Consiglio nazionale siriano
Le anime dell’Opposizione politica siriana
Le anime dell’opposizione politica siriana
Un fronte frammentato che fatica a trovare una linea unitaria e credibile
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Un fronte frammentato che fatica a trovare una linea unitaria e credibile.
«Dove sono troppi a comandare, nasce la confusione», scrisse Luigi Einaudi ne ‘Il buongoverno’. E certo c’è confusione fra le fila dell’opposizione politica siriana. Non è facile parlarne senza perdersi fra sigle, leader eletti e leader dimissionari, dichiarazione disattese, elezioni, passaggi da uno schieramento all’altro.
Cercando di semplificare. Prima di tutto, l’opposizione è divisa in due rami principali. Da un lato il Consiglio nazionale siriano (Cns) fondato nell’ottobre del 2011, a Istanbul. E’ composto soprattutto da membri dei Fratelli Musulmani, cui si sono in seguito uniti gruppi di indipendenti e liberali. Dalla sua nascita ha continuato a chiedere l’intervento straniero per favorire la caduta del regime degli Assad. L’altro ramo è costituito da due formazioni laiche: il Comitato di Coordinamento nazionale per il cambiamento democratico e il Forum Democratico Siriano ( fra i principali esponenti, Michel Kilo e Samir Aita) Entrambe le formazioni vogliono la caduta del regime ma, a differenza del Consiglio nazionale siriano, non hanno intenzione di smantellare tutte le strutture del sistema. Il progetto dei due gruppi, consiste infatti nel mantenere apparati statali, fra cui la burocrazia e una parte dell’esercito, estromettendo, naturalmente, gli elementi più compromessi. La linea è stata certamente stata decisa valutando ciò che è successo in Iraq dove lo smantellamento del partito Baath, ha portato conseguenze disastrose.A queste correnti si è poi affiancata la Coalizione nazionale Siriana (Cns) fondata a Doha, capitale del Qatar, nel novembre del 2012 e sostenuta in particolar dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalle Monarchie del Golfo e dalla Turchia. Ma salutata stata con favore anche dal’ex ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi. Gli Stati Uniti hanno promosso la nascita della Colazione delusi dai fallimenti del Consiglio nazionale siriano che si è rivelato inconcludente poco operativo.
Dopo aver occupato il seggio della Siria alla lega Araba, la Coalizione ha aperto, nel marzo scorso, la sua prima ambasciata a Doha. Obiettivo principale: incorporare le varie voci dell’opposizione superando l’empasse in cui si dibattuto il Consiglio. Ma finora anche il Cns non sembra aver raggiunto grandi risultati. Già a marzo del 2013 Il leader, Moaz Ahmed al-Khatib, si è dimesso, sostituito dal premier ad interim Ghassan Hitto.
Sconfitta anche sul fronte dell’apertura alle varie voci dell’opposizione. Gente che viene gente che va. Se da poco è entrato infatti a farne parte proprio Michel Kilo con il suo Forum Democratico siriano, nei primi giorni di giugno, si è ritirata dalla Coalizione nazionale Siriana, una delle principali correnti laiche la Commissione generale della rivoluzione siriana (Cgrs). Suhayr Atassi, rappresentante della corrente e unica donna nella dirigenza dell’opposizione, ha lanciato accuse pesanti. Secondo la Atassi, la Coalizione proclama di voler diventare pluralista ma è dominata dai Fratelli musulmani, sostenuti dal Qatar e della Turchia. Suhayr Atassi, con coraggio, ha anche accusato gli esponenti di usare fondi destinati al popolo siriano per interessi personali. E ha sottolineato quanto sia inutile aprire ad altre sigle quando poi non è aumentato il numero dei membri della Commissione generale che prende le decisioni importanti. Commissione che è rimasta nelle mani degli islamisti. Insomma, i Fratelli Musulmani e il segretario generale della Coalizione, Mustafa as- Sabbagh, rimangono i più influenti nella Commissione generale.
Lacerazioni, spaccature, divisioni, in un momento particolarmente importante quello della Conferenza di Ginevra 2 che si terrà «presumibilmente il 6 o 7 luglio» ha riferito il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino. Intanto a Doha, una grande villa inaugurata due mesi fa, ospita l’Ambasciata siriana, dove sventola la bandiera a tre stelle della rivoluzione. La bandiera simbolo della nuova Siria. Una Siria che ancora non c’è.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Le anime della opposizione politica siriana (riproducibile citano la fonte)
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Siria: Opposizione Unita Cercasi
A Doha l’Opposizione siriana cerca “un centro di gravità permanente” con l’aiuto degli Stati Uniti. Le pressioni del segretario di Stato Hilary Clinton e il piano di Riad Seif.
Dopo Burthan Ghaliun e il curdo Abdel Basset Sieda (rispettivamente ex presidente e presidente del Consiglio Nazionale Siriano, Cns) ora sulla scena dell’Opposizione, a proporsi come leader, appare l’industriale ed ex parlamentare Riad Seif. Il suo piano: creare una squadra di 50 rappresentanti, scelti fra i comandanti militari dell’Esercito libero e i capi delle zone in mano ai ribelli, in Siria, e fra i membri del Cns, che risiedono all’estero. Gli Stati Uniti, che appoggiano Riad Seif, premono perché durante i lavori venga eletto una specie di direttivo, in cui i militari – che stanno operando sul campo – siano in numero maggiore rispetto agli esiliati del Cns.
Circa 400 rappresentanti della dissidenza provenienti da vari gruppi, dalla Siria e dall’estero, si sono riuniti per raggiungere un obiettivo indispensabile: una formazione unita con la quale la Comunità Internazionale possa rivolgersi. Impresa difficile: alla mega conferenza di Doha, capitale del Qatar (si è aperta il 4 novembre e dovrebbe svolgersi in 5 giorni) ci sono troppe fazioni portatrici di programmi diversi e differenze ideologiche. E due gruppi importanti , il Corpo nazionale di coordinamento e il Fronte democratico nazionale, non si sono neppure presentati all’ appello.
Il CNS (Consiglio Nazionale Siriano), fino ad ora ha rappresentato la piattaforma principale dell’Opposizione ed è formata soprattutto da esiliati: intellettuali, accademici e membri della Fratellanza musulmana. Ma il Cns non ha saputo dare, fino a ora, prove di stabilità ed efficienza. Il Segretario di Stato Hillary Clinton ha addirittura dichiarato (‘Reuters‘ 31 ottobre 2012) che il Consiglio Nazionale siriano, basato all’estero, “non può arrogarsi il titolo di leader dell’opposizione, ma solo far parte di un fronte di opposizione più largo che includa gente che vive in Siria e altri che abbiano la necessaria legittimità per farsi ascoltare” .
Per questo il programma di Riad Seif prevede di mettere il Cns in secondo piano, creando appunto una leadership in cui i suoi membri sarebbero in minoranza rispetto ai militari dell’Esercito Siriano Libero, il principale ma non l’unico gruppo armato che combatte sul terreno contro l’esercito regolare del regime. Il Cns è disposto a mettersi in disparte? Non sembra. Già durante il primo giorno del convegno, ha criticato gli Stati Uniti per l’ingerenza e il suo presidente, Abdel Basset Sieda, ha dichiarato (fonte ‘Associated Press’) che “pur non avendo respinto in pieno la proposta di Seif, ritiene che il Cns meriti una rappresentanza più significativa, controllando almeno il 40% di qualsiasi organismo decisionale formato”.
A quanto pare, abbandonare la poltrona del comando è dura. Ma un fatto è certo. Alla fine dei lavori, che si chiuderanno giovedì, senza un accordo sulla leadership dell’Opposizione, saremo al punto di partenza. Anzi un passo indietro visto il precedente fallimento della riunione di luglio, al Cairo, in cui non è stato raggiunto un accordo per formare un fronte di opposizione coeso. E al prossimo Meeting degli Amici della Siria, in Marocco, la Comunità Internazionale si troverebbe di nuovo senza una rappresentanza unita e significativa dei siriani. Rendendo il meeting inutile.
Intanto in Siria si continua a combattere. Lunedì, un attentatore suicida si è fatto esplodere nei pressi di un check-point dell’Esercito nella provincia di Hama causando una cinquantina di vittime. Mentre il 3 novembre, tre carri armati siriani sono entrati nel villaggio di Beer Ajam, nel Golan e si sono verificati scontri fra curdi e forze ribelli. Il rischio di una balcanizzazione della zona, così come di un allargamento del conflitto nei Paesi confinanti (soprattutto il Libano e l’Iraq) sono pericoli reali che rischiano di accendere altri fuochi.
di Antonella Appiano, in esclusiva per L’Indro Siria: opposizione unita cercasi, riproducibile citando la fonte.
La Siria resta in attesa
Il mondo diplomatico si muove, ma a Damasco tutto sembra restare al punto di partenza
Eugene Rogan, – direttore del ’Middle East Centre al S. Antony’s College di Oxford’– scrive “Dopo cinque secoli di gioco condotto secondo le regole degli altri, ora gli arabi vogliono avere il controllo del proprio destino”. Ci riusciranno?
A Baghad, al Vertice della Lega Araba, il tema più scottante in agenda è stata la Siria, ancora ’paralizzata’ – dopo il primo anniversario delle rivolte contro il regime – in una situazione che sembra, di fatto, senza vie di uscita. La crisi siriana ha messo in secondo piano un altro evento, anche questo testimone dei grandi mutamenti sul teatro del medio Oriente. Quello di oggi è il primo Summit della Lega in Iraq, dopo ventidue anni e dopo nove dalla resa diSaddam Hussein. Baghdad è blindata per paura di attentati. L’aeroporto, chiuso ai voli di linea e circa un 100 mila uomini, fra militari e poliziotti, controllano le strade e gli alberghi che ospitano le delegazioni estere e la stampa internazionale. Una ’operazione’ che è costata allo stato 500 milioni di dollari, ma che rappresenta una opportunità per fare uscire l’Iraq dall’isolamento politico e diplomatico a livello internazionale. Un rientro su una scena che non vede più attori ’storici’ come il leader libico Muammar Gheddafi , l’egiziano HosniMubarak, lo yemenita Ali Abdullah Saleh e il tunisino Zine el Abidine, scomparsi dopo gli stravolgimenti delle Primavere arabe.
Al Vertice, molto atteso il discorso di Kofi Annan, l’ex segretario generale dell’Onu. Nominato inviato speciale in Siria da Lega araba e Nazioni Unite e di ritorno da importanti incontri a Mosca e a Pechino –due degli alleati forti del regime di Damasco – Annan farà il punto della situazione. Il piano di pace presentato da Annan, accettato sulla carta anche dalla leadership di Damasco e da parte dell’Opposizione, ha il merito di cercare una soluzione politica basata sul dialogo.
Ma il presidente Bashar al Assad è veramente interessato a trattare? O, ancora una volta, sta ’prendendo tempo’? Fino ad ora è sembrato deciso ad usare la forza e le risorse del Paese pur di restare al potere, senza curarsi dei costi umani ed economici per la popolazione.
E l’Opposizione siriana? Divisa più che mai ( liberali, nazionalisti arabi, islamici, curdi) , alla conclusione dell’incontro che si è tenuto a Istanbul (26-27 marzo) sembra essersi accordata nel riconoscere come interlocutore il Cns (Consiglio nazionale siriano). Ma al patto non hanno aderito le componenti curde. Un elemento certo non trascurabile. E’ possibile, quindi che alcune forze dell’Opposizione accettino il dialogo proposto da Annan, ma su un punto sembrano tutti concordi: l’uscita di scena di Bashar-al Assad. Sembra un drammatico ’gioco dell’Oca’. Un giro e si ritorna alla partenza.
Intanto, domenica primo aprile, ancora a Istanbul si svolgerà la seconda conferenza deiPaesi ’Amici della Siria’. Circa ottanta, fra Nazioni e Organizzazioni internazionali. Grande assente, anche questa volta, la Russia mentre sarà presente ai lavori il segretario di Stato americano Hillary Clinton. Fra gli scopi del summit, altri aiuti “non militari” ai ribelli siriani. Aiuti, in medicine, cibo e supporto per le comunicazioni che sarebbero quindi indirizzati ai disertori. Anche l’Esercito siriano libero, si era diviso ( a causa di un attrito fra i due leader, il colonnello Riad al Assaad, il primo comandante dell’Esercito libero siriano, e il generaleMustafa Al-Sheikh, l’ufficiale disertore di più alto grado). Ma sabato scorso, un portavoce ha annunciato che si è organizzato di nuovo sotto la guida di un unico ’Consiglio militare’.
Aspettando un altro giro delle pedine sul tavolo, le variabili del gioco aumentano. In Medio Oriente tutto può accadere in un attimo e scompigliare le strategie. O spazzare via le pedine.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/La-Siria-resta-in-attesa/ (riproducibile citando la fonte)
Siria: rivolta o complotto
I ruoli strategici dell’esercito e di un’opposizione ancora divisa decidono il futuro del paese.
’Prima notizia’ sui media del Qatar e di tutta la Stampa del Medio Oriente, la rivolta siriana è invece seguita in Italia con scarsa attenzione se non nei momenti più drammatici: gli attentati con autobombe a Damasco o l’uccisione del giornalista francese, Gilles Jacquier, reporter di France 2, a Homs, in una esplosione nel quartiere alawita di Akrama. Episodi gravi che però non vengono mai analizzati in un quadro d’insieme. Come se la Siria e le sue proteste antigovernative, in atto da dieci mesi, fossero un problema che non ci riguarda,dimenticando la vicinanza geografica con il nostro Paese e gli scenari inquietanti che la rivolta potrebbe creare in tutta l’area del Medio Oriente. Noncuranza quindi o al massimo polemica ideologica fra chi crede nel movimento popolare o chi invece segue il filone del ’complotto’ occidentale appoggiato dalle petro-monarchie del Golfo.
Due i punti importanti a riguardo. Il primo. Se all’inizio delle proteste, a metà marzo del 2011, tale ipotesi – sostenuta subito dalla leadership di Damasco – doveva essere presa in esame, è pur vero che dopo dieci mesi di manifestazioni e repressioni non è più plausibile.Come credere che un apparato di sicurezza e un esercito come quelli siriani con l’aiuto delle milizie irregolari lealiste, non siano riuscite ancora a fermare “le bande di terroristi”?
Siria, l’opposizione si coordina.
“Il dovere dell’Esercito e’ quello di proteggere il popolo”
Il Consiglio nazionale siriano (Cns) il maggiore gruppo d’Opposizione nel Paese, e l’Esercito siriano libero il (FSA) formato da disertori delle forze armate del regime, si sono incontrati per la prima volta in Turchia a Hatay, una provincia ai confini con la Siria. Scopo della riunione, creare una Commissione per monitorare la situazione e coordinare la lotta contro il Presidente Bashar al-Assad. Partite da posizioni differenti, le due parti hanno tuttavia convenuto (ieri 30 novembre 2011) che “il dovere dell’Esercito siriano libero, e’ quello di proteggere il popolo e di non attaccare l’esercito regolare o i sostenitori del regime”. Solo azioni difensive dunque e stop alle azioni di attacco.
La nascita dell’esercito siriano libero (FSA) era stata annunciato il 29 luglio 2011. E’ composto da disertori che hanno abbandonato l’esercito del Presidente Bashar al Assad. Ilquartier generale è in Turchia nella provincia di Hatay, al confine con la Siria, con gruppi che operano in Siria, sia nelle aree urbane che in campagna.
Soprattutto nel nord ovest del Paese( Idlib e Aleppo), nella regione centrale ( Homs, Hama,Rastan) sulla costa intorno a Latakia, a Damasco, e nell’area a sud di Damasco, a Daraa. Difficile stabilire il numero esatto dei componenti. Il leader dell’ Esercito siriano libero,Riyadh al-Asaad, ha dichiarato circa 15mila unità divise in 22 battaglioni operativi. Le forze dell’opposizione siriana non sono unite sul modo di realizzare il cambio di regime.
Il 24 novembre scorso, l’Esercito siriano libero ha invitato i paesi stranieri ad effettuare raid aerei contro ’obiettivi strategici’ del governo siriano, per accelerare il crollo del regime diBashar. Lo stesso giorno, in un’intervista ai media, ha dichiarato che questo presupposto non dà il benvenuto all’ingresso diretto in territorio siriano di truppe straniere ma spera che “la comunità internazionale imponga una non-fly zone”.
La principale organizzazione dell’opposizione siriana, con sede generale sempre in Turchia, il Consiglio Nazionale siriano, si oppone invece all’intervento militare straniero. Il 23 novembre, durante una visita in Francia, il leader del Consiglio, Burhan Ghalioun, ha affermato che “l’Esercito siriano libero deve fare tutto il possibile per evitare scontri militari diretti con le truppe governative, così da impedire che l’intero paese sprofondi del tutto nella guerra civile”.
Ma è già guerra civile in vaste aree del Paese e la probabilità che possa dilagare è sempre più provabile. Anche se non è da escludere un colpo di stato interno. I generali alawuiti (a capo dell’esercito, della sicurezza, dell’intelligence) per ora, sono dalla parte di Bashar. Ma per quanto tempo ancora?
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/siria-lopposizione-si-coordina/ (riproducibile citando la fonte)