«Ma parli arabo? Non parlo mica arabo! Per me è arabo!». Chi non ha mai pronunciato queste parole almeno una volta nella vita?» scrive Michele Vallaro nel suo “Parliamo Arabo?- Profilo (dal vero) di uno spauracchio linguistico”. Un gustoso pamphlet che consiglio di leggere anche a chi non è interessato a imparare questa lingua.
Il problema principale che riguarda lo studio dell’arabo è, secondo me, la diglossia (compresenza di due lingue, di cui una viene usata in ambito formale e una in quello informale). L’arabo che viene studiato nelle università di tutto il mondo è il cosiddetto Arabo standard contemporaneo, lingua ufficiale dei 22 stati indipendenti della Lega Araba. E’ la lingua che viene insegnata anche nelle scuole arabe, dalle elementari alle superiori; la lingua in cui sono scritte le comunicazioni ufficiali, amministrative. I libri. Quella usata dai media. E viene anche detta arabo classico, anche se in realtà, rispetto alla lingua creata più di 15 secoli fa dai poeti dell’Arabia pre islamica e rispetto alla lingua del testo sacro del Corano, si è modernizzata, ha creato neologismi, è in continua evoluzione con l’introduzione di nuovi vocaboli.
Però chi vive in un Paese arabo sa bene che l‘arabo standard (a parte le situazioni citate, quelle formali) nella vita di tutti i giorni, è sostituito da una forma diversa di arabo, che varia da un Paese all’altro. Il cosiddetto Colloquiale o Dialetto, piuttosto diverso dallo standard. Ricordo ancora, quando andai la prima volta in Siria (e conoscevo solo lo standard), la sensazione disagio e la frustrazione nel non capire quasi nulla! Avevo studiato per esempio “Min aina anti?” (qui traslitterato in lettera latine), che significa: “Da dove vieni”? E invece mi sentivo chiedere “Min wein“? O altro (perché ci sono anche le varianti regionali) e rimanevo interdetta. Bloccata. Quindi che fare?
Non c’è scampo, per poter veramente comunicare, bisogna affiancare allo studio dello standard quello di un dialetto (almeno uno). Una consolazione: conoscendo lo standard, il dialetto s’ impara facilmente, con la pratica e la costanza, o meglio, vivendo in un Paese arabo per qualche tempo. Ero abbastanza soddisfatta di essermi impadronita un poco del siro-palestinese (che vien compreso anche in Libano, Giordania) quando mi sono spostata in Oman. Nel Golfo.
Ancora una volta devo ricominciare da capo: qui non si dice “Biddi” (vorrei) ma “Ariid)…e via dicendo. Ma, potete giurarci, non “mollo”. Il rischio è di parlare uno arabo-misto (standard+ dialetti vari) molto personalizzato. Una specie si spanglish, ma gli omaniti sono molto gentili, spesso stupefatti quando sentono un europeo che parla (o cerca di parlare) la loro lingua, e fanno di tutto per venirmi incontro…
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