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Arabia Saudita, la successione del Principe Salman
Quanto conterà negli equilibri regionali e mondiali, chi salirà al trono del Regno Saudita, dopo la morte dell’ottantanovenne re ‘Abd Allāh bin Abd al-Azīz Āl Saūd (conosciuto più semplicemente come re Abdullah)? La notizia della scomparsa del monarca, riportata dal quotidiano ‘Al-Sharq Al-Awsat’ basato a Londra, appare ormai certa, anche se i principali media arabi e le fonti ufficiali, non l’hanno ancora confermata.
Conterà molto poco, dato che il principe ereditario è un “giovincello” di 78 anni, Salman bin-Abdulaziz al-Saud, nominato il 18 giugno 2012, che appartiene alla vecchia guardia dei fratelli del re. Anche se si accendessero lotte intestine riguardo la successione, non potrebbero esserci sorprese. A contendersi il trono, già designato, ci sono infatti ancora molti dei 53 figli del primo re e fondatore della “Nazione Arabia Saudita” nel 1932, Abdulaziz Ibn Saud. Tutti, ovvio, in età avanzata . Anche Abdullah era figlio diretto di Ibn Saud. La successione nel Regno passa da fratello a fratello. Una famiglia allargata, divisa in clan di appartenenza, a seconda della madre. Ma si tratta comunque di rappresentanti conservatori. Nessun giovane rivoluzionario a Corte. Nessun mutamento significativo all’orizzonte.
Nonostante re Abdullah sia stato indicato come un “riformatore” (piccoli segnali di fumo a favore delle donne come, per esempio, la concessione al diritto di voto e quello di candidarsi alle prossime elezioni municipali nel 2015) non si può certo affermare che la monarchia Saudita, esponente di punta della corrente ultraconservatrice dell’Islam wahabita, (un movimento che si fonda sulla purezza e sulle origini dell’Islam) sia un Paese aperto ai cambiamenti. O a processi democratici.
Se i popoli tunisino, egiziano e siriano, è sceso in piazza chiedendo libertà e democrazia, è davvero ridicolo che l’Arabia Saudita, politicamente – e anche attraverso la sua emittente televisiva Al Arabya – si sia proclamata paladina degli oppositori e della democrazia, dato che non possiede neppure una Costituzione scritta. Con nessun esponente della famiglia reale al trono, non potrà arrogarsi mai, se non ipocritamente, questo ruolo. Né rappresentare un modello di libertà. Il Regno è strutturato secondo una rigida gerarchia. La ricchezza derivata dal petrolio e il potere della famiglia reale (che guida la regione fin dal diciottesimo secolo e occupa tutte le posizione chiave) hanno mantenuto il Paese stabile, nonostante l’Arabia Saudita sia agli ultimi posti al mondo nella graduatoria dei diritti umani, della condizione della donne, e del trattamento lavorativo e sociale per i lavoratori-immigrati.
Sotto il regno di Abdullah il Paese è stato sfiorato, nel marzo del 2011, dalle brezze della “primavera araba”. La provincia orientale del paese, dove vive la minoranza sciita ( tra il 6 e il 12 per cento popolazione totale del Regno) è stata “contagiata” dalle proteste del vicino Bahrein. E si è registrato un innegabile senso di frustrazione della popolazione del ceto medio, che chiede servizi sociali migliori, più attenzione per l’ambiente e il lavoro. E, come in tutti i Paesi arabi, meno corruzione nella pubblica amministrazione. Importante ricordare che, in Arabia Saudita, dove l’economia è sempre dominata dal settore petrolifero, stanno nascendo problemi economici e sociali. Come la disoccupazione giovanile ( nel Paese il 30% cento circa dei nativi ha meno di quindici anni,) il crescente degrado ambientale, e la poca attenzione riservata all’istruzione.
Le proteste hanno provocato imponenti arresti di attivisti e oppositori ( che sul territorio saudita non sono osannati come quelli degli altri Paesi arabi). L’approvazione di un piano per ridurre la disoccupazione di circa 36 milioni di dollari e qualche tiepida riforma economica.
Il Regno Saudita, cuore spirituale dell’Islam, è un paese chiave della scacchiera geopolitica della regione, per il petrolio, per l’alleanza con gli Stati Uniti e per il contrasto con l’Iran, la seconda superpotenza regionale. Salman seguirà certo la linea di Abdullah. Che si dimostrato abile nel mantenere le alleanze con Paesi musulmani a maggioranza sunnita e con l’Occidente. E’ morto il re, viva il re.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Arabia Saudita, la successione del Principe Salman (riproducibile citano la fonte)
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