Oman
Festa nazionale in Oman
Masqat, Oman – I preparativi fervono da giorni. Ovunque in vendita gadget, bandiere. Nelle vetrine dei sarti per signore sono esposti abiti nei colori nazionali. Le auto, drappeggiate con immagini del Sultano Qaboos bin Said al Said, al potere dal 1970. Oggi, 18 novembre -il giorno del compleanno del Sultano – si celebra in tutto il Paese, la 44esima Festa Nazionale.
L’ Oman e la Siria
Masqat– Il caffè all’interno del Royal Opera Hause è lussuoso. Mr Ashraf, lo chiamerò così, ha accettato di nuovo d’ incontrarmi. Anche se non è più servizio da qualche mese richiede l’anonimato. E’ rilassato. Disdasha bianca impeccabile e il capo avvolto dal mussar, il turbante omanita, sorseggia lentamente un thé allo zenzero. “Non abbiamo mai inviato armi in Siria. Non siamo fra i Paesi satelliti dell’Arabia Saudita per quanto riguarda il conflitto siriano. Anche se siamo in ottimi rapporti con la Casa Saud. Ma lo siamo anche con Teheran e gli Stati Uniti. Nel momento in cui i Paesi del Golfo e l’Iran hanno incominciato a partecipare attivamente alla guerra in Siria, l’Oman ha deciso d’imboccare il cammino del non-intervento”.
Una scelta vincente. Da quando il Sultano Qaboos bin Al -Sa’id, è al potere, d’altra parte, l’Oman è riuscito a mettere in pratica con successo la formula proclamata dal ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu, al suo ingresso nel governo Erdogan, “zero problemi con i vicini”. Una politica estera abile, raffinata e pragmatica quella del Sultano che ha sempre tenuto presente gli interessi del Paese all’interno delle complesse dinamiche regionali. Un Paese che fa parte del Ccg, il Consiglio di Cooperazione del Golfo (e cioè Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait) ma che si muove, quando lo ritiene necessario, in maniera indipendente. Durante il vertice del dicembre 2013 a Kuwaiu City, per esempio, il ministro degli esteri del sultanato Yusuf bin Alawi, ha rifiutato in maniera assoluta, la proposta saudita di una unione politica e militare dei Paesi arabi del Golfo del Ccg, tanto desiderata dai Saud.
“Il nostro è un Paese discreto” – sorride Mr. Ashraf – “è conosciuto per il turismo, molti dimenticano la sua importanza geopolitica per gli equilibri della Regione”. E in effetti basterebbe guardare una carta geografica per capirlo. “Perché l’Oman è nella Penisola arabica, ma è, nello stesso tempo, il punto di accesso per Oceano Indiano, l’Asia meridionale e l’Africa Orientale e si trova incastrato fra l’Iran sciita e l’Arabia saudita e le monarchie sunnite“.
Buoni rapporti con l’Iran, dunque, perché l’Oman ha bisogno del favore di Teheran per raggiungere le rotte commerciali dell’Asia Centrale (attraverso lo stretto di Hormuz). Ma in Medio Oriente tutto è fluido e può cambiare, così buoni rapporti a parte, in misura ‘preventiva’, l’Oman sta investendo nella costruzione del porto di al-Duqm, sul mare arabico: il più profondo bacino di ancoraggio del Medio Oriente per ormeggiare le superpetroliere e perfetto punto di partenza per rotte orientali.
L’Oman e l’Iran condividono, inoltre, lo sfruttamento dei giacimenti di gas al largo della Penisola di Musandam (zona omanita) e quelli sull’isola di Kish (zona iraniana. Collaborano a favore della sicurezza marittima, contro la pirateria, ancora nello stretto Hormuz. E sono legati da un patto di difesa, che prevede esercitazioni militari congiunte, firmato, quattro anni fa nel 2010. “Esiste ancora un senso di gratitudine per l’Iran (anche se allora era ancora al potere lo Shah Reza Pahlavi) per l’appoggio militare a favore del Sultano contro la rivolta della regione del Dhofar (fra il 194 e il 1975)“.
Torniamo alla Siria e al non-schieramento. “Anche se sappiamo che non possiamo pensare al conflitto siriano in termini religiosi (sunniti contro sciiti) è pur vero che il nostro Paese è a maggioranza ibadita. Circa il 75% degli omaniti sono musulmani ibaditi, quindi né sunniti né sciiti. Un fattore che ci ha facilitato. Per quanto riguarda le relazioni con gli Stati Uniti, un elemento che ci unisce, è la lotta allo jihadismo e ai gruppi legati ad al-Qaida. Temiamo al-Qaida perché molte cellule affiliate sono attive nel sud dello Yemen, al confine con la regione del Dhofar“.
E infatti, viaggiando verso il confine, s’incontrano numerosi posti di blocco e l’Oman sta progettando la costruzione di una barriera di sicurezza lungo il confine ovest, non solo per l’allarme al Qaida ma anche per combattere il contrabbando delle armi. Ancora riguardo al rapporto Oman Stati Uniti: nel 1980 dopo la rivoluzione islamica a Teheran, firmarono un patto di difesa, ancora operativo (la Casa Bianca può utilizzare le basi aeree di Masqat, di Thamarit nel Dhofar e dell’ isola di Masirah). Ma non aspettatevi di vedere militari statunitensi in giro. Sono ‘nascosti’ nell’isola di Masirah, al largo delle coste. E quando sbarcano, vestono in borghese.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro l’Oman e la Siria (riproducibile citando la fonte)
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Nel Dhofar…
Dhofar, governato a sud del Sultanato dell’Oman, confinante con lo Yemen. Non solo incenso, natura e passato. A Salalah, capitale amministrativa e seconda città dell’Oman, nacque il 18 novembre 1940, l’attuale sultano Qaboos bin Said al Said, destinato a cambiare completamente il Paese. Il 23 luglio 1970 depose il padre con un “golpe bianco” e iniziò la modernizzazione dell’Oman. Il 23 luglio è festeggiato come il giorno della Rinascita. Gli effetti positivi della politica interna ed estera del sultano sono evidenti. Ma c’è un problema. Al Qaboos ha 74 anni e nessun erede diretto alla successione. Molti si domandano se – il fututo sultano – sarà così abile nel gestire i rapporti regionali e l’equilibrio fra tradizione e modernizzazione.
Oman, il Medioriente che non conosciamo – Il Paese stabile in un periodo di cambiamenti
Valorizzato solo per le bellezze naturali e il passato storico-cardine del commercio fra Medio Oriente, Africa Orientale e Oceano indiano, questo Paese del Golfo, dovrebbe rappresentare invece un ‘caso di studio’ in questo periodo di fermenti, cambiamenti e di Primavere arabe. La sua leadership infatti si è dimostrata più abile di tante altre nel captare le richieste che arrivano dalla società. E nel cercare di soddisfarle.
“Il sultano Qaboos bin Sa’id, è un uomo intelligente, acuto direi, in grado di fronteggiare le sfide interne ed esterne” racconta Mark, un professore inglese che vive in Oman da cinque anni e insegna all’Università di Nizwa. E aggiunge sorridendo: “Forse per questo i Media non ne parlano. Certo, qui sono ancora necessari alcuni aggiustamenti ,soprattutto istituzionali, ma è innegabile l’impegno continuo di Qaboos nel trasformare l’Oman con equilibrio e saggezza. E la sua abilità nel rafforzare l’idea di Identità Nazionale: operazione per niente semplice in un Paese frammentato dal punto di vista tribale e confessionale”.
Il governo del Sultano Qaboos è autocratico, il che non è certo una novità nella Penisola Arabica, ma il monarca , dal 1970 (anno in cui è salito a trono) ad oggi, ha saputo giostrare il delicato equilibrio di partecipazione tribale alla gestione del potere. Le tribù hanno infatti autonomia amministrativa locale (subordinata al governatore nominato dal Sultano). E come scrive Marcella Emiliani nel libro ‘Medio Oriente‘, “Qaboos ha saputo mantenere anche l’oligarchia mercantile ai vertici, nominando ministri fra le personalità di queste famiglie e condividendo con loro la gestione del Paese”.
Il Parlamento, bicamerale, è composto dal Majlis al- Dawla (48 membri nominati dal Sultano con potere consultivo) e dal Majlis al-Shura) i cui 83 membri sono invece eletti e hanno anche facoltà ‘propositiva’. Nel 2003 si sono tenute nel Paese le prime elezioni a suffragio universale. Prima poteva votare solo chi era scelto dal governo, dai capi tribali, dagli uomini di affari. “E il 22 dicembre del 2012 nelle 11 Province del Sultanato, si sono svolte le prime elezioni municipali nella storia del Paese”, racconta Mary, insegnante di inglese, a Masqat – L’apertura politica può sembrare relativa a noi occidentali, ma a mio parere dimostra che il Sultano ha saputo iniziare e continuare un percorso interessante di auto riforme, rispondendo alle richieste della società. Che ha capito il suo desiderio di partecipazione alla vita pubblica. E soprattutto, qui nessuno dimentica che prima di Qaboos, l’Oman era un Paese poverissimo, governato da un Sultano (il padre di Qaboos) che aveva chiuso ogni possibile apertura del Paese con l’esterno, vietando addirittura l’importazione di medicinali”.
“Sono qui da una decina di anni – racconta Luciana Crosazzo Aisha, viaggiatrice, profonda conoscitrice di queste zone e del misterioso ‘Quarto vuoto’ il grande deserto e oggi guida turistica – Ho visto con emozione alzarsi i pali della luce, fra le montagne, la costruzione delle strade. Gli elicotteri che, portavano i bambini che vivevano in zone remote, a scuola nei villaggi vicini. Adesso il sistema scolastico è sviluppato così come quello sanitario, capillare e gratuito. Dal 2011 le donne rappresentano circa il 25% nel mercato del lavoro. Sono impiegate nel settore pubblico e privato, molte lavorano in banca, negli ospedali soprattutto come infermiere. Ma ci sono molte omanite fra avvocati e giudici. In più, nelle università, la presenza femminile aumenta di anno in anno. Una cosa che cerco sempre di spiegare a chi viene anche solo come turista è che ho sempre sentito il sultano vicino alla sua gente. Un atteggiamento paternalistico? E se anche fosse? Non è comunque un atteggiamento di facciata. Qaboos è ricco certo, però a differenza di tanti re e presidenti, ha reinvestito nel Paese una parte consistente dei proventi del petrolio, dei giacimenti di gas. E’ attento ai problemi della disoccupazione e ai diritti degli immigrati del sud-est asiatico. Un uomo amato e rispettato”. Può dirmi qualcosa delle manifestazioni? “ Ero in Oman durante le brevi rivolte del marzo 2011, a Sohar. Le rivendicazioni socio economiche ci sono state, ma nessuno ha mai chiesto la caduta di Qaboos. Anzi molti manifestanti scandivano slogan di fedeltà. Piuttosto, ad essere contestata, è stata una parte della cerchia al potere, intorno al Sultano. Che per forza ha dovuto delegare l’amministrazione della cosa pubblica. E il sotto-potere spesso è corrotto, si lascia trascinare in finalità “poco pubbliche e troppo private”, servendosi in un certo senso della personalità carismatica di Qaboos”.
Ci sono stati anche rumors nel Paese, di ‘fomentazioni interne’, gente appartenente alla casa reale o a importanti tribù ma non esistono prove. Dopo le proteste il Sultano ha aumentato il salario minimo dei lavoratori privati del 40% e introdotto un sussidio mensile di disoccupazione; ha esautorato il governatore della provincia di Sohar. Nel febbraio 2012 è intervenuto con un rimpasto di governo, costringendo alla dimissioni il Ministro dell’Informazione (contestato durante le proteste). A marzo dello stesso anno, Qaboos è intervenuto anche con la ‘ristrutturazione’ del Consiglio Supremo di Giustizia, l’organismo giudiziario omanita, dichiarando di volerlo rendere indipendente dal potere esecutivo. “Senza dubbio ha compiuto molti emendamenti alle legge sul lavoro: controlli sui salari, orari di lavoro, impiego femminile – aggiunge Luciana Crosazzo – Ha ripreso poi a compiere i frequenti viaggi in tutto il Paese – Sorride – una specie di consultazione itinerante che lo porta a contatto con la gente e con i rappresentati dei clan locali”.
Con successo a quanto pare. Durante l’anniversario dell’inizio delle proteste (26 febbraio 2012) non ci sono stati episodi di contestazione. Che il Sultano proceda con provvedimenti d’impatto, ‘non cosmetici’, soprattutto nel settore del lavoro e di tutela, è vero. Anche se rimane un grande interrogativo. Il successore di Qaboos saprà procedere sulla stessa via? Saprà mantenere la spinta riformatrice.? Gli omaniti sono solo 3 milioni ma circa il 48% è sotto i 20 anni. Giovani che stanno comunque formando una coscienza civica. Che si stanno aprendo al mondo. Il sultano ha 72 anni, non è sposato e non ha figli. Non ha designato un ‘erede’, lasciando alla Famiglia reale tre giorni di tempo per decidere. Tre giorni, per evitare sfilacciature e cospirazioni. Allo scadere dei quali, se non sarà raggiunto un accordo, verrà aperta una busta sigillata e custodita a Londra, con il nome scelto da Qaboos.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Oman: il medioriente che non conosciamo, (riproducibile citando la fonte)
Oman: reportage dalla capitale Masqat. Petrolio, rispetto delle tradizioni e riforme.
“I palazzi non possono superare i sette piani dialtezza, così è stato necessario un decreto regio per autorizzare la costruzione della torre di controllo del nuovo aeroporto internazionale di Masqat”, racconta Ugo Falciola, addetto commerciale dell’Ambasciata italiana di Masqat, capitale dell’Oman.
Infatti, nel Paese del Golfo più sconosciuto e dimenticato dai media internazionali, il Sultano Qaboos bin Said ha cercato di mantenere la cultura, l’identità nazionale, lo stile architettonico. Nessun grattacielo in vetro e metallo. L’urbanistica deve essere conforme alla tradizione araba anche nei colori e nei materiali. Un equilibrio fra modernizzazione e tradizione non certo facile. Quando il Sultano è salito al potere nel 1970, dopo aver detronizzato il padre con un golpe bianco, l’Oman era un Paese poverissimo, privo di scuole, ospedali, strade. “C’erano solo una decina di chilometri di strada asfaltata e una scuola elementare coranica”, precisa Ugo Falciola”.
Nel 1967 intanto era stato scoperto il petrolio e grazie alla nuova ricchezza, Qaboos ha iniziato a trasformare il Paese. Un sistema sanitario e scolastico quasi gratuito, sviluppo della rete stradale, potenziamento dei porti.“Il programma del Sultano prevede un massiccio incremento delle infrastrutture e diversificazione dell’economia, con obiettivi da raggiungere in piani quinquennali. Le leggi commerciali agevolano gli investimenti stranieri. L’Oman sta cercando investitori esteri, soprattutto nel campo della tecnologia, dei trasporti, del sistema elettrico, dei sistemi idrici. Progetti importanti che possono però interessare anche imprese di dimensioni medie. Alcune aziende italiane lavorano qui con successo e c’è ancora spazio. Una nota positiva: la trasparenza nelle gare di appalto”. L’Oman infatti si colloca al 28esimo posto della graduatoria ‘Transaparency International’. E nel Paese sono state create anche Free Zones, con agevolazioni finanziarie per gli investitori e sgravi doganali e fiscali.
Qualche dato. L’economia in Oman è di reddito medio e dipendente dalle risorse di petrolio (il 40% del Pil circa) e di gas, in diminuzione. Per questo la politica economica in atto punta sulla diversificazione. Sviluppo della filiera ittica con strutture per la conservazione e la lavorazione del pesce. Sviluppo dei porti che hanno una grande importanza dal punto di vista geografico, dato che si trovano negli Stretti in una posizione sicura. “Il porto di Masqat sarà riservato solo alle navi da turismo mentre è previsto un ampliamento del porto di Salalah, al sud. Al Duqm, diventerà invece il porto con il più profondo bacino di ancoraggio del Medio Oriente per ormeggiare le superpetroliere”, spiega ancora Falciola.
Altro punto di forza dell’Oman è il turismo. Certamente in espansione. Secondo i dati del Ministero del Turismo del Sultanato, nel 2011 è stato registrato un incremento del 77%. Non si fatica a crederlo data le bellezze naturali, archeologiche e storiche dell’Oman. Catene montuose, deserto, spiagge incontaminate. Ma si stanno anche costruendo musei e promuovendo eventi culturali. “L’Oman – aggiunge Falciola – per ora è l’unico Paese del Golfo ad avere un grande Teatro dell’Opera”.
Nel Sultanato, circa il 48% della popolazione ha meno di 20 anni. E senza dubbio la crisi globale ha creato problemi. Infatti il tasso di disoccupazione è circa del 14%. “Per combatterlo, nel paese è in atto un processo di ‘omanizzazione’ che favorisce gli omaniti. Le imprese per esempio sono obbligate ad assumere un numero minimo di lavoratori autoctoni; i taxisti devono essere omaniti”.
Un operaio non specializzato guadagna circa 250 OR al mese (500 euro); un impiegato 400 OR (800 euro). La manovalanza proveniente dal sud est asiatico riceve la metà della paga di un omanita. Ma non viene ‘schiavizzato’ come in altri Paesi del Golfo, conserva il proprio passaporto, e ogni due anni ha diritto a un viaggio pagato nel Paese di origine.
Tutto idilliaco in questo Paese delle Penisola arabica? Nessun eco delle Primavere arabe? “Ci sono state alcune manifestazioni anche qui – risponde Ugo Falciola – nel marzo del 2011, a Sohar: proteste socio-economiche che però si sono spente in breve tempo. Anche se ci sono stati purtroppo due morti. E la piazza omanita non ha mai chiesto la caduta della Monarchia”.
Pare insomma che il Sultano abbia davvero avviato un processo di riforma non solo di facciata e nello stesso tempo accettabile per la famiglia reale e i capi tribali al potere. Speriamo. L’Oman è un Paese stabile e la sua stabilità oggi appare ancora più importante per la sua posizione geografica, stretto fra uno Yemen nel caos e un Iran che rappresenta un rebus.
Antonella Appiano in Esclusiva per L’Indro Oman il Sultanato idilliaco (riproducibile citando la fonte)