Damasco. Bashar al-Assad

Siria: continuano gli attacchi

Esodo di civili e ancora atti terroristici.Le forze internazionali indecise sul da farsi, controproducente l’aiuto militare ai ribelli. In Italia, polemiche per le dichiarazioni di Terzi.

Ci stiamo abituando ormai” commenta tristemente Fatima che riesco a raggiungere a fatica al telefono. “La Siria sta diventando come l’Iraq. Non abito vicino alla zona in cui è avvenuta l’esplosione (nel quartiere di Mazraa, tra via della Rivoluzione e piazza Shahbandar) ma è stata molto violenta. Un’autobomba, credo. Due forse. Da casa di mia sorella si vede una colonna alta di fumo. Non so il numero dei morti. Dei feriti. So che mi sento distrutta come il mio Paese”.

La linea è disturbata, la voce di Fatima arriva a tratti, affaticata. Secondo la Tv di stato, il bilancio è di almeno una trentina di vittime e oltre 200 feriti. Secondo altre fonti il numero è più alto. È certo comunque, come commenta il New York Times , che gli attacchi jihadisti e gli attentati nella capitale si sono intensificati. I ribelli stanno conquistando terreno. E Damasco è stata colpita da una serie di deflagrazioni a catena, in diversi quartieri centrali e periferici, fra cui Baramkeh, Barzeh. Mentre due giorni fa (19 di febbraio) alcuni colpi di mortaio hanno colpito il muro di cinta di uno dei Palazzi presidenziali, il Qasr Tishrin (Palazzo di Ottobre), nel quartiere di Malki, a nord-ovest di Damasco. Non si tratta del Palazzo residenziale del presidente Bashar al -Assad (situato nell’area di Mezze) ma l’attacco è comunque significativo. Perché la zona è controllata e fortificata. La notizia trasmessa dalla tv al Arabiyya è stata confermata dall’agenzia ufficiale Sana.Un bollettino di guerra impressionante. Che si aggrava di giorno in giorno. Più di 400.000 Siriani (ufficialmente registrati) sono usciti dal Paese cercando asilo nei Paesi vicini, Turchia, Libano, Giordania. Fonti delle Nazioni Unite denunciano 2 milioni e mezzo di siriani in gravi difficoltà all’interno del Paese e più di un milione di “emigrati” interni, che hanno dovuto lasciare le case,e rifugiarsi in altre zone della Siria.

L’espressione ‘accordo politico‘ risuona da tempo come una beffa. Anche se la Coalizione nazionale siriana, riunita oggi (21 febbraio) al Cairo, dichiara di voler trattare con il regime per far cessare la guerra in Siria. I lavori proseguiranno anche domani. L’ultimo comunicato della Coalizione (con a capo lo Shaykh Moaz al-Khatib) che pur frammentata, rappresenta il principale movimento di Opposizione siriana, precisa però che “ Bashar al Assad dovrà dimettersi prima che inizi il dialogo”.

Polemiche intanto in Italia per le dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera dal Ministro degli Esteri Giulio Terzi, riguardo la necessità di fornire maggiori aiuti militari ai ribelli. La Farnesina infatti ha affermato che il titolo di oggi del Corriere della Sera “Più aiuti militari ai ribelli siriani. Italia in prima fila, lo dirò’ a Kerry” “distorce” il senso della comunicazione del Ministro. “Lo dirò a Kerry” perché proprio a Roma, giovedì prossimo, si terrà un vertice (l’ennesimo) sulla crisi siriana. Undici Paesi. Fra cui appunto gli Stati Uniti, rappresentati dal Segretario di Stato John Kerry.

Aumentare gli aiuti militari non sembra una buona idea. Il livello della violenza è già fin troppo alto. Vogliamo aggravare la guerra civile? Non sarebbe più opportuno che l’Italia s’impegnasse a favorire i negoziati di pace della Coalizione? L’impressione è che le varie forze in gioco agiscano per conto proprio, seguendo interessi diversi, senza un coordinamento. E senza pensare alla prima vittima di questa guerra: il popolo siriano.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro: Siria continuano gli attacchi nei luoghi istituzionali e non (riproducibile citando la fonte)

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“Ci stiamo abituando a vivere senza sapere che cosa accadrà domani. Il sentimento più forte: la tristezza”

 

Non lo scriveremo mai abbastanza. Per onestà e chiarezza. Siamo sommersi ogni giorno da video, fotografie, tweet, nuovi account Facebook che contengono informazioni quasi sempre impossibili da accertare. Le nuove guerre, le nuove rivoluzioni oggi si combattono anche così, a colpi di Tweet. Un cambiamento che abbiamo potuto seguire bene durante l’Offensiva israeliana Pillar of Cloud, a Gaza, come analizzano in maniera documentata, Veronica Orrù e Matteo Castellani Tarabini. Ma Social Media a parte, esistono ancora quelli che un reporter dovrebbe sempre avere e tenere attivi: i contatti. Le relazioni nate sul posto, con persone di cui si conosce l’identità. Collegamenti che a volte si rallentano ma che sono facilitati proprio dai Nuovi Media, come scrive Augusto Valeriani in ’Twitter Factor’ “molti reporter della vecchia guardia sono scettici eppure anche in Pakistan, Afghanistan alcuni politici e guerriglieri sono presenti sul web”. Un caso interessante riportato sempre da Orrù e Castellani, è l’account Twitter @AlqassamBrigade, del braccio militare di Hamas. E ci sono skype e la posta elettronica. Proprio ieri ho ricevuto via e-mail una testimonianza da Damasco. Conosco la persona da tempo, anche se da agosto non aveva più risposto alle mie lettere. Ma, nonostante questo, non sono a Damasco ora, non posso accertare di persona. Credo nel Web.2.0 ma anche all’importanza di essere sul posto. Un reporter può farsi aiutare dalla rete ma non esserne sostituito.

Quindi riporto la testimonianza di Ridha (nome di fantasia), consapevole che è una testimonianza che non ho raccolto guardandolo negli occhi. E che è una testimonianza che esprime l’opinione di una persona, non di tutti i siriani. Ho promesso di mantenere l’anonimato e quindi non riporterò né la sua età né la professione. Solo che è musulmano sunnita e vive a Damasco Scrive.

Ci stiamo abituando a vivere senza sapere che cosa accadrà domani. Il sentimento più forte: la tristezza. La mia famiglia ormai è divisa. Due fratelli si trovano a Dubai. Una sorella in Giordania con la famiglia. I miei genitori sono troppo anziani, non vogliono lasciare il Paese e io rimango con loro. Ricordi quando ti dicevo che la guerra non sarebbe mai arrivata a Damasco? L’ultima volta che ci siamo visti, a luglio, siamo ancora andati a bere il caffè nella città vecchia. Ma ora, dopo l’attentato a Bab Tuma, non mi sento più sicuro neppure lì. Alla sera, dopo le 8, la città è deserta. Nessuno per le strade. Non passa un taxi. In certi quartieri la gente continua a vivere normalmente. O si sforza di farlo. Gli uffici sono aperti, le scuole anche. Dobbiamo convivere con i colpi di cannone, le sparatorie, i posti di blocco. Sai che, a costo di apparire vigliacco, non mi sono mai schierato. Né da una parte né dall’altra. Guardavo i rifugiati che arrivavano qui, nella capitale, dalle altre parti del paese con compassione. Li riconoscevi, avevano un’aria sperduta. Come guardavo i profughi iracheni. E ti dicevo:”Mai come loro”:
Adesso sono io ad essere sperduto. Quando sono in auto, in colonna, perché la circolazione è rallentata dai posti di blocco, quando le vie d’accesso alla città sono chiuse dai carri armati. Così come certe vie del centro. Quando passo davanti a un’auto e ho paura che esploderà. Quando vedo le barriere di filo spinato e sacchetti di sabbia. E penso: è guerra.
Stanno costruendo un muro intorno all’area residenziale di Al Malki
(dove vive il Presidente Bashar al- Assad ndr). Per proteggerla dagli attentati? Non so. Oggi (ieri 28 novembre ndr)avrai letto, del doppio attentato dinamitardo nel quartiere di Jaramana, che conosci bene (alla periferia sud-est, abitata soprattutto da drusi e cristiani ma anche da musulmani e iracheni ndr). Non ho notizie precise però, solo quelle della tv di Stato. Quanti morti.
Parliamo tanto fra noi. Parliamo in famiglia, con gli amici. Della Nuova Coalizione nata a Doha.Di uomini d’affari, politici, anche guerriglieri. Un gruppo eterogeneo certo. Sappiamo che la Coalizione è sostenuta dalle monarchie del Golfo, dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Turchia. Conoscevo l’Imam Moaz al Khatib. Se chiudo gli occhi lo rivedo ancora nella moschea degli Omayyadi mentre guidava la preghiera. Meglio lui di Ghalium… almeno non è una persona che vive all’estero da anni. Ma saprà davvero relazionarsi con le forze in campo? Il movimento di opposizione sta crescendo. Per forza, altrimenti sarebbe possibile questo combattimento continuo? Gli oppositori hanno preso l’aeroporto militare di Marj al-Sultan e l’esercito siriano ha bombardato quartieri alla periferia di Damasco: Kadam, Tadamone. Il centro storico non è stato ancora colpito ma se s’infiltreranno quelli dell’Esercito libero? Le milizie private armate aumentano, in una confusione che non so descriverti. Certo ormai non si torna più indietro. C’è stata una frattura fra i cittadini e chi è al potere. Troppa violenza, troppo dolore. Ma non ti nascondo che siamo anche in tanti ad avere paura di un futuro che non appare rassicurante. Di questa rivolta che non sembra offrire garanzie. Ho incontrato persone piene di ideali fra gli oppositori ma anche gente violenta e vendicativa. Se la maggioranza degli omicidi e dei gesti criminali è stata compiuta dalle forze di sicurezza, sappiamo tutti (abbiamo testimonianze dirette) che gli stessi episodi stanno aumentando contro i militari e anche i civili sospettati (a torto o a ragione) di essere dalla parte del regime. I giornalisti siriani, per esempio. E’ civile uccidere un giornalista? Perché nessuno in Occidente ha cercato veramente una soluzione politica? Perché questo strazio? I mie genitori sono anziani e non vogliono lasciare Damasco. Resto con loro. Che Dio ci protegga
”.

Poche ore fa Le Monde’, ’AFP’ e ’Reuters’, tra gli altri, hanno annunciato l’interruzione delle comunicazioni in alcune regioni della Siria su segnalazione di alcuni ribelli. Sarà una delle ultime mail ricevute da Damasco?

di Antonella Appiano Un giorno qualunque a Damasco
In esclusiva per Lindro Riproducibile citando la fonte

Radio3 Mondo – intervista ad Antonella Appiano

Radio3 MONDO

Rivoluzione in Siria

Nel cuore della rivoluzione siriana.

False identita’ per partecipare alle manifestazioni e poter toccare con mano le violenze perpetrate dall’esercito contro i manifestanti che si oppongono a Bashar al-Assad. Nascondersi sotto il niqab per raccontare quello che avviene nelle strade siriane, dove per ordine del regime sono state uccise circa 3.000 persone da quando la rivoluzione e’ iniziata. Qual e’ la natura della sollevazione popolare siriana che finora ha dimostrato una grande maturita’ nonostante non sia ancora riuscita ad avere la meglio sul regime?  Il documento approvato dai 22 ministri degli esteri della Lega, accettato dalle autorità di Damasco che prevede la fine delle violenze e della repressione, la liberazione dei detenuti politici, l’evacuazione dei centri abitati dai carri armati e l’apertura del Paese agli osservatori della Lega araba e ai media arabi e internazionali potrebbe impedire la caduta del paese nella guerra civile? Anna Maria Giordano ne parla con Antonella Appiano giornalista esperta di Medio Oriente che ha seguito per quattro mesi da Damasco la rivoluzione contro il regime, autrice di “Clandestina a Damasco”.

Intervista ad_Antonella Appiano

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