Cristiani

Antonio Staglianò, Antonella Appiano, cristiani minoranza nel mondo - UnoMattinaEstate 25 agosto 2014

UnoMattinaEstate: cristiani, minoranza nel mondo?

UnoMattinaEstate: Cristiani, minoranza nel mondo?, puntata dedicata alla situazione dei cristiani in Iraq e alle dichiarazioni del Papa, al gruppo estremista del “Califfato Islamico“. Un approfondimento particolare sull’importanza del “non confondere i gruppi terroristici con l’Islam“. E sulla necessità, oggi più che mai, della convivenza fra le diverse religioni e del dialogo. In studio: Paola Severini – AngeliPress, Antonio Staglianò – Vescovo di Noto, Antonella Appiano – giornalista specializzata in Medio Oriente e Islam, Andrea Colasanti – storico, Shukri Said – portavoce Migrare. Conduce Veronica Maya, un programma di Maurizio Giannotti, Danila Lostumbo, Sonia Petruso.

UnoMattinaEstate – Cristiani, minoranza nel mondo? – 25 agosto 2014

La comunità cristiana in Siria

Richard W. Bulliet, uno dei più autorevoli studiosi statunitensi di storia musulmana, scrive ne ‘La civiltà islamico cristiana‘.  «Dimentichiamo spesso che Islam e  Occidente hanno radici comuni e condividono molta della loro storia. I contrasti non dipendono da differenze essenziali ma da una prolungata ostinazione a non voler riconoscere la parentela che li unisce». E aggiunge : «nel passato, protestanti e cattolici si sono massacrati a vicenda e i cristiani hanno perseguitato e oltraggiato gli ebrei. Eppure oggi le valutazioni di parentele di civiltà che uniscono protestanti, cattolici ed ebrei non risentono di queste pesanti memorie storiche. Non possiamo invece unire l’Islam nel concetto perché  siamo eredi di una tradizione storiografica cristiana costruita volutamente sull’esclusione, sull’immagine dell’Islam come altro come  cattivo».

Qualche data per capire meglio. La regione siriana faceva parte dell’Impero romano e con la disgregazione di questo (395-634 DC) passa sotto il controllo dell’Impero Romano d’Oriente e successivamente entra a par parte dell’Impero Bizantino. E’ in Siria che avviene la conversione di San Paolo,tra il 34 e il 37 DC. Il 20 agosto 636  gli arabi sconfiggono i bizantini sulle rive del fiume Yarmuk  (affluente del fiume Giordano a sud del lago Tiberiade). L’esercito arabo travolge i Sasanidi, si riversa sulla Persia e sulla Mesopotamia bizantina, arrivando alla fine del 639 alle porte dell’Egitto. La Siria è quindi il primo Paese conquistato dai musulmani al di fuori dell’Arabia. Dopo quasi un millennio di dominazione occidentale, entra nell’orbita del mondo arabo, assumendo come riferimenti culturali e religiosi l’Oriente, l’Islam e il mondo semitico.

Muawiya nel 661 fonda il Califfato Omayyade con capitale Damasco che diventerà uno dei maggiori centri culturali del tempo, califfato che durerà fino al 750  quando si trasforma in  Califfato Abbaside (fino al 1258)  con capitale Baghdad. Damasco perde prestigio e la Sira diventa una provincia. XI-XIII Secolo Anche il territorio della Siria si trova ad essere campo di battaglia durante le crociate. 1259 invasione mongola e nel 1401 invasione di Tamerlano che saccheggia Damasco e Aleppo. Dal 1516  al 1918 fa parte dell’Impero ottomano. Nel 1914, l’anno dell’inizio della Prima guerra mondiale, nell’Impero, i cristiani erano circa il 24% della popolazione, e nella zone che oggi chiamiamo, Siria, Libano, Palestina e Giordania, il 30%. Ma la Grande Guerra segna la sconfitta della ‘Sublime Porta’, alleata degli imperi centrali della Germania, Austria e Ungheria che viene spartita dagli Stati vincitori. E non solo. In Medio Oriente nasce un nuovo ordine politico.

Dalla dissoluzione dell’Impero Ottomano sorgono la Turchia moderna, e i primi Stati Nazionali arabi ma sotto forma di  colonia o mandato, creazioni artificiali, dovute a giochi di potere. Un Medio Oriente, insomma, assoggettato a sfere d’influenza della Russia, della Gran Bretagna, della Francia. La divisione venne fatta a tavolino, tradendo l’accordo Husain-McMahon (1915) con il trattato di Sykes-Picot del 1916 e senza tenere conto dei desideri delle popolazioni locali.  Nel 1919 in margine alla Conferenza di Pace di Parigi, il sistema mandatario spartisce la Mezzaluna fertile tra Francia e Gran Bretagna, la Siria è sotto la Francia, la Palestina sotto la gran Bretagna. E la Francia divide la “Grande Siria, in Siria e Libano. I due Stati sono nati rispettivamente nel 1924 e nel 1926. La Siria ottiene l’indipendenza effettiva dalla Francia solo nel 1946. L’anno successivo nascono il partito Nazionale, il partito del Popolo e le prime elezioni politiche sono vinte dai nazionalisti.

A Damasco nasce il Partito Ba’th (Rinascita) basato sull’affermazione del nazionalismo arabo. Dal 1949 al 1954  la Siria vive una forte instabilità politica, con ben 4 colpi di  Stato militari. Il 1956, è l’anno della Nazionalizzazione del Canale di Suez, rotta strategica per i commerci verso e dall’Oriente, da parte del Presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, leader carismatico del nazionalismo arabo. Nello stesso anno iniziò l’influenza degli Stati Uniti in Medio Oriente in senso anticomunista (Guerra Fredda). 1958 Istituzione della Repubblica Araba Unita. RAU, tra Siria e Egitto con capitale Il Cairo fino al 1961 quando il 28 settembre, con un colpo di Stato militare, la Siria si separa. Nel 1963 Colpo di stato di alcuni ufficiali baatisti, fra cui Hafez al- Assad (padre dell’attuale Presidente Bashar) che prendono il potere, sostenuti da altri gruppi di militari. Il nuovo Governo avvia la nazionalizzazione di ogni settore dell’economia. Nasce l’Ufficio della Sicurezza nazionale.

1964 Prima insurrezione anti-regime ad Hama che viene repressa duramente. 1966 Colpo di Stato interno nel Ba’th. Il colonnello al comando dell’aviazione Hafez Assad diventa Ministro della Difesa. 1967 L’esercito siriano è sconfitto  nella guerra dei Sei giorni contro Israele che occupa le alture del Golan. Israele occupa anche il Sinai egiziano, e la Cisgiordania. Nel mese di novembre la risoluzione 242 delle Nazioni Unite richiama Israele al rilascio dei territori occupati. Ancora oggi il Golan è occupato da Israele. 1970,  il 16 novembre, il Ministro della Difesa Hāfiz al-Asad,  con un golpe incruento, assume il ruolo di Presidente con mandato settennale. 1976-1982,  i Fratelli Musulmani attaccano esponenti del partito partito Ba’th. Nel 1979 sono uccisi 32 cadetti alawuiti  dell’Accademia militare di Aleppo. Per rappresaglia e per reprimere la Fratellanza musulmana che rappresenta l’opposizione, Hafez al- Assad fa radere al suolo nel 1982 di Hama (roccaforte dei Fratelli Musulmani). Si parla di 10 mila morti, 20mila morti (il numero non è mai stato accertato con sicurezza).

E’ stabilita la pena di morte per i seguaci del movimento. 2000,  il 10 giugno, Hafez al-Assad muore e il  figlio Bashar al-Assad  diventa il nuovo Presidente della Repubblica siriana. Annuncia riforme nel campo della tecnologia e dell’educazione. Da il via alla privatizzazione delle banche. Scarcera centinaia di Fratelli musulmani. Gli intellettuali incominciano a riunirsi. E’ iniziata la ‘Primavera di Damasco‘. Nel 2001 i comitati per la rinascita  pubblicano  il Manifesto dei Mille del 2001 (che chiedeva l’avvento del pluripartitismo), la leadership di Bashar reagisce con arresti e chiusure.

Nel 2004 a Qamishli, nel nord est della Siria, scoppia una rivolta dei curdi siriani che viene repressa con violenza. Bashar al-Assad rifiuta qualsiasi ipotesi separatista. Nel 2004 gli Stati Uniti impongono sanzioni economiche alla Siria, accusata di supportare il terrorismo internazionale.

Nel settembre 2008, a Damasco si svolge un incontro a quattro, con Francia, Turchia e Qatar, per un piano di pace per il medio Oriente. Durante il summit esplode una bomba nella capitale. La colpa verrà attribuita a militanti islamici. Inverno 2010/2011 Egitto, Tunisia e in misura minore, altri Paesi arabi, sono attraversati da proteste e ribellioni.  Per motivi economico sociali soprattutto. Le difficili condizioni di vita, la disoccupazione,  la maldistribuzione delle ricchezze, la corruzione, la violazione dei diritti umani, il diritto alla libertà di informazione sono tematiche ricorrenti.
Il processo, definito con il nome di ‘Primavera Araba’ per ora non ha portato soluzioni definite ed è ancora in fase di trasformazione in tutti Paesi coinvolti.  2011 (metà marzo), anche in Siria hanno luogo le prime proteste pacifiche a Damasco e a Daraa, dopo l’arresto di alcuni ragazzi che avevano scritto sui muri della scuola slogan anti-regime. I ragazzi vengono liberati ma le manifestazioni continuano. La Polizia spara sulla folle.  Il regime comincia ad accusare ‘bande armate’. Bashar al -Assad  annuncia alcune riforme richieste, fra cui l’abolizione dello stato di emergenza, in vigore da quasi mezzo secolo, e la liberazione di alcuni prigionieri. La protesta non si arresta e si estende a Lattakia, Homs, Baniyas. Manifestazioni a favore di Bashar a Damasco.

Nel Paese su 22 milioni di popolazione, i cristiani sono circa  2 milioni (il 10%)  una comunità di ben  11 Chiese. E sono rappresentati da comunità ortodosse, (per esempio greco-ortodossa di Antiochia, ortodossa siriaca) e cattoliche (rito latino, caldeo, siriaco maronita, melchita e armeno). Dal punto di vista confessionale la maggioranza è musulmana sunnita (72%) . La minoranza di maggior rilievo demografico è quella alawita (circa l’11% della popolazione), un ramo sciita cui appartiene la famiglia di Bashar- al Assad. Molti cristiani erano stati cooptati nel sistema dagli Assad, già dal padre di Bashar,  e i cristiani, in generale hanno sempre sostenuto il regime, sentendosi protetti. Certamente all’inizio delle rivolte le testimonianze delle comunità a favore del regime e quelle che riflettevano il timore di un cambiamento e di una deriva islamista erano tante. Le paure dei cristiani sono state senza dubbio anche alimentate e strumentalizzate dal regime, ma questo fatto non le rendeva meno ‘vere’.

Le rivolte pacifiche represse duramente si sono trasformate in lotta armata e sono degenerate in Guerra Civile, alimentata dall’intervento di potenze straniere, regionali e internazionali e dalla formazione o dall’afflusso di gruppi estremisti di stampo jihadista o al qaedista e da mercenari. Dalla metà marzo del 2011,  dopo più di due anni e mezzo dall’inizio delle rivolte, la Siria vive una nuova fase in cui, i ribelli sono sempre più divisi sia sul campo sia nelle rappresentanze politiche.

E nell’autunno di questo 2013, si è aperto un terzo fronte interno fra le  brigate dell’Esercito Libero Siriano e i gruppi jihadisti. Sul terreno la situazione è in continuo cambiamento. E i cristiani, ma non solo, anche i sunniti e le altre minoranze, sono coinvolte negli scontri tra i militari di Assad e i ribelli dell’opposizione; fra quelli dell’Esercito Siriano libero e i gruppi fondamentalisti. Secondo il quotidiano britannico ‘The Independent’, il 60 per cento dei cristiani siriani si sarebbe stabilito oltreconfine. E i fatti di Maloula, nel sud-ovest della Siria, considerata cuore della cristianità, presa d’assalto dal gruppo Fronte al Nusra, legato ad al Qaida, sono gravi. Fonti Human Rights Watch stimano che almeno 200 persone siano state uccise durante l’assedio. Alawiti e Cristiani, accusati di sostenere il regime di Assad. E’ proprio su questo punto che bisogna fare chiarezza, credo. Le milizie estremiste non rappresentano l’Islam.

Ma è anche importante riflettere su altri fatti. E’ innegabile che la violenza richiami violenza, e che in Siria, ormai si stanno verificando casi di vendetta. Il punto è che i cristiani non sono attaccati in quanto cristiani ma in quanto difensori del regime. Una lettura basata sulla religione è  riduttiva perché la religione ha sempre coperto interessi, potere, tentativi di supremazia politica o territoriale. Basti pensare alle Crociate. La Siria come ho ricordato nelle note storiche è nata ‘forzatamente’ ed è davvero un crogiolo di etnie e religioni. Ma i gruppi fondamentalisti attaccano anche gli sciiti, i sunniti, i drusi. E in ogni caso, va sottolineato che  gli scontri ‘su base settaria’ di oggi non sono state le cause delle rivolte.

Allora, i cristiani sono in pericolo in Siria? E’ innegabile che in questa ultima  fase della guerra siriana le correnti dei ribelli si sono e si stiano estremizzando sempre di più. Le infiltrazioni qaediste sono  in aumento. E queste milizie sono le più forti sul campo e quelle meglio equipaggiate ed armate. Ovvio che se i cristiani si sentivano già in pericolo nel 2011, ora, dopo i fatti recenti di Maaloula e di Sadad, sono impauriti, terrorizzati per il loro futuro in Siria.  I salafiti hanno davvero distrutto chiese, ucciso. Ma nel ‘ragionare’ sui cristiani non bisogna dimenticare i 126mila morti, i profughi di ogni etnia o religione che vivono in condizioni durissime nei campi, al freddo. Non dimentichiamo i morti sotto le bombe dell’Esercito  o sotto i cannoneggiamenti o i colpi dei cecchino. Non dimentichiamo il resto. Non dimentichiamo il passato, anche quello recente. Perché il regime deve sedere al tavolo delle trattative a Ginevra 2, senza dubbio.  Ma non si torna più indietro. Il regime ha davvero favorito la  convivenza pacifica? O sono i siriani che si sentivi uniti? O addirittura -come ipotizzano alcuni analisti- gli Assad  hanno alimentato le paure delle minoranze per mantenere il potere?
Soprattutto non dimentichiamo che la guerra è guerra, per tutti. E che la Siria sta andando a pezzi.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro La comunità cristiana in Siria (riproducibile citando la fonte)

Vedi anche:

 

La fragilità del Libano

Le sfide nel Paese dei Cedri

LA FRAGILITÀ DEL LIBANO

Fra tensioni non risolte, dinamiche regionali, un governo che si basa sulle componenti religiose, disoccupazione in aumento e i rifugiati palestinesi. E le elezioni si avvicinano.

Mi trovavo a Beirut quando è scoppiato il conflitto Gaza-Israele. E la soglia dell’attenzione per ciò che stava accadendo era molto alta. Nei caffé e nei negozi, i televisori erano sintonizzati sulle emittenti satellitari che trasmettevano immagini e notizie 24 ore su 24. E la gente non parlava d’altro. Che cosa succederà? Israele e Hamas firmeranno la tregua? E se invece scoppiasse una guerra regionale? Se Israele occupasse ancora una volta il sud del Libano? Ora che la tregua è stata raggiunta fra Hamas e Israele, l’esercito di Tel Aviv non ha invaso la Striscia e si è ritirato, chiamo dall’Italia, Samira, avvocato quarantenne di Sidone. Non nasconde il sollievo. Ma è consapevole che se l’accordo non si trasforma in un processo di pace, rimane fragile.

Fragile come il suo Paese, il Libano, che confinando con Israele e la Siria, è infatti dal punto di vista geopolitico, ’a rischio’, esposto a continue tensioni e non solo da oggi. Una entità politica chiamata Libano infatti non era mai esistita prima dello smembramento dell’Impero Ottomano seguito alla Prima guerra mondiale. Fu la Francia a tracciare i confini del nuovo Paese, riunendo in una unico Stato un mix di di confessioni religiose: musulmani sunniti e sciiti, cristiani, drusi. Nel 1926 la Francia permise che il Libano (ancora sotto l’influenza francese) si proclamasse Repubblica e adottasse una Costituzione. Ma proprio questa Costituzione conteneva fattori di pericolosa ambiguità che verranno alla luce presto.

Certo gli abitanti del Paese dei Cedri erano arabi per lingua e cultura, ma l’unità era compromessa dagli interessi economici e dalle diverse alleanze delle varie confessioni. Diciotto per la precisione quelle ufficialmente riconosciute (armeni cattolici, armeni ortodossi, alawuiti, Chiesa assira d’oriente, caldei cattolici,copti, drusi, greco-cattolici, greco ortodossi, ismailiti, ebrei, maroniti, protestanti, cattolici romani, sunniti, sciiti, siro-cattolici, sir-ortodossi ). Nel 1926, la maggioranza dei libanesi, era cristiana, circa il 55% seguita dai musulmani sunniti, dai musulmani sciiti e dai drusi. La costituzione, formalizzata in maniera definitiva nel 1943, prevedeva un assetto istituzionale regolamentato dall’appartenenza religiosa. Il Presidente della repubblica, cristiano (in particolare cristiano maronita); il primo ministro, sunnita, il presidente del Parlamento, sciita.

Con gli anni i rapporti di forza delle componenti cambieranno. Ma il Libano continua a esseregovernato dai gruppi religiosi che devono mediare di continuo fra cittadini e Stato. A questa situazione di instabilità strutturale, vanno poi aggiunti altri eventi: la lunga e cruenta guerra civile, dal 1975 al 1990 – provocata dal’intrinseca debolezza della società libanese frammentata e quindi preda di antagonismi – le invasioni israeliane (nel 1978, nel 1982, nel 2006), il continuo ’controllo’ siriano, la presenza sul territorio di circa 500mila rifugiati palestinesi, l’assassinio del Primo ministro Rafiq Hariri nel 2005.

L’attacco a Gaza ha risvegliato i timori in una parte di sciiti libanesi, di un’altra invasione d’Israele, nel sud. Il leader del partito Hezbollahah, Hassan Nasrallah ha già avvisato TelAviv. La risposta ad un eventuale attacco, sarà un lancio di missili. Storicamente poi il Libano è stato sempre connesso con la Siria. E ora guarda con apprensione al conflitto che potrebbe estendersi all’interno dei suoi confini. Al nord, nella zona di Tripoli da mesi sono in atto scontri fra sciiti pro Bashar e sunniti anti Bashar. E se le forze progressiste tifano per cambio di regime in Siria, si percepisce chiaramente nel Paese anche il timore che la Siria diventi un altro anello dell’alleanza Fratellanza Musulmana e Stati Uniti.

In questo quadro s’inseriscono le elezioni politiche previste per la primavera del prossimo anno. Tutti sono in teoria d’accordo nell’affermare che una riforma elettorale sia ormai inevitabile. Ma la via per raggiungere l’obiettivo è piena di ostacoli. Intanto ieri (26 novembre) a Beirut, il Presidente libanese, Michel Suleiman, e il Presidente armeno, Serzh Sarkissian, hanno lanciato un appello per risolvere la crisi siriana tramite canali politici senza interventi militari esterni. Suleiman ha aggiunto che “il Libano continuerà a mantenere una posizione neutrale sui conflitti regionali”.
Vengono in mente alcuni versi della celebre canzone di Fairouz ’Li Beirut’: “Beirut con il suo animo produce vino e sudore, pane e gelsomini con le fatiche dei suoi abitanti. Ma allora perché ha il sapore di fiamme e fumi?”.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro: La fragilità del Libano (riproducibile citando la fonte)