil, Nabila al-Zubay. sono venute a Roma a maggio per partecipare a un Convegno Internazionale organizzato dalla Facoltà di Studi Orientali-Università “La Sapienza” e dall’Ambasciata della Repubblica dello Yemen. Tema: “Il femminismo nel mondo arabo tra letteratura e attivismo”. L’appuntamento è all’Hotel Regina Margherita. Voglio incontrare Nadia al Kawkabane, Hoda al- Hattas, Ibtesan Al- Mutawakkil, Nabila al-Zubayr da sola. Un approccio informale Da “donna a donna”. Sono curiosa. Arrivano da un Paese ancora sconosciuto, citato solo per le bellezze artistiche. Sana’a dalle case color biscotto, la “Manhattan del deserto” con palazzi di fango e paglia alti otto metri. Gli incensi, la regina di Saba. Un passato travagliato. Un presente ancorato alle tradizioni e nello stesso tempo coinvolto nelle trasformazioni. Mi aspettano nel salottino. Nessuna indossa il khimàr (velo che copre il capo e il viso) e neppure l’hijab. Solo Nadia al Kawkabani sfoggia con civetteria un foulard colorato avvolto come un turbante. Sono belle, eleganti, disinvolte. E, come scoprirò durante la chiacchierata, artiste ma anche “militanti” sul fronte dei diritti femminili. Hanno figli, tre sono “felicemente” divorziate. Viaggiano da sole. Lavorano. E come noi faticano a conciliare i vari ruoli. Come noi sono pagate meno degli uomini. Come noi stanno cercando “pari opportunità” nelle stanze dei bottoni dell’economia e della politica.
Scambio “rituale” di biglietti da visita. Su quello di Nadia spicca “University Professor/Novelist” e l’indirizzo del web site http: //www.zafrah.net .“Per ora è solo in arabo” mi avverte “ma pre sto aggiungerò la versione in inglese”. Laurea in Architettura a Sana’a e Dottorato all’Università del Cairo su Globalizzazione e Architettura. E’ difficile per una architetto donna lavorare in Yemen? “Impegnativo ma possibile” Però hai scelto la carriera d’insegnante… “Più tempo per scrivere e il piacere di stare a contatto con la nuova generazione. Passare il testimone”. Ha pubblicato un romanzo “Niente altro che amore” – un regista canadese ne ha comprato i diritti per un film- e molti racconti. Alcuni si possono leggere ne “Le perle dello Yemen” (a cura di Maria Avino e Isabella Camera d’Afflitto edizioni Jouvence).
“E’ la prima traduzione di letteratura contemporanea yemenita in Italia” sottolinea Ibtesam al- Mutawakkakil con una sfumatura di rimprovero. Touchée. Da noi è stata ingiustamente trascurata per anni.
“Ho vinto la paura di essere confusa con i miei personaggi” continua Nadia “Scrivendo ti esponi. Sveli i tuoi sentimenti. I tuoi pensieri”.
Pensi di poter aiutare le sue connazionali? “Sì ho incominciato a scrivere per me stessa ma ora lo scopo è anche di spingere le altre ad osare”.
Battagliera, Nadia. Proprio come la prima (e unica per ora) Ministra yemenita Amat al Alim Alsoswa che, 4 anni fa, appena insediata al Ministero per i Diritti Umani, aveva trasmesso a tamburo battente, attraverso giornali, radio e tv, il messaggio
“Hai dei diritti prenditeli”. Per dovere di cronaca. Queste brillanti e affermate yemenite rappresentano solo una “élite”. In Yemen, infatti, appena il 30 per cento delle donne lavora. In testa, settore sanitario e insegnamento. Seguono impieghi nelle banche e uffici pubblici. Da poco è nata l’Unione delle Imprenditrici. In crescita? “Inshallah”.E la Fondazione Aden ha offerto prestiti a tasso agevolato per il finanziamento di piccole Imprese “rosa”. “Non basta. Bisogna promuovere la scolarizzazione, ridurre la soglia di povertà, impedire il matrimonio delle bambine”s’infiamma Hoda al- Attas, lunghi capelli sciolti, occhi profondi. ” Ma, a marzo il vostro Parlamento ha approvato una legge che fissa l’età minima del matrimonio a 17 anni… “Alcuni deputati si sono opposti” replica Hoda “. La religione non c’entra. E’ una delle tradizioni arcaiche che penalizzano la nostra dignità .” Hoda, che è scrittrice e giornalista- tiene una rubrica, “l’Occhio” sul settimanale “La nazione”- è un fiume in piena. Ma Ibtesam ci interrompe, proponendo di uscire. “Possiamo continuare la nostra chiacchierata in giro? Roma è una città “giamila giddan”, bellissima.
Nella fotografia: Nadia al-Kawkabane e Hodaal-Hattas