Aleppo
Siria: Tu chiamale se vuoi, elezioni…
Un hashtag #BloodElection (elezioni di sangue) e uno slogan Sawa(insieme). Il primo è stato scelto dall’Opposizione siriana all’estero, il 9 maggio, per boicottare le Elezioni Presidenziali che si svolgeranno oggi a Damasco e nei territori controllati dal Regime e dai lealisti. Il secondo è il motto scelto dal Presidente Bashar al-Asad, per la campagna elettorale, una parola che vorrebbe sottolineare il concetto di unità. Ma secondo l’ultimo rapporto dell’UNRWA e del Syrian Centre for Policy Research,
Voci dell’Opposizione siriana – Intervista a Noura Al-Ameer.
Noura al – Ameer, hijab colorato e sorriso aperto, è vice Presidente dl CNS, il Consiglio Nazionale Siriano (National Coalition for Syrian Revolutionary and Opposition Forces). Una delle pochissime donne, fra l’altro, a far parte dell’unica piattaforma politica di Opposizione riconosciuta dalle Diplomazie Occidentali (3 esponenti femminili su 122 membri). La incontriamo al seminario organizzato dall’Istituto Affari internazionali (IAI) sul tema “Sviluppi della Crisi Siriana e recenti prospettive” dove è intervenuta insieme al Segretario Generale del Cns, Badr Jamous, e all’attivista per i diritti umani Michel Kilo.
Siria: situazione in continuo mutamento
Certo il governo di Bashar al-Assad si è impegnato a smantellare l’arsenale delle armi chimiche entro la metà del 2014. Obama e i suoi alleati non attaccheranno la Siria, spunta di nuovo all’orizzonte la conferenza di Pace di Ginevra 2. Forse per questo la Siria è di nuovo scomparsa dai media e dall’attenzione. E qualcuno potrà pensare che il Paese viva una fase di stallo. Ma non è così. Anzi.
Aleppo, guerra urbana.
La mappa dei quartieri caldi è estesa, nella parte ovest della città, da al-Hamadanieh a Salahaddine, da Seif al-Dawla a Sikkeri. Tutti si dichiarano vincitori.
Aleppo. Sugli schermi della televisione siriana passa a ripetizione uno spot che mostra un dattero, alimento tradizionale del Ramadan, che contiene un proiettile. Sotto, una scritta: “Non rovinate il Ramadan con la violenza”. Ma purtroppo ad Aleppo si continua a combattere. I colpi di cannone sparati dai tank, scandiscono le notti.
Al-Qal’a, la cittadella.
Colpi di cannone, raffiche di mitragliatrice e carri armati a circondare la cittadella: prosegue la guerra-guerriglia urbana combattuta in mezzo ai civili.
Aleppo. Alle 11 di mattina in piazza Saadallah al Jabiri, nel quartiere di Jamilieh, davanti al mio albergo, sfilano lentamente i carri armati dell’esercito siriano (alcuni sono T-72 di fabbricazione russa). Secondo il portiere, dopo la ’riconquista’ di Salaheddine, la roccaforte dei ribelli, si stanno dirigendo verso la zona di Bab al-Hadid, a sud della cittadella, al-Qal’a, il monumento più conosciuto della città e simbolo della sua storia antica.
Damasco deserta, Aleppo attende.
L’Iran conferma l’appoggio a Bashar. Nella capitale del Nord si attende la battaglia decisiva.
Damasco. Arrivare a Damasco, questa volta è facile. Pochi controlli e superficiali. L’iter burocratico alla frontiera con il Libano è veloce. Certo c’è poca gente che entra nel Paese ora, e siamo in pieno Ramadan. Ma dopo la fuga di ieri (6 agosto) del Primo Ministro siriano Riyad Hijab, la ’battaglia’ per la conquista di Aleppo, l’attentato contro la sede della televisione di Stato sempre di ieri, è comunque sorprendente.
La guerra non conosce moderazione
Grave escalation di violenza ad Aleppo, e si affaccia il problema dei “regolamenti di conti e delle vendette”.
“La violenza brutalizza non solo le sue vittime ma anche chi le compie” scrisse TizianoTerzani in ‘Lettere contro la guerra’. Oggi Susan Ghosheh (missione Nazioni Unite in Siria) ha denunciato alla BBC una grave escalation della violenza ad Aleppo nelle ultime 72 ore. “Le forze di opposizione ora sono in possesso di armi pesanti e di carri armati catturati all’esercito mentre le truppe regolari hanno usato aerei da guerra per colpire i ribelli in città”. E ha “esortato alla moderazione ambo le parti”. Ma la guerra civile, come ogni guerra, non conosce questa parola. In Siria la lotta è sempre più spietata.