guerra civile

Siria: le domande da porsi

La soluzione politica è ancora l’unica strada da percorrere.

Ultimatum, ieri sera dei ribelli siriani alla leadership del Presidente Bashar al Assad: cessare la repressione e rispettare i sei punti del piano dell’inviato Onu Kofi Annan. Intanto, il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito e la Russia e la Cina hanno ribadito l’opposizione ad un intervento militare. Intervento che, invece, gli Stati Uniti non escludono.

Da mesi, sin dall’inizio delle rivolte, affermo che in Siria si sta combattendo anche una ’guerra mediatica’. E la recente strage di Houla, in cui sono state uccise in maniera spietata 108 persone, conferma che i media possono essere usati come armi. Con effetti molto pericolosi. La posta in gioco è alta perché l’infowar potrebbe scatenare una guerra in tutta l’area medio-orientale interessata, coinvolgendo l’Iran e il Libano. Le parole hanno il potere di creare realtà e andrebbero usate con onestà e con cautela.

Sappiamo che a Houla sono morte più di cento persone, delle quali molti erano bambini, ma non sappiamo con certezza chi li ha uccisi. Lo stesso Robert Modd, a capo dei Caschi blu, ha dichiarato che “le circostanze che hanno portato a queste tragiche morti sono ancora poco chiare”. Nessuna fonte indipendente a testimoniare. Succede purtroppo: quindi bisognerebbe citare, per correttezza, le versioni delle due parti in causa. In questo caso, il Governo siriano e l’opposizione. E troppo spesso sono state riportate solo le parole dell’opposizione che ha attribuito la strage alle forze governative. I comunicati delle autorità di Damasco, nei quali la leadership nega ogni responsabilità, sono stati invece ignorati.

Dubbi. E’ doveroso porseli in assenza di prove. E tutto ormai è possibile in questa terribile escalation di violenza in un Paese dove agiscono molti attori: quelli che stanno dalla parte del Governo, l’opposizione armata, ed elementi terroristici che utilizzano i sistemi ’tipici’ di Al Qaida.

Sono entrata in Siria subito dopo le elezioni e l’attentato a Damasco del 10 di maggio. E ho scritto e riportato solo ciò che ho visto. Non è stato molto. Ma ho riportato fatti e non opinioni. Ho avuto dubbi, mi sono posta domande. Domande che continuo a farmi.

La prima. Che interesse possono aver avuto le autorità di Damasco, in un momento così delicato del Piano Annan – con gli occhi del mondo puntati addosso e gli osservatori dell’Onu presenti sul territorio – a compiere il massacro di Houla? Quali i vantaggi strategici?

La seconda. La dinamica, non chiara appunto. Le vittime, secondo i rapporti, sono state uccise da coltellate, colpi di arma da fuoco sparati a distanza ravvicinata, o schegge di granata. Non sembra affatto l’attacco di un esercito regolare. Certo, responsabile potrebbe essere stata una fazione di ’ultra lealisti’ o di milizie sulle quali il Governo non ha più il controllo. Ma anche gruppi di jihadisti che sappiamo presenti in Siria (lo stesso Kofi Annan lo ha dichiarato) e che hanno già compiuto attentati.

La terza. Le modalità della strage, ricordano quelle dei blitz, degli attentati e delle esecuzioni sommarie della lunga guerra civile algerina.

Infine. La strage di Houla rischia di diventare l’episodio scatenante per l’intervento bellico internazionale chiesto da tempo dal Qatar, dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. Una strage terribile che scuote emotivamente il mondo e crea il consenso per un’azione armata. E’ già successo, appena l’anno scorso in Libia, con la notizia – che si è poi rivelata infondata – di fosse comuni e stupri di massa compiuti dall’esercito di GheddafiO, nel passato, per esempio in ex Jogoslavia, nel 1999, quando la scoperta delle fosse comuni di Racak, provocarono l’intervento della Nato in Kosovo. E si trattava invece di un luogo dove erano stati raccolti cadaveri, poi colpiti – post mortem – alla nuca.

Un intervento militare internazionale non è da escludere – come dicono in molti – per proteggere gli interessi geopolitici a scapito della popolazione. E’ da scartare proprio per proteggerla. Per evitare che un’altra ’Operazione Unified Protector’, distrugga il Paese.

Sappiamo che la violenza porterà altra violenza, e che col passare del tempo, il piano Annan, ha sempre meno speranze di vittoria. Ma solo una soluzione politica è in grado di evitare aisiriani altro dolore. La Russia, la Cina e l’Iran, alleati storici, dovrebbero ora, aiutare la Siria, concretamente. Non solo attraverso veti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ma proponendo soluzioni alternative realistiche e attuabili. Lo faranno?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Siria-Le-domande-da-porsi/ (riproducibile citando la fonte)

Update:

Siria: Merkel e Putin spingono per la soluzione politica.

Il bivio siriano.

Da un lato l’appoggio di Russia, Cina e Iran, dall’altro l’inasprimento delle posizioni americane. Intanto il Paese continua ad essere teatro di violenze.

La Siria a un bivio? E’ destinata a diventate terra di scontro fra lo schieramento arabo-statunitense e quello russo-iraniano? Oppure stiamo assistendo solo ad ’una prova di forza’ delle vecchie superpotenze? Secondo fonti della Cnn, il Pentagono ha preso in esame l’ipotesi di un intervento militare contro la Siria. L’Unione Europea si è dissociata, ribadendo, ancora una volta, che la ’Siria non è la Libia’.

Settimana internazionale. La Siria e l’incubo della guerra civile

La Siria e l’incubo guerra civile.
Intervengono: Antonella Appiano (Corrispondente dal Medio Oriente per L’Indro), Alberto Negri (Inviato speciale del Sole 24Ore), Annalisa Rapanà (Giornalista Area internazionale ANSA).
Conduce in studio Francesco De Leo (Direttore di grandemedioriente.it)

Altri formati disponibili:

Siria, l’opposizione si coordina.

“Il dovere dell’Esercito e’ quello di proteggere il popolo”

Il Consiglio nazionale siriano (Cns) il maggiore gruppo d’Opposizione nel Paese, e l’Esercito siriano libero il (FSA) formato da disertori delle forze armate del regime, si sono incontrati per la prima volta in Turchia a Hatay, una provincia ai confini con la Siria. Scopo della riunione, creare una Commissione per monitorare la situazione e coordinare la lotta contro il Presidente Bashar al-Assad. Partite da posizioni differenti, le due parti hanno tuttavia convenuto (ieri 30 novembre 2011) che “il dovere dell’Esercito siriano libero, e’ quello di proteggere il popolo e di non attaccare l’esercito regolare o i sostenitori del regime”. Solo azioni difensive dunque e stop alle azioni di attacco.

La nascita dell’esercito siriano libero (FSA) era stata annunciato il 29 luglio 2011. E’ composto da disertori che hanno abbandonato l’esercito del Presidente Bashar al Assad. Ilquartier generale è in Turchia nella provincia di Hatay, al confine con la Siria, con gruppi che operano in Siria, sia nelle aree urbane che in campagna.

Soprattutto nel nord ovest del Paese( Idlib e Aleppo), nella regione centrale ( Homs, Hama,Rastan) sulla costa intorno a Latakia, a Damasco, e nell’area a sud di Damasco, a Daraa. Difficile stabilire il numero esatto dei componenti. Il leader dell’ Esercito siriano libero,Riyadh al-Asaad, ha dichiarato circa 15mila unità divise in 22 battaglioni operativi. Le forze dell’opposizione siriana non sono unite sul modo di realizzare il cambio di regime.

Il 24 novembre scorso, l’Esercito siriano libero ha invitato i paesi stranieri ad effettuare raid aerei contro ’obiettivi strategici’ del governo siriano, per accelerare il crollo del regime diBashar. Lo stesso giorno, in un’intervista ai media, ha dichiarato che questo presupposto non dà il benvenuto all’ingresso diretto in territorio siriano di truppe straniere ma spera che “la comunità internazionale imponga una non-fly zone.

La principale organizzazione dell’opposizione siriana, con sede generale sempre in Turchia, il Consiglio Nazionale siriano, si oppone invece all’intervento militare straniero. Il 23 novembre, durante una visita in Francia, il leader del Consiglio, Burhan Ghalioun, ha affermato che “lEsercito siriano libero deve fare tutto il possibile per evitare scontri militari diretti con le truppe governative, così da impedire che l’intero paese sprofondi del tutto nella guerra civile”.

Ma è già guerra civile in vaste aree del Paese e la probabilità che possa dilagare è sempre più provabile. Anche se non è da escludere un colpo di stato interno. I generali alawuiti (a capo dell’esercito, della sicurezza, dell’intelligence) per ora, sono dalla parte di Bashar. Ma per quanto tempo ancora?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/siria-lopposizione-si-coordina/ (riproducibile citando la fonte)

“Quando la clandestina è presenzialista”. Su Yalla Italia

Antonella Appiano:quando la clandestina è presenzialista

di Martino Pillitteri.

Inizio con le cose ovvie. Se avete un’infatuazione per la Siria; se vi appassiona la sua storia, l’architettura, la produzione culturale; se vi stimola il suo modello di convivenza multi confessionale; se siete inappagati dai pipponi antropologici/sociologici/accademici sulle contraddizioni della società siriana; se preferite un narghilé ad Aleppo invece di un tramonto in Tanzania e vi chiedete cosa ci sia di moderno nella città più antica del mondo, allora,Clandestina a Damasco di Antonella Appaiano, vi appassionerà.

In quattro mesi di permanenza in Siria, l’autrice ha raccontato un momento critico del paese e le aspettative dei siriani mai in modo scontato e senza cadere nella retorica mediatica occidentale ossessionata dai cliché sulle donne arabe e promotrice di rappresentazioni parziali e di interesse.
L’imprinting del libro è caratterizzato da un piacevole e scorrevole mix tra lo stile di un Woody Allen serio alle prese con la psiche dei siriani e la vena da reportage a 360 gradi che contraddistingue la penna del grande Ryszard Kapuściński.

Ora passo al pippone. Fare giornalismo non implica solo trasmettere informazioni corrette e verificate da fonti indipendenti. La scuola Appiano conferma che la professione del giornalista comporta anche la capacità di creare negli altri il senso di un’esperienza.
Dati a go go e notizie riportate da destra e manca non rendono necessariamente esaustiva una produzione editoriale sulla primavera araba.
Piuttosto, maggiore è l’informazione, maggiore è il bisogno di una comunicazione efficace che sappia mettere gli avvenenti attuali nel loro contesto storico-culturale, che sia in grado di distinguere azione da ciò che è reazione, risposta da ciò che è iniziativa.

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Lega araba in Siria per mediare

Tra le manifestazioni proregime, una delegazione guidata dal Qatar arriva a Damasco per avviare il dialogo.

 

Abbiamo paura di una guerra civile”. Me lo hanno detto tanti siriani durante i 4 mesi passati nel Paese, dall’inizio delle rivolte, a metà marzo. Me lo ripetevano cristiani ma anche musulmani sunniti. Sciiti, alawuiti. Profughi iracheni. Palestinesi. A ottobre, il primo allarme è arrivato da Homs. Tensione e vendette fra sostenitori del Presidente Bashar al Assad e oppositori. La città divisa, barricate fra i quartieri.

La Babele di Homs

La città epicentro delle rivolte ospita comunità religiose contrapposte fra loro. Aumentano le testimonianze di violenze e rappresaglie.

La moschea di Khalid b. al-Walid a Homs

Ci sono rappresaglie, omicidi. Armi. Ho paura.” Sono le uniche parole che mi scrive Ammer, pochi giorni fa. Non riesco più ad avere notizie. Ammer vive a Homs, da mesi epicentro delle rivolte siriane.

Già a fine luglio, la cellula di oppositori con cui avevo avuto contatti a Damasco, aveva dichiarato che “una parte dei manifestanti si stava armando, proprio a Homs e Deir-ez-Zor”. La testimonianza di Ammer e quella di un coraggioso giornalista del New York Times(anonimo per ragioni di sicurezza) confermano che la situazione in Siria, almeno adHoms, sta peggiorando.

Alla dura repressione della Leadership di Damasco, ora i manifestanti stanno rispondendo con rappresaglie, colpendo collaborazionisti e esponenti filo-regime. E’ stato ucciso un medico che, secondo gli attivisti, consegnava i feriti ai mukhabarat (i servizi segreti siriani). Ci sono barricate fra quartiere e quartiere.

Ad Homs (terza città siriana situata al centro del Paese, sulla direttrice Aleppo-Damasco) vivono sunniti, cristiani e alawuiti (ramo della galassia musulmana sciita a cui appartiene la famiglia degli Assad). Da un’amica originaria di Homs, che ora vive negli Emirati Arabi, arrivano altre dichiarazioni. “ In città ci sono scontri fra alawuiti e sunniti ma anche frasunniti pro e sunniti contro Bashar”.

Originario di Homs è anche Burhan Ghalioun, sociologo e docente alla Sorbona di Parigi (già indicato ad agosto capo di un Consiglio di transizione mai nato) che, da domenica 2 ottobre, ’anima’ il neonato Consiglio Nazionale siriano. Il Consiglio, a quanto pare, è riuscito a riunire numerose correnti del dissenso siriano, in Patria e all’estero, e a farsi riconoscere anche dai Comitati locali di Coordinamento, la piattaforma che raccoglie gran parte dei ’manifestanti di strada’. Al Consiglio hanno aderito anche rappresentanti dei Fratelli Musulmani, e membri dell’Annuncio di Damasco (dissidenti laici), ma non i rappresentanti del Comitato Centrale per il Cambiamento democratico (Cccp) il gruppo creato, a metà settembre, da alcuni dissidenti storici in patria, fra cui spiccano personalità come Michel KiloAref DalilahIl nuovo Consiglio riuscirà a riunire davvero le varie correnti e a proporre una soluzione politica concreta e unitaria?

Intanto in un clima di tensioni, accuse, smentite, news che si diffondono attraverso il web, prima di essere verificate, è venuto alla luce il caso di Zeinab al Hosni, la 18ennee, diventata un simbolo della rivolta siriana contro il presidente Bashar al Assad . Secondo un rapporto di Amnesty International, infatti, Zeinab era stata torturata e uccisa dagli agenti di sicurezza in modo barbaro dopo essere stata arrestata, a luglio, per spingere suo fratello,Mohammed Dib, un attivista, a costituirsiLa ragazza è invece apparsa sugli schermi della Tv siriana e rappresentanti dell’ufficio libanese di Human Rights Watch (HRW), dopo aver parlato con la madre di Zeinab che ne ha confermato l’identità, hanno smentito la notizia.

Il regime aveva sempre negato il fatto, e ieri (5 ottobre) ha ottenuto anche una vittoria diplomatica grazie alla Russia e alla Cina che hanno posto il veto a una risoluzione contro la Siria presentata da alcuni paesi europei al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Damasco esulta ma i problemi restano. E la crisi siriana non sembra trovare la via per una risoluzione pacifica.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/La-babele-di-Homs (riproducibile citando la fonte)