Bilad al-Sham

Chi rivuole il Califfato in Siria?

Gli obiettivi di formazioni jihadiste come  Jabhat al Nusra  (il Fronte della Vittoria) e  Dawla Islamiya fi Iraq wa Sham, (lo Stato Islamico nell’Iraq e nel Levante), si differenziano da quelli di  altri gruppi di ribelli  perché combattono il regime di Bashar al-Assad  al fine di creare un Califfato islamico, basato sulla sharia (la legge islamica).  Una visione che a noi può apparire fuori tempo e utopistica ma che invece rappresenta il nutrimento ideologico che alimento il jihad in Siria. Conosciuta storicamente come Bilad al-Sham, il territorio che un tempo comprendeva – oltre la Siria – anche il Libano, i territori palestinesi e parte della Giordania.  E in questo obiettivo c’è un valore storico e simbolico. Proprio in questa  zona nacque infatti  il primo Califfato Islamico, quello degli Omayyadi , dal 661 al 750 d.c., con Damasco capitale.

Queste fazioni sono le più preparate dal punto di vista militare e le  più attive, a loro si devono la maggior parte degli  attacchi vincenti contro le forze del regime.  E gli attentati di tipo iracheno in varie città siriane  (la prima rivendicazione del gruppo Jabhat al Nusra è del  6 gennaio 2012, circa 10 mesi dopo le prime manifestazioni contro gli Assad). L’alleanza con fazioni dell’Esercito siriano Libero costituisce solo un tappa del percorso di Jahhat al Nusra. E qui sta il pericolo. Infatti se i ribelli riuscissero  a rovesciare il regime e organizzare un nuovo potere, il gruppo jihadista continuerebbe a combattere contro gli ex alleati. La lotta contro un nemico comune, il regime di Assad, sta funzionando da collante ideologico, ma una volta venuto meno il regime di Damasco ogni fazione cercherà di perseguire il proprio obiettivo. Scontri interni fra gli “alleati temporanei” ci sono già stati. Per esempio tra Fronte al Nusra e la Brigata al- Faruq, una brigata affiliata all’Esercito Siriano Libero, nata nella provincia di Homs tra l’estate e l’autunno del 2011. Un leader della Brigata infatti è stato ucciso per vendetta dopo l’omicidio di un leader del Fronte al Nusra.

La brigata al- Faruq è uno dei gruppi che ha tenuto prigioniero l’inviato de la Stampa Domenico Quirico, (rapito in Siria il 9 aprile e rientrato in Italia domenica 8 settembre). Il giornalista scrive «Al Faruq è una brigata molto nota della rivoluzione siriana, fa parte del Consiglio Nazionale Siriano e i suoi rappresentanti incontrano i governi europei. L’Occidente si fida di loro ma ho imparato a miei spese che si tratta anche di un gruppo che rappresenta un fenomeno nuovo e allarmante della rivoluzione: l’emergere di gruppi banditeschi di tipo somalo, che approfittano della vernice islamista e del contesto della rivoluzione per controllar parte del territorio, taglieggiare la popolazione, sequestrare e rubare»).

Un altro pericolo è rappresentato dal fatto che esistono grandi differenze non solo tra opposizione “laica” e jihadisti, ma anche tra jihadisti stessi. Ci sono fazioni ancorate ad una visione più transnazionale e settaria, appartenenti all’ala qaidista irachena (chiamata Stato islamico in Iraq) ed altre più legate ancorate alla realtà siriana. Una frammentazione che diventerà  certo più evidente quando (se)  il conflitto avrà fine. Da qualche mese ben 11 gruppi hanno creato un Fronte islamico siriano unificato, ma Fronte al Nusra per ora non ha aderito, limitandosi ad azioni coordinate sul terreno.

Per capire meglio il perché della forte presenza jihadista in Siria, è necessario ricordare che – confinando con l’Iraq – durante gli anni dell’invasione statunitense, il Paese ha rappresentato un punto di passaggio ideale per i mujahidin che andavano a combattere in Iraq. Gli stessi sono ritornati in Siria già nel 2011 all’inizio delle rivolte. Questa volta non per combattere il nemico straniero invasore, ma Bashar al-Assad.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Chi rivuole il Califfato in Siria (riproducibile citando la fonte)

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Gli obiettivi di formazioni jihadiste come  Jabhat al Nusra  (il Fronte della Vittoria) e  Dawla Islamiya fi Iraq wa Sham, (lo Stato Islamico nell’Iraq e nel Levante), si differenziano da quelli di  altri gruppi di ribelli  perché combattono il regime di Bashar al-Assad  al fine di creare un Califfato islamico, basato sulla sharia (la legge islamica).  Una visione che a noi può apparire fuori tempo e utopistica ma che invece rappresenta il nutrimento ideologico che alimento il jihad in Siria. Conosciuta storicamente come Bilad al-Sham, il territorio che un tempo comprendeva – oltre la Siria – anche il Libano, i territori palestinesi e parte della Giordania.  E in questo obiettivo c’è un valore storico e simbolico. Proprio in questa  zona nacque infatti  il primo Califfato Islamico, quello degli Omayyadi , dal 661 al 750 d.c., con Damasco capitale.

Queste fazioni sono le più preparate dal punto di vista militare e le  più attive, a loro si devono la maggior parte degli  attacchi vincenti contro le forze del regime.  E gli attentati di tipo iracheno in varie città siriane  (la prima rivendicazione del gruppo Jabhat al Nusra è del  6 gennaio 2012, circa 10 mesi dopo le prime manifestazioni contro gli Assad). L’alleanza con fazioni dell’Esercito siriano Libero costituisce solo un tappa del percorso di Jahhat al Nusra. E qui sta il pericolo. Infatti se i ribelli riuscissero  a rovesciare il regime e organizzare un nuovo potere, il gruppo jihadista continuerebbe a combattere contro gli ex alleati. La lotta contro un nemico comune, il regime di Assad, sta funzionando da collante ideologico, ma una volta venuto meno il regime di Damasco ogni fazione cercherà di perseguire il proprio obiettivo. Scontri interni fra gli “alleati temporanei” ci sono già stati. Per esempio tra Fronte al Nusra e la Brigata al- Faruq, una brigata affiliata all’Esercito Siriano Libero, nata nella provincia di Homs tra l’estate e l’autunno del 2011. Un leader della Brigata infatti è stato ucciso per vendetta dopo l’omicidio di un leader del Fronte al Nusra.

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