CNS

Siria: Tu chiamale se vuoi, elezioni…

Un hashtag #BloodElection (elezioni di sangue) e uno slogan Sawa(insieme). Il primo è stato scelto dall’Opposizione siriana all’estero, il 9 maggio, per boicottare le Elezioni Presidenziali che si svolgeranno oggi a Damasco e nei territori controllati dal Regime e dai lealisti. Il secondo è il motto scelto dal Presidente Bashar al-Asad, per la campagna elettorale, una parola che vorrebbe sottolineare il concetto di unità. Ma secondo l’ultimo rapporto  dell’UNRWA e del Syrian Centre for Policy Research,  

Noura al Ameer

Voci dell’Opposizione siriana – Intervista a Noura Al-Ameer.

Noura al – Ameer, hijab colorato e sorriso aperto, è vice Presidente dl CNS, il Consiglio Nazionale Siriano (National Coalition for Syrian Revolutionary and Opposition Forces). Una delle pochissime donne, fra l’altro, a far parte dell’unica piattaforma politica di Opposizione riconosciuta dalle Diplomazie Occidentali (3 esponenti femminili su 122 membri). La incontriamo al seminario organizzato dall’Istituto Affari internazionali (IAI) sul tema “Sviluppi della Crisi Siriana e recenti prospettive” dove è intervenuta insieme al Segretario Generale del Cns, Badr Jamous, e all’attivista per i diritti umani Michel Kilo.

Siria: possiamo ancora credere a Ginevra 2?

Se non si trattasse di una tragedia sembrerebbe la trama di una farsa. Il 6 novembre scorso l’inviato dell’Onu e della lega Araba i Siria, Lakhdar Brahimi ha dichiarato che conferenza di Pace di Ginevra 2 (annunciata e rimandata più volte e poi confermata per fine novembre) slitterà ancora. A dicembre? A tempo indeterminato? Non si sa, almeno ufficialmente.
Ma sarebbe più onesto ammettere il fallimento dell’ennesimo tentativo di soluzione politica che pare non interessare nessuna della parti in campo. La Coalizione Nazionale Siriana (Cns), la piattaforma delle opposizioni siriane in esilio, si è riunita sabato scorso, a Istanbul, per decidere se partecipare o meno alla Conferenza. Da quando è stata annunciata “Ginevra2” infatti, le varie anime della Coalizione (già poco unita si sono divise ancora di più).
Uno dei rami, il Consiglio nazionale Siriano (Cns), fortemente rappresentato dalla Fratellanza aveva già dichiarato, settimane fa che se la Coalizione avesse aderito, sarebbe uscito dalla piattaforma. Da qui la decisione della Coalizione di riunirsi a Istanbul per cercare una linea comune. Che non c’è. Non può esserci. Perché tutto è artificioso nel Consiglio nazionale siriano. E’ stato creato circa un anno fa, in maniera forzata in seguito alle pressioni occidentali, e con gli aiuti economici dei Paesi del Golfo. Non piace a Bashar certo ma non piace neppure ai ribelli che combattono sul campo. Non è stata riconosciuta da alcune brigate dell’Esercito siriano libero, da formazioni di stampo jihadista e di matrice qaedista. Addirittura da gruppi di attivisti civili che continuano ad opporsi al regime disarmati.

Insomma chiusi per due giorni in un hotel di Istanbul dopo discussioni a non finire, l’Opposizione è rimasta alle sue condizioni. Che sono: il ritiro dell’esercito governativo dalle città, il rilascio dei prigionieri politici e la possibilità di accesso degli aiuti umanitari nelle aree sotto assedio da parte delle forze armate del regime. Richieste più che legittime. Ma la questione non è così semplice perché il vero nodo – che pare destinato a non sciogliersi – è il Presidente Bashar al- Assad. L’opposizione non vuole che prenda parte al processo di transizione. Da parte sua, il Rais non andrà a Ginevra “ per perdere il potere” come avevano dichiarto la settimana scorsa le autorità siriane. Solo il segretario di Stato degli Stati Uniti, John Kerry può dichiarare che il risultato dell’incontro a Istanbul rappresenti un importante passo avanti, E’ evidente che se il Presidente Bashar al Assad non siederà al tavolo delle trattative, un compromesso è irraggiungibile. E il rais non ha facilitato certo le cose annunciando già da tempo di volersi ricandidare per le prossime elezioni presidenziali nell’’estate del 2014.
La ciliegina sulla torta. Dopo due giorni di discussioni, la Coalizione ha lasciato la riunione di Istanbul decidendo di creare un comitato che continui i colloqui fra le varie correnti della Coalizione istituire un comitato con il compito di continuare i colloqui fra le varie correnti della Coalizione stessa. Una farsa appunto.

La verità è che nessuna delle due parti in causa vuole davvero una trattativa ora. Il regime sta vincendo, o almeno tiene una parte del Paese e non è disposto a compromessi. L’opposizione sembra più debole e dovrebbe quindi trattare da una posizione di svantaggio. Comunque i bollettini di guerra alternano postazioni ora in mano al regime ora ai ribelli. Insomma, tutti e due gli schieramenti pensano di poter vincere.
Chi vuole quindi avvero la conferenza di Ginevra 2? Certamente i due principali attori internazionali alleati dei due schieramenti. La Russia e gli Stati Uniti. La crisi siriana ormai è diventata una piovra che rischia di estendere i suoi tentacoli nella regione, e che causa preoccupazioni alle due superpotenze.
Intanto, sempre le Opposizioni siriane in esilio insieme a rappresentanti di attivisti in patria, hanno creato un “governo ombra” che dovrebbe amministrare le aeree siriane che non si trovano più sotto il controllo del regime. Un governo sostenuto apertamente dall’Arabia Saudita e che avrà sede a Gaziantep, nel sud della Turchia, vicino al confine con la Siria.
Sullo sfondo la guerra, le violenze, i profughi, la fame, le malattie, soprattutto il ritorno del virus della Polio il rischio di una epidemia regionale di Poliomielite, una malattia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considerava quasi sconfitta. Un fatto grave che per ora l’Occidente sembra ignorare.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Siria: possiamo ancora credere a Ginevra2? (riproducibile citando la fonte)

Leggi anche  La Siria e la Conferenza di pace di Ginevra2

 

Se non si trattasse di una tragedia sembrerebbe la trama di una farsa. Il 6 novembre scorso l’inviato dell’Onu e della lega Araba i Siria, Lakhdar Brahimi ha dichiarato che conferenza di Pace di Ginevra 2 (annunciata e rimandata più volte e poi confermata per fine novembre) slitterà ancora. A dicembre? A tempo indeterminato? Non si sa, almeno ufficialmente.
Ma sarebbe più onesto ammettere il fallimento dell’ennesimo tentativo di soluzione politica che pare non interessare nessuna della parti in campo. La Coalizione Nazionale Siriana (Cns), la piattaforma delle opposizioni siriane in esilio, si è riunita sabato scorso, a Istanbul, per decidere se partecipare o meno alla Conferenza. Da quando è stata annunciata “Ginevra2” infatti, le varie anime della Coalizione (già poco unita si sono divise ancora di più).
Uno dei rami, il Consiglio nazionale Siriano (Cns), fortemente rappresentato dalla Fratellanza aveva già dichiarato, settimane fa che se la Coalizione avesse aderito, sarebbe uscito dalla piattaforma. Da qui la decisione della Coalizione di riunirsi a Istanbul per cercare una linea comune. Che non c’è. Non può esserci. Perché tutto è artificioso nel Consiglio nazionale siriano. E’ stato creato circa un anno fa, in maniera forzata in seguito alle pressioni occidentali, e con gli aiuti economici dei Paesi del Golfo. Non piace a Bashar certo ma non piace neppure ai ribelli che combattono sul campo. Non è stata riconosciuta da alcune brigate dell’Esercito siriano libero, da formazioni di stampo jihadista e di matrice qaedista. Addirittura da gruppi di attivisti civili che continuano ad opporsi al regime disarmati.

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Siria: situazione in continuo mutamento

Certo il governo di Bashar al-Assad  si è impegnato a smantellare l’arsenale delle armi chimiche  entro la metà del 2014. Obama  e i suoi alleati non attaccheranno la Siria, spunta di nuovo all’orizzonte la conferenza di Pace di Ginevra 2. Forse per questo la Siria è di nuovo scomparsa dai media e dall’attenzione. E qualcuno potrà pensare che il Paese viva una fase di stallo. Ma non è così. Anzi.

Siria: Opposizione Unita Cercasi

A Doha l’Opposizione siriana cerca “un centro di gravità permanente” con l’aiuto degli Stati Uniti. Le pressioni del segretario di Stato Hilary Clinton e il piano di Riad Seif.

 

Dopo Burthan Ghaliun e il curdo Abdel Basset Sieda (rispettivamente ex presidente e presidente del Consiglio Nazionale Siriano, Cns) ora sulla scena dell’Opposizione, a proporsi come leader, appare l’industriale ed ex parlamentare Riad Seif. Il suo piano: creare una squadra di 50 rappresentanti, scelti fra i comandanti militari dell’Esercito libero e i capi delle zone in mano ai ribelli, in Siria, e fra i membri del Cns, che risiedono all’estero. Gli Stati Uniti, che appoggiano Riad Seif, premono perché durante i lavori venga eletto una specie di direttivo, in cui i militari – che stanno operando sul campo – siano in numero maggiore rispetto agli esiliati del Cns.

Circa 400 rappresentanti della dissidenza provenienti da vari gruppi, dalla Siria e dall’estero, si sono riuniti per raggiungere un obiettivo indispensabile: una formazione unita con la quale la Comunità Internazionale possa rivolgersi. Impresa difficile: alla mega conferenza di Doha, capitale del Qatar (si è aperta il 4 novembre e dovrebbe svolgersi in 5 giorni) ci sono troppe fazioni portatrici di programmi diversi e differenze ideologiche. E due gruppi importanti , il Corpo nazionale di coordinamento e il Fronte democratico nazionale, non si sono neppure presentati all’ appello.

Il CNS (Consiglio Nazionale Siriano), fino ad ora ha rappresentato la piattaforma principale dell’Opposizione ed è formata soprattutto da esiliati: intellettuali, accademici e membri della Fratellanza musulmana. Ma il Cns non ha saputo dare, fino a ora, prove di stabilità ed efficienza. Il Segretario di Stato Hillary Clinton ha addirittura dichiarato (‘Reuters‘ 31 ottobre 2012) che il Consiglio Nazionale siriano, basato all’estero, “non può arrogarsi il titolo di leader dell’opposizione, ma solo far parte di un fronte di opposizione più largo che includa gente che vive in Siria e altri che abbiano la necessaria legittimità per farsi ascoltare” .

Per questo il programma di Riad Seif prevede di mettere il Cns in secondo piano, creando appunto una leadership in cui i suoi membri sarebbero in minoranza rispetto ai militari dell’Esercito Siriano Libero, il principale ma non l’unico gruppo armato che combatte sul terreno contro l’esercito regolare del regime. Il Cns è disposto a mettersi in disparte? Non sembra. Già durante il primo giorno del convegno, ha criticato gli Stati Uniti per l’ingerenza e il suo presidente, Abdel Basset Sieda, ha dichiarato (fonte ‘Associated Press’) che “pur non avendo respinto in pieno la proposta di Seif, ritiene che il Cns meriti una rappresentanza più significativa, controllando almeno il 40% di qualsiasi organismo decisionale formato”.

A quanto pare, abbandonare la poltrona del comando è dura. Ma un fatto è certo. Alla fine dei lavori, che si chiuderanno giovedì, senza un accordo sulla leadership dell’Opposizione, saremo al punto di partenza. Anzi un passo indietro visto il precedente fallimento della riunione di luglio, al Cairo, in cui non è stato raggiunto un accordo per formare un fronte di opposizione coeso. E al prossimo Meeting degli Amici della Siria, in Marocco, la Comunità Internazionale si troverebbe di nuovo senza una rappresentanza unita e significativa dei siriani. Rendendo il meeting inutile.

Intanto in Siria si continua a combattere. Lunedì, un attentatore suicida si è fatto esplodere nei pressi di un check-point dell’Esercito nella provincia di Hama causando una cinquantina di vittime. Mentre il 3 novembre, tre carri armati siriani sono entrati nel villaggio di Beer Ajam, nel Golan e si sono verificati scontri fra curdi e forze ribelli. Il rischio di una balcanizzazione della zona, così come di un allargamento del conflitto nei Paesi confinanti (soprattutto il Libano e l’Iraq) sono pericoli reali che rischiano di accendere altri fuochi.

di Antonella Appiano, in esclusiva per L’Indro Siria: opposizione unita cercasi, riproducibile citando la fonte.

 

 

cambia il terreno di battaglia, Siria

Cambia il terreno di battaglia

Gli scontri, da Damasco, riconquistata dall’esercito regolare, si spostano ad Aleppo. Seconda città della Siria, cuore commerciale e imprenditoriale, situata in una posizione geografica strategica a una sessantina di chilometri dalla frontiera turca. Per mesi roccaforte lealista e ospite di una comunità di 300 mila cristiani, il doppio lato di una guerra interna e internazionalizzata che apre mille scenari inquietanti.

La Siria divisa, anche in Italia

La comunità siriana nel nostro paese, in diverse sigle. Cosa pensano e cosa chiedono, tra confusione, idealità ed attese. Verso la manifestazione del 19 febbraio

Sigle, nomi. Siriani in Italia, Vogliamo la Siria libera, Unione di Coordinamento in Italia per il sostegno alla Rivoluzione siriana. Chi sono ? Quali progetti hanno? Da chi sono sostenuti?

Per semplificare, diciamo che l’opposizione siriana in Italia si divide in due schieramenti– spiega il dottor Feisal al Mohamad.”Uno laico, che raccoglie varie sigle, e uno Islamico, che fa riferimento al dottor Mohammed Dachan”. Feisal al Mohamad, medico, vive da 42 anni n Italia e ha fondato a Roma il Gruppo Unione di Coordinamento in Italia per il sostegno alla Rivoluzione siriana, nel giugno del 2011. All’inizio, abbiamo sperato davvero nelle riforme”.

Nel gruppo ci sono 250 iscritti più i sostenitori. Lo scopo? “Informare la popolazione italiana, far pressione sulla politica italiana attraverso associazioni e anche sul governo siriano. Far sapere a chi, nel nostro Paese, combatte per la libertà che non è solo”.

Manifestazioni, sit-in, conferenze, sono gli strumenti. Il dottor Feisal afferma che il gruppo è auto- finanziato, si sente ’vicino al Cns (Consiglio Nazionale Siriano)’ la parte di Opposizione politica, con sede in Turchia. “Ma – ci tiene a sottolineare- non abbiamo una rappresentanza nel gruppo“. Si augura una transizione cui partecipino “tutte le forze che hanno combattuto sul campo, che porti alla creazione di una nuova costituzione”. E’ contro ogni intervento armato straniero, ma spera “che l’esercito siriano Libero possa venir finanziato e armato (dai Paesi dal Golfo, per esempio) per accelerare la caduta del regime”.

Anche Aya Homsi, 25enne bolognese, che ha fondato nell’aprile del 2011, insieme a Bilal Breigeche, il Gruppo ’Vogliamo la Siria libera’ dichiara che gli scopi dell’Associazione sono quelli di “sensibilizzare l’opinione pubblica, raccogliere fondi per le famiglie di siriani che sono scappate in Giordania o in Turchia”.

E che lo schieramento riceve solo denaro da famiglie siriane. Nata in Italia da genitori siriani,Aya dichiara che ogni volta che tornava nel Paese di origine per trovare i parenti ad Aleppo, percepiva “la differenza fra un paese democratico come l’Italia e uno autocratico come la Siria”. Il padre era venuto in Italia per motivi di studio, nessun passato politico, dunque, eppure Aya non ha esitato a schierarsi in maniera attiva.

Il “niet” di Mosca sulla Siria

Attesa per la decisione del Consiglio di Sicurezza.
Una soluzione è l’unica, urgente alternativa a una guerra civile sempre più cruenta ed imprevedibile.


Questa volta, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu potrebbe davvero rivelarsi risolutivo per la Siria, un Paese stremato da 11 mesi di rivolte, ormai in piena guerra civile, i combattimenti estesi fino ai sobborghi orientali di Damasco, la crisi economica sempre più grave. Il veto di Mosca cadrà di fronte a una risoluzione con una clausola chiara sul fatto che non “sarà fatto ricorso all’intervento militare straniero? Per ora infatti la bozza si limita a non citare interventi militari. E’ una sottile differenza, ma fondamentale in termini strategici e diplomatici.

Dalla Russia sono arrivati accenni di apertura. L’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin, ha assicurato al Consiglio di sicurezza che un accordo sulla Siria “è non solo necessario ma possibile. Sull’altro fronte anche il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton,ha garantito ’uno sforzo congiunto’ per arrivare a un accordo e “lanciare un messaggio ad Assad e al suo regime”.

La proposta dell’Onu chiede in sostanza che Bashar al Assad ceda il potere al suo vice presidente. Primo passo per un piano di transizione e un dialogo con l’Opposizione. La sigla più rappresentativa, il Consiglio Nazionale siriano (CNS) ha infatti escluso ogni trattativa con Bashar. Tornando alla Russia, lo stesso vice-presidente siriano, Farouk al-Sharaa, il 16 dicembre scorso, secondo fonti del Cremlino, era stato invitato a Mosca per “un colloquio molto serio“.

Mosca sta giocando un’altra partita dietro le quinte? Certo il legame con lo stato di Assad ha radici antiche, ma alla Russia preme soprattutto tutelare gli interessi economici e strategici e la Siria rappresenta l’unico suo sbocco nel Mediterraneo. Però, la potenza euroasiatica potrebbe anche aver ricevuto garanzie sufficienti ad abbandonare un regime ormai agli sgoccioli.

Siria, l’opposizione si coordina.

“Il dovere dell’Esercito e’ quello di proteggere il popolo”

Il Consiglio nazionale siriano (Cns) il maggiore gruppo d’Opposizione nel Paese, e l’Esercito siriano libero il (FSA) formato da disertori delle forze armate del regime, si sono incontrati per la prima volta in Turchia a Hatay, una provincia ai confini con la Siria. Scopo della riunione, creare una Commissione per monitorare la situazione e coordinare la lotta contro il Presidente Bashar al-Assad. Partite da posizioni differenti, le due parti hanno tuttavia convenuto (ieri 30 novembre 2011) che “il dovere dell’Esercito siriano libero, e’ quello di proteggere il popolo e di non attaccare l’esercito regolare o i sostenitori del regime”. Solo azioni difensive dunque e stop alle azioni di attacco.

La nascita dell’esercito siriano libero (FSA) era stata annunciato il 29 luglio 2011. E’ composto da disertori che hanno abbandonato l’esercito del Presidente Bashar al Assad. Ilquartier generale è in Turchia nella provincia di Hatay, al confine con la Siria, con gruppi che operano in Siria, sia nelle aree urbane che in campagna.

Soprattutto nel nord ovest del Paese( Idlib e Aleppo), nella regione centrale ( Homs, Hama,Rastan) sulla costa intorno a Latakia, a Damasco, e nell’area a sud di Damasco, a Daraa. Difficile stabilire il numero esatto dei componenti. Il leader dell’ Esercito siriano libero,Riyadh al-Asaad, ha dichiarato circa 15mila unità divise in 22 battaglioni operativi. Le forze dell’opposizione siriana non sono unite sul modo di realizzare il cambio di regime.

Il 24 novembre scorso, l’Esercito siriano libero ha invitato i paesi stranieri ad effettuare raid aerei contro ’obiettivi strategici’ del governo siriano, per accelerare il crollo del regime diBashar. Lo stesso giorno, in un’intervista ai media, ha dichiarato che questo presupposto non dà il benvenuto all’ingresso diretto in territorio siriano di truppe straniere ma spera che “la comunità internazionale imponga una non-fly zone.

La principale organizzazione dell’opposizione siriana, con sede generale sempre in Turchia, il Consiglio Nazionale siriano, si oppone invece all’intervento militare straniero. Il 23 novembre, durante una visita in Francia, il leader del Consiglio, Burhan Ghalioun, ha affermato che “lEsercito siriano libero deve fare tutto il possibile per evitare scontri militari diretti con le truppe governative, così da impedire che l’intero paese sprofondi del tutto nella guerra civile”.

Ma è già guerra civile in vaste aree del Paese e la probabilità che possa dilagare è sempre più provabile. Anche se non è da escludere un colpo di stato interno. I generali alawuiti (a capo dell’esercito, della sicurezza, dell’intelligence) per ora, sono dalla parte di Bashar. Ma per quanto tempo ancora?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/siria-lopposizione-si-coordina/ (riproducibile citando la fonte)