hijab

velata & velina - pat carra - JOBTalk ilSole24Ore

Ancora il velo islamico?

Spesso scrivo sulla pagina Fb che la gente mi chiede in continuazione se, quando vado nei paesi arabi, devo velarmi. Cerco di spiegare con calma e gentilezza. Ma la “questione del velo islamico” continua ad attrarre, direi morbosamente. Le amiche musulmane che indossano l’hijab (il fazzoletto che copre solo i capelli) sono spesso oggetto di diffidenza. Amina confessa: “il Portiere continua a chiedermi, perché non lo togli?”.

Tv2000 – Nel cuore dei giorni – Presentazione di “Clandestina a Damasco”.

Donatello Vaccarelli intervista la giornalista Antonella Appiano. A “Nel cuore dei giorni” il suo racconto esclusivo di giornalista che è rimasta in Siria per quattro mesi, dai primi di marzo alla fine di maggio 2011, e ci è ritornata in luglio, sempre da «clandestina». Dagli inizi di novembre è in libreria il suo libro “Clandestina a Damasco. Cronache da un Paese sull’orlo della guerra” (Castelvecchi RX).

Il link al programma “Nel cuore dei giorni”

Reportage o no? Sulla Siria gli occhi di una giornalista clandestina.

da l’Unità.it

di Ella Baffoni.

Andare, guardare, capire, riferire. Le regole del giornalismo, in sintesi sono queste. Il fatto è che questo mestiere è molto cambiato – non so se in meglio – in questi anni. Un esempio ne dà il libro di Antonella Appiano “Clandestina a Damasco” (Castelvecchi, 124 pgg, 12.50 euro). Esperta di Medio oriente, Appiano ha fatto quel che avrebbe fatto un giornalista dell’altro secolo.

Melting Pot

Il Sham City Centre di Damasco

Ieri, sul taxi per andare al centro commerciale “Sham City Centre”,  incrociavo autobus strapieni di siriani. Donne con l’abaya, ragazze con l’hijab e altre con i capelli al vento, uomini con la kefiah e altri vestiti all’occidentale. La stessa mescolanza nel lussuoso Sham City Center, nella città nuova. Mi ha colpito, come sempre, vedere donne con il niqab mentre comperavano la stessa biancheria o gli abiti per bambini, in mostra nelle vetrine di Milano.
Nel ristorante panoramico sul tetto, mamme con l’abaya e il velo nero insieme alle figlie in jeans e maglioncino…
In nessuna città araba ho mai visto, come a Damasco, un melting pot di stili così diversi. E nella città vecchia, nei caffè della via “Dritta” che parte che Bab Sharqi, o in via Bab Tuma, s’incontrano sempre gruppetti di amiche musulmane con l’hijab e cristiane in minigonna. Fumano harghile, bevono thé, mangiano kebbeh e hummus, si scambiano il rossetto, ridono, chiacchierano fitto fitto. Perché a Damasco culture e religioni diverse hanno convissuto per 15 secoli di storia. E continuano a farlo.

In nessun’altra città araba a prevalenza musulmana, il tramonto e la notte sono illuminati dal verde delle mezze lune delle moschee e dal giallo delle croci delle chiese cristiane. Mi affascina la domenica ascoltare il suono delle campane e il richiamo del muezzin. E sorrido quando penso che in Italia molta gente mi chiede se in Siria “è possibile costruire chiese”. Nel Paese, i cristiani rappresentano il 12% della popolazione e sono divisi in ben 11 confessioni.
Le elenco, secondo il numero dei fedeli: greco-ortodossa, armena-ortodossa, greca cattolica, siriaca ortodossa, armena cattolica, siriaca cattolica, maronita, protestante, latina, nestorina e assiro-caldea.
Alcune non le conosco, lo confesso. Incuriosita, mi sono ripromessa di andare ad assistere alla messa. Prima tappa, domenica prossima, la chiesa della comunità siro-ortodossa, in via Bab Tuma.

Ma che c’entra il velo con il lavoro? Eccome se c’entra… provate a presentarvi a un colloquio con l’hijab

Velate o svelate? Il velo è un problema complesso al centro di un vivace dibattito non solo in Europa ma anche nel mondo musulmano.
In Italia, oggetto di polemiche e confusione. C’è, infatti, una gran differenza fra il niqab (velo integrale che lascia scoperti gli occhi), il burqa (mantello  afghano che copre testa, viso e corpo, con una retina davanti agli occhi) e l’hijab (semplice foulard che nasconde solo capelli e collo lasciando scoperto il viso). Confusione alimentata anche dai nostri media.  Anche stamattina molto quotidiani nazionali titolavano “No al Burqa”.
In realtà l’hijab è il velo più indossato dalle musulmane immigrate nel nostro Paese. Ho molte amiche che lo portano. Anche ragazze giovani. E lo “difendono” per motivi religiosi o semplicemente legati alla tradizione o all’identità. Non credo spetti a noi italiani giudicare. Il punto cruciale è che sia frutto di una libera scelta. Mentre la legge dovrebbe limitarsi al rispetto della normativa del 1975 in materia di sicurezza che vieta di “coprirsi il volto in pubblico impedendo il riconoscimento della persona”. L’hijab non infrange dunque nessuna norma. Eppure molte musulmane con l’hijab sono guardate con diffidenza e discriminate sul lavoro.

Ragazzi musulmani 2G e i media

Il grande orientalista Edward Said ha scritto nel 1997 “ la televisione è la fonte principale dei pregiudizi sull’Islam”. È ancora vero? Ed è vero in Italia? Come la pensano i giovani musulmani di Seconda Generazione? Da una veloce “indagine”, durante il Convegno, purtroppo la risposta è affermativa. “I fatti e le opinioni vengono spettacolarizzati” dice Yassine Lafram. Si mettono in luce solo casi limite. I drammi”. Così si alimentano i pregiudizi. I sospetti. La confusione.
I ragazzi vorrebbero essere descritti in maniera più veritiera. Realistica. Anche sui quotidiani a larga diffusione. “Spesso c’è dissociazione fra immagine e testo” mi fa notare Fatima Habib Eddine. Per esempio, la fotografia con una donna con il niqab (velo che copre tutto il viso, lasciando scoperti solo gli occhi) mentre il testo racconta la storia di una musulmana che trova difficoltà a trovare lavoro perché indossa l’hijab, cioè il foulard che copre solo i capelli”.
Un altro peccato dei mass media italiani nei confronti dei giovani musulmani? Quello di omissione. Vengono ignorati fatti “positivi”, proprio perché non fanno notizia. Paolo Branca- professore di Lingua e Letteratura araba all’Università Cattolica di Milano racconta di aver preparato con alcuni ragazzi musulmani un dvd “Conosciamo l’islam: i giovani musulmani italiani”. “Uno strumento propedeutico pensato per scuole, biblioteche, parrocchie, centri culturali”. Nel dvd c’erano anche le riprese di una significativa iniziativa di alcuni giovani musulmani. “Una piccola rappresentanza ha scelto, infatti, di portare la solidarietà della comunità islamica agli ebrei che ogni anno ricordano la partenza, dalla stazione di Milano Centrale, dei convogli per i campi di sterminio. A capo della delegazione, il secondo anno dell’iniziativa, un palestinese”. Ma di questo non ha parlato né scritto nessuno…

di Antonella Appiano per IlSole24ore – jobtalk.blog.ilsole24ore.com