Abu Mazen

Palestina, vittorie e sconfitte

Ancora una volta, i palestinesi sono stati puniti perché hanno cercato di ottenere giustizia” è il commento amaro del dottor Josef Salman, responsabile per l’Italia della Mezza Luna Rossa Palestinese. Il Congresso degli Stati Uniti sta infatti per bloccare i 200 milioni di dollari destinati all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), che il 23 settembre  tramite il suo Presidente, Abu Mazen, aveva inoltrato la richiesta di riconoscimento alle Nazioni Unite nonostante la disapprovazione americana. “Sbagliamo sempre a quanto pare. Adesso perché abbiamo osato fare un passo verso l’indipendenza e cinque anni fa perché abbiamo votato – attraverso libere elezioni giudicate trasparenti da tutti gli osservatori internazionali – il partito di Hamas che non era gradito agli Usa , a Israele alla Ue”. Anche nel 2006, infatti, dopo la vittoria di Hamas, la comunità internazionale aveva tagliato gli aiuti ai Palestinesi. 

I finanziamenti esteri fanno parte degli accordi di Oslo. Queste ultime sanzioni colpiranno i progetti sanitari e sociali ma non il settore della sicurezza che l’ANP coordina con Israele. Dalla comunità Palestinese di Roma chiariscono: “Come al solito a patire saranno i palestinesi. Garanzia invece per Israele che, in questo modo, non mette a rischio la sua sicurezza in Cisgiordania. Eppure qualche preoccupazione riguardo la sopportazione dei Palestinesi e dell’ANP, (logorati dall’Occupazione israeliana e dalla dipendenza dagli aiuti stranieri che arriva a ‘intermittenza’ come minaccia o come incoraggiamento), il primo Ministro Benjamin Netanyahu, deve averla avuta. Tanto da dichiarare al Congresso degli Stati Uniti: “ tagliare interamente i fondi all’ANP non sarebbe positivo”.

E molti osservano un possibile collegamento fra la situazione in Cisgiordania e l’accordo firmato dal primo Ministro Israeliano con il movimento di Hamas, martedì scorso. Un accordo che permette il ritorno in patria del soldato israeliano Gilad Shalit, dopo più di 5 anni di prigionia nella Striscia di Gaza, in cambio del rilascio dalle carceri israeliane di 1027 detenuti palestinesi. Netanyahu posta così l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, dai problemi dei palestinesi – aggravati dal rifiuto del riconoscimento dell’ONU – al suo successo come artefice della missione ‘portate a casa il soldato Shalit’

Ma il momento di gloria è anche per Hamas: la liberazione di un migliaio di palestinesi per un solo israeliano è un evento storico. E vittoria anche per il ‘nuovo’ Egitto, mediatore delle trattative. Dopo la rivoluzione di gennaio ha dimostrato di poter svolgere ancora il ruolo di “ponte” tra israeliani e palestinesi nonostante le speranze del Presidente siriano Bashar al-Assad, che a gennaio, nel cambio della guardia in Egitto, aveva visto la possibilità di un Paese ‘orientato verso la Palestina’ a scapito di Israele.

Lontano dalle luci dalla ribalta, rimane invece Abu Mazen che verrà ricevuto domani, venerdì 14 ottobre (n.d.r domani) dal presidente francese Nicolas SarkozyL’incontrò sarà dedicato alla richiesta fatta da Sarkozy alla Casa Bianca per attribuire alla Palestina lo ‘statuto di Stato Osservatore’

Il ruolo di primedonne nella questione palestinese conquistato da Bibi (così viene chiamato in Israele, il Primo ministro) e da Hamas, hanno relegato a comprimario il Presidente palestinese Abu Mazen. L’iniziativa di settembre per l’adesione all’Onu dello Stato di Palestina, pur diffusa con gran risalto dai media, sembra già essere stata dimenticata.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Palestina vittorie e sconfitte

Palestina, chiedere non basta.

Oppositori interni scettici sulla scelta di Abu Mazen: “Non risolve la questione fondamentale dell’occupazione”

Sono contrario alla richiesta. Basterebbe far rispettare l’applicazione delle 73 Risoluzioni Onu che già regolano il problema dei confini, di Gerusalemme, dei diritto al ritorno dei Palestinesi cacciati dalle loro terre nel 1948. E che non sono mai state adottate. Così rischiamo di innescare un meccanismo pericoloso – dichiara il dottor Diab Haitali, Portavoce della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio – In Cisgiordania i coloni si stanno mobilitando contro i Palestinesi che, secondo Israele, attaccheranno le colonie”.

La richiesta è quella che Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale Palestinese (Anp), presenterà venerdì 23 settembre al Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon: con essa si richiede il pieno riconoscimento della Palestina come 194esimo Stato delle Nazioni Unite. Un voto che cambierebbe la storia.

La decisione del leader dell’ Anp, però, sta suscitando polemiche all’interno della comunità palestinese stessa. Spiega ancora il dottor Haitali: ” L’iniziativa non affronta la questione fondamentale: il popolo palestinese continuerebbe a vivere sotto un regime di occupazione. Compromette i diritti dei rifugiati dei Campi profughi in Cisgiordania. Quale Stato infatti può ospitare al suo interno una comunità di profughi della stessa nazionalità? Lascia irrisolti i problemi delle colonie, le frontiere, i prigionieri politici, il controllo delle risorse. Insomma, una indipendenza solo simbolica”

Secondo Riccardo Imberti, responsabile del Progetto di Formazione Acli a Betlemme “in Cisgiordania, la maggior parte della gente è a favore dell’iniziativa all’Onu. E’ vero, l’occupazione continuerà ma se lo Stato di Palestina verrà riconosciuto, si tratterà di occupazione di uno Stato su un altro Stato, una bella differenza”.

Controversie interne a parte, come hanno reagito invece la Comunità Internazionale e Israele? Da giorni stanno schierando in campo diplomatico tutte le pedine per bloccare la richiesta di piena adesione all’Onu. La contro-proposta è di ritornare al tavolo delle trattative, dei negoziati di pace.

Non solo. Gli Stati Uniti cercano strenuamente la formula magica per non essere costretti a bloccare la richiesta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ricorrendo al potere di veto. Un atto imbarazzante per la Casa Bianca perché significherebbe, di fatto, affermare che è contraria alla nascita di uno Stato Palestinese. In un momento così delicato nei suoi rapporti con il Medio Oriente e le ’primavere arabe’.

La ripresa dei negoziati è richiesta a gran voce anche da Israele. Il Premier israeliano Benijamin Netanyahu ha proposto trattative dirette a New York. Negoziati da proseguire a Gerusalemme e Ramallah. E’ autentica volontà o tattica dilatoria ? I negoziati si sono rivelati un terreno paludoso, con criticità insormontabili. Israele non ha intenzione di congelare le colonie in Cisgiordania e di riconoscere allo stato palestinese i confini antecedenti il giugno 1967. Mentre l’Autorità Nazionale Palestinese non è disposta a riconoscere Israele come ’Stato ebraico’ perché il fatto metterebbe in discussione i diritti dei palestinesi che vivono in Israele e fuori gioco il diritto al ritorno dei profughi.

Una considerazione. I leader israeliani, americani, europei si affannano a dichiarare che per la Palestina essere ammessa come 194esimo Stato all’Onu, non è rilevante. E allora perché ostacolano la richiesta?
Trapela un’indiscrezione che spiega molto: fra gli oppositori del progetto c’è anche il Primo Ministro palestinese, Salam Fayyad, il numero due di Abu Mazen. I due, notoriamente, si detestano e fra una stretta di mano e un sorriso, non si risparmiano i colpi bassi. L’unità dell’azione politica, premessa indispensabile per l’indipendenza. sembra ancora lontana.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Palestina-chiedere-non-basta (riproducibile citando la fonte)