Abdel Basset Sieda
Siria: Opposizione Unita Cercasi
A Doha l’Opposizione siriana cerca “un centro di gravità permanente” con l’aiuto degli Stati Uniti. Le pressioni del segretario di Stato Hilary Clinton e il piano di Riad Seif.
Dopo Burthan Ghaliun e il curdo Abdel Basset Sieda (rispettivamente ex presidente e presidente del Consiglio Nazionale Siriano, Cns) ora sulla scena dell’Opposizione, a proporsi come leader, appare l’industriale ed ex parlamentare Riad Seif. Il suo piano: creare una squadra di 50 rappresentanti, scelti fra i comandanti militari dell’Esercito libero e i capi delle zone in mano ai ribelli, in Siria, e fra i membri del Cns, che risiedono all’estero. Gli Stati Uniti, che appoggiano Riad Seif, premono perché durante i lavori venga eletto una specie di direttivo, in cui i militari – che stanno operando sul campo – siano in numero maggiore rispetto agli esiliati del Cns.
Circa 400 rappresentanti della dissidenza provenienti da vari gruppi, dalla Siria e dall’estero, si sono riuniti per raggiungere un obiettivo indispensabile: una formazione unita con la quale la Comunità Internazionale possa rivolgersi. Impresa difficile: alla mega conferenza di Doha, capitale del Qatar (si è aperta il 4 novembre e dovrebbe svolgersi in 5 giorni) ci sono troppe fazioni portatrici di programmi diversi e differenze ideologiche. E due gruppi importanti , il Corpo nazionale di coordinamento e il Fronte democratico nazionale, non si sono neppure presentati all’ appello.
Il CNS (Consiglio Nazionale Siriano), fino ad ora ha rappresentato la piattaforma principale dell’Opposizione ed è formata soprattutto da esiliati: intellettuali, accademici e membri della Fratellanza musulmana. Ma il Cns non ha saputo dare, fino a ora, prove di stabilità ed efficienza. Il Segretario di Stato Hillary Clinton ha addirittura dichiarato (‘Reuters‘ 31 ottobre 2012) che il Consiglio Nazionale siriano, basato all’estero, “non può arrogarsi il titolo di leader dell’opposizione, ma solo far parte di un fronte di opposizione più largo che includa gente che vive in Siria e altri che abbiano la necessaria legittimità per farsi ascoltare” .
Per questo il programma di Riad Seif prevede di mettere il Cns in secondo piano, creando appunto una leadership in cui i suoi membri sarebbero in minoranza rispetto ai militari dell’Esercito Siriano Libero, il principale ma non l’unico gruppo armato che combatte sul terreno contro l’esercito regolare del regime. Il Cns è disposto a mettersi in disparte? Non sembra. Già durante il primo giorno del convegno, ha criticato gli Stati Uniti per l’ingerenza e il suo presidente, Abdel Basset Sieda, ha dichiarato (fonte ‘Associated Press’) che “pur non avendo respinto in pieno la proposta di Seif, ritiene che il Cns meriti una rappresentanza più significativa, controllando almeno il 40% di qualsiasi organismo decisionale formato”.
A quanto pare, abbandonare la poltrona del comando è dura. Ma un fatto è certo. Alla fine dei lavori, che si chiuderanno giovedì, senza un accordo sulla leadership dell’Opposizione, saremo al punto di partenza. Anzi un passo indietro visto il precedente fallimento della riunione di luglio, al Cairo, in cui non è stato raggiunto un accordo per formare un fronte di opposizione coeso. E al prossimo Meeting degli Amici della Siria, in Marocco, la Comunità Internazionale si troverebbe di nuovo senza una rappresentanza unita e significativa dei siriani. Rendendo il meeting inutile.
Intanto in Siria si continua a combattere. Lunedì, un attentatore suicida si è fatto esplodere nei pressi di un check-point dell’Esercito nella provincia di Hama causando una cinquantina di vittime. Mentre il 3 novembre, tre carri armati siriani sono entrati nel villaggio di Beer Ajam, nel Golan e si sono verificati scontri fra curdi e forze ribelli. Il rischio di una balcanizzazione della zona, così come di un allargamento del conflitto nei Paesi confinanti (soprattutto il Libano e l’Iraq) sono pericoli reali che rischiano di accendere altri fuochi.
di Antonella Appiano, in esclusiva per L’Indro Siria: opposizione unita cercasi, riproducibile citando la fonte.
Che cosa vogliono i curdi siriani?
CHE COSA VOGLIONO I CURDI SIRIANI?
Sventolano la bandiera del Kurdistan nelle manifestazioni di protesta, rivendicando la propria identità. Ma, nello stesso tempo, i curdi siriani prendono le distanze dagli oppositori sostenuti dalla Turchia. Secondo l’’Associated Press’, a partire da agostol`esercito siriano ha abbandonato le postazioni nel nord-est del Paese, lasciandone il controllo ai curdi. Una minoranza stimata circa due milioni di persone (secondoL’Institut Kurde de Paris sono 1.600 mila) che potrebbe rivelarsi una pedina importante sulla scacchiera della siriana. E non solo.
“La totale assenza di scontri armati con le forze dell’esercito siriano, più che a una conquista del territorio da parte delle milizie curde, fa pensare piuttosto ad un accordo fra le parti” afferma Stefano Torelli, Ricercatore presso l’Università di Roma dove si occupa della ’questione curda’. Sempre secondo l’’AP’, i militari che hanno lasciato città e villaggi alla frontiera con la Turchia – come Qamishli, Dirbasiyeh, al-Malkia – per rafforzare la posizione ad Aleppo e Damasco, sono stati sostituiti da curdi del PYD ( Partito dell’Unione Democratica ). “La presenza al confine turco del PYD – la più importante fazione armata e strutturata curdasiriana, affiliata al PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) da sempre fonte di preoccupazione di Ankara – rappresenta senza dubbio un segnale preciso di avvertimento alla Turchia, da parte del regime”, aggiunge Stefano Torelli. “Un forte deterrente”.