Farouk al-Sharaa

Medio Oriente: un 2012 di conflitti

Cambiamenti, speranze, violenze, caos

La Siria e una guerra civile sempre più cruenta. Egitto, Tunisia e Libia: rivoluzioni tradite?

 

A picture taken on July 23, 2012 shows a portrait of Syrian President Bashar al-Assad burning during clashes between rebels and Syrian troops in the city center of Selehattin, near Aleppo. Syrian rebels "liberated" several districts of the northern city of Aleppo on Monday, a Free Syrian Army spokesman in the country's commercial hub said.  AFP PHOTO / BULENT KILIC

L’Indro – AFP PHOTO / BULENT KILIC

Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussenafferma: ”Abbiamo la conferma di nuovi lanci di missili Scud in Siria, testimonianza di un regime disperato vicino al collasso”. Ma il vice presidente siriano Farouk al-Sharaa ha dichiarato qualche giorno fa al giornale libanese ‘Al Akhbar’, che “sul terreno non possono vincere né ribelli né il governo ed è necessaria una soluzione politica”. A una soluzione politica si è appellato anche il Presidente della Commissione d’inchiesta Onu sulla Siria, Paulo Sergio Pinheiro, presentandoi risultati del rapporto a Bruxelles: “Non esiste una soluzione militare al conflitto in Siria. La fine del conflitto non è vicina se le forze in campo continuerannoad affrontarsi con le armi”. Parole che risuonano a vuoto. E sembrano una beffa tragica perché in Siria si muore e “la violenza ha raggiunto picchi di crudeltà elevatissimi con crudeltà incredibili da entrambe le parti in lotta” come ha denunciato ancora Carla Del Ponte, ex procuratore generaledel Tribunale per la ex Jugoslavia (Tpi), oranella commissione d’inchiesta Onu per la Siria. La tanto invocata soluzione politica appare un miraggio. Dopo mesi di fallimenti, pochi giorni fa è saltato infatti anche il verticetra il premier turco Erdogan e il presidente iraniano Ahmadinejad come riferisce ‘Russia Today’. Turchia e Iran.Due attori protagonisti sulla scena siriana.

La Turchia appoggia la guerriglia mentre l’Iran continua a sostenere il presidente siriano Bashar Assade accusa addirittura la Nato di avere messo le basi per una terza guerra mondiale schierando i Patriot in Turchia.

Intanto Putin ha ribadito la contrarietà della Russia a qualsiasi cambiamento che preveda l’uso delle armi oa un ripetersi di uno scenario libico. I rumors sono tanti.I fatti accertati sul campo pochi.

Secondo una inchiesta del ‘New York Times’, i gruppi jihadisti (fra cui il Fronte al-Nusra dichiarato dagli Usa, il 20 novembre scorso, una organizzazione terroristica internazionale) sono ben equipaggiati e i più operativi nei combattimenti contro le forze lealiste. Tanto da aver messo in secondo piano l’Esercito siriano libero (composto dai disertori che per primi,si sono schierati con le armi, appoggiati dalla Turchia, contro il regime).

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In esclusiva per L’indro. Riproducibile citando la fonte.

Il “niet” di Mosca sulla Siria

Attesa per la decisione del Consiglio di Sicurezza.
Una soluzione è l’unica, urgente alternativa a una guerra civile sempre più cruenta ed imprevedibile.


Questa volta, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu potrebbe davvero rivelarsi risolutivo per la Siria, un Paese stremato da 11 mesi di rivolte, ormai in piena guerra civile, i combattimenti estesi fino ai sobborghi orientali di Damasco, la crisi economica sempre più grave. Il veto di Mosca cadrà di fronte a una risoluzione con una clausola chiara sul fatto che non “sarà fatto ricorso all’intervento militare straniero? Per ora infatti la bozza si limita a non citare interventi militari. E’ una sottile differenza, ma fondamentale in termini strategici e diplomatici.

Dalla Russia sono arrivati accenni di apertura. L’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin, ha assicurato al Consiglio di sicurezza che un accordo sulla Siria “è non solo necessario ma possibile. Sull’altro fronte anche il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton,ha garantito ’uno sforzo congiunto’ per arrivare a un accordo e “lanciare un messaggio ad Assad e al suo regime”.

La proposta dell’Onu chiede in sostanza che Bashar al Assad ceda il potere al suo vice presidente. Primo passo per un piano di transizione e un dialogo con l’Opposizione. La sigla più rappresentativa, il Consiglio Nazionale siriano (CNS) ha infatti escluso ogni trattativa con Bashar. Tornando alla Russia, lo stesso vice-presidente siriano, Farouk al-Sharaa, il 16 dicembre scorso, secondo fonti del Cremlino, era stato invitato a Mosca per “un colloquio molto serio“.

Mosca sta giocando un’altra partita dietro le quinte? Certo il legame con lo stato di Assad ha radici antiche, ma alla Russia preme soprattutto tutelare gli interessi economici e strategici e la Siria rappresenta l’unico suo sbocco nel Mediterraneo. Però, la potenza euroasiatica potrebbe anche aver ricevuto garanzie sufficienti ad abbandonare un regime ormai agli sgoccioli.