Innovazione
Clandestina a Damasco: Antonella Appiano giornalista di Frontiera in Siria
di Roberto Bonzio
per Italiani di Frontiera
Ci sono giornalisti che scrivono di Esteri su grandi quotidiani specializzandosi come… “inviati nel lavoro altrui”: pezzi copiati interamente da giornali stranieri, citando la fonte al massimo in una riga. E continuano impuniti, malgrado Internet consenta facilmente di smascherarli.
Altri che fanno gli inviati in grandi hotel, con cospicue note spese e interpellando tutt’al più qualche tassista. Altri ancora che senza schiodarsi dalla redazione hanno già un’idea preconcetta dello scenario di un Paese lontano. E se il reporter che sta sul posto, magari rischiando in una piazza calda, racconta una realtà diversa… la ignorano, perchè a loro non interessa conoscere la realtà ma cercare solo conferme a quel che hanno in testa.
Ma ce ne sono tanti altri coraggiosi, appassionati, capaci di muoversi con gli occhi aperti, lontano dai riflettori. Pronti a stupirsi e a raccontare con attenzione quel che hanno scoperto anche quando è assai diverso da quel che si aspettavano. E’ il loro lavoro ad aiutarci a capire il mondo, a crescere, con consapevolezza fuori dagli stereotipi.
Antonella Appiano che oggi lavora per la testata online L’Indro, amica di IdF, è una di questi giornalisti “di Frontiera”. Lunga carriera in quotidiani e tv, poi nel web, mesi fa ha deciso di partire da sola alla volta della Siria, poco prima che il Paese, sulla scia delle rivolte della primavera araba, si trasformasse in uno scenario incandescente, vietato ai giornalisti stranieri. Lei ha continuato a lavorare, raccontare e inviare di nascosto i proprie pezzi. Raccolti oggi in un libro uscito da poco, “Clandestina a Damasco- Cronache da un Paese sull’orolo della guerra civile” (Castelvecchi), storia di “quattro mesi nella Siria vietata ai giornalisti stranieri, false identità e travestimenti per sfuggire alla censura e raccontare in esclusiva la repressione del regime di Assad”. Un mosaico di straordinario valore. Su come si guarda il mondo in evoluzione, come si fa il mestiere di giornalista.
– Decidere di andare per mesi da sola in un Paese mediorientale sotto pressione, vietato ai giornalisti, mentre si susseguivano le rivoluzioni in Nordafrica… come è nata questa idea un po’ folle?
”Non la definirei un’idea folle. Prima di tutto quando sono arrivata in Siria, il 7 marzo 2011, il Paese era tranquillo. Certo l’area nordafricana era ‘calda’ , dopo le rivolte in Tunisia e in Egitto. E per una giornalista specializzata in Medio Oriente, il momento storico avrebbe potuto rivelarsi interessante anche per la Siria. In secondo luogo, molto banalmente, avevo deciso di riprendere gli studi della lingua araba e per motivi di lavoro, ho approfittato di un momento favorevole. In più conoscevo molto bene la Siria, la sua storia, la sua cultura, i luoghi, le caratteristiche religiose, settarie. E avevo contatti ed amici”.
– Quali i preconcetti di cui bisogna liberarsi, per affrontare un’avventura del genere?
“Amare il viaggio, la conoscenza di altre culture, stili di vita. Amare lo “spaesamento”, essere in grado di evitare le comode routine, i percorsi definiti. Sapersi adattare e mettersi alle prova. Ma io non ho dovuto liberarmi di preconcetti. Come scrivo nel mio blog www.conbagaglioleggero.com io mi definisco una giornalista nomade alla ricerca dell’’altrove’”.
Ferdinando Cornalba: l’azienda creativa fa cow-pooling e mette la webcam in stalla
E’ geologo ma ha scelto gli spazi aperti della sua campagna. «Tra un esame e l’altro mi rilassavo guidando il trattore» ricorda Ferdinando Cornalba . «L’azienda è di famiglia, siamo una ‘dinastia di agricoltori’ però ho deciso di lavorare qui per passione». E insieme al fratello Giuseppe, perito agrario, ha modernizzato la struttura con una serie d’innovazioni creative. Il cow-pooling per esempio, e cioè la possibilità offerta a più famiglie di acquistare anche una mucca intera e di divedersi la carne.
«Una proposta che, in questo momento di crisi sta riscuotendo grande successo perché garantisce nello stesso tempo risparmio e qualità» afferma Ferdinando.
La novità più tecnologica? Una webcam fissa che, tramite collegamento internet, permette ai compratori, di vedere in diretta ciò che avviene nelle stalle. E di controllare quindi i sistemi di allevamento dei capi di bestiame.
L’azienda, che è a Locate Triulzi (Milano), vende direttamente i prodotti che produce già dal 1985. «Pioniere è stata mia madre. Ma anche se ero ragazzo, ricordo la felicità quando ci siamo liberati dalle imposizioni del mediatore. Il prezzo è questo, altrimenti, il riso ve lo vendete da soli. E così abbiamo fatto». Impegno, amore per la terra, dedizione, sicurezza alimentare, sono parole che emergono spesso nel racconto di Ferdinando. Insieme al concetto di studio, ricerca, sostenibilità ambientale, qualità.
Un altro punto di forza dell’azienda (che nel 2009 ha vinto il Premio Oscar Green) è, infatti, la vendita ‘sfusa’ di riso, farro, latte grazie a moderni distributori automatici che permettono così al consumatore di risparmiare sulla confezione.
Come molti giovani imprenditori (Ferdinando si schermisce: «Giovane, insomma: ho 39 anni») con una tradizione ‘contadina’ alle spalle anche i fratelli Cornalba, sono attenti al recupero delle usanze del passato.
«L’azienda un tempo era una piccola comunità di ben 30 famiglie. Si festeggiavano ‘la fine della semina’, la ‘fine del raccolto’. Per non dimenticare un patrimonio che fa parte della nostra cultura, abbiamo pensato di ricreare questi momenti. Una possibilità per chi lo desidera, di uscire per un poco dal ritmo vorticoso quotidiano e riassaporare, insieme al contatto con la natura, lentezza e ritualità».
di Antonella Appiano per IlSole24ore – job24.ilsole24ore.com
La masseria di Nunzia Tinelli : studi al Nord, passione e impresa al Sud
«Ho bisogno di stimoli. Di tenere ‘il cervello in funzione’, in allenamento costante. Invece il lavoro nell’azienda farmaceutica mi costringeva a lasciarlo in un compartimento stagno» racconta Nunzia Tinelli, 27 anni e una laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche presso l’Università di Bari.
Così dopo le esperienze di lavoro in Veneto e ad Ancona, nel campo aziendale della certificazione e della qualità-prodotto, decide di cambiare. E accetta una proposta a Bologna nel ramo dei cosmetici naturali. Un amore a prima vista. «Scopro che quel mondo mi appassiona, ricomincio finalmente a pensare, a progettare. Studio la filiera dell’olio, mi specializzo in gestione aziendale con un’idea ben precisa. Tornare in Puglia e far nascere una impresa agricola nella Masseria di Noci che appartiene alla mia famiglia da 4 generazioni, ma era stata sempre utilizzata come casa di campagna». Un azzardo nato dalla passione? Ride.« Sì, ma non ci credeva nessuno, neppure il commercialista, quando ho aperto la partita I.V.A…».
La difficoltà più grande? «Tornare in Puglia dopo gli anni passati al Nord, stabilire contatti, relazioni, superare la diffidenza nei confronti del cambiamento».
Invece, Nunzia ha vinto la scommessa. Nella Masseria ci sono piante di ulivi secolari e lei è partita dall’inizio della filiera, per produrre olio genuino e saponette artigianali secondo una ricetta del 1945.
Ma la mente di Nunzia, ormai liberata da schemi e costrizioni, continua a elaborare progetti. Come quello di ricavare nella masseria un bed& breakfast. O quello di far conoscere vecchie tradizioni e processi produttivi, attraverso laboratori, corsi, visite guidate, iniziative.
«La “Scuola della pagnotta” se volete imparare a preparare il pane o una buona focaccia. Il programma “Visita al frantoio”- nel mese di novembre – per osservare “dal vivo” il processo di raccolta delle olive fino alla trasformazione nel frantoio. Sono solo due esempi. Tradizione e innovazione. Naturalmente ho un sito-blog, aggiunge la farmacista-agricoltore, così ogni volta che ho un’idea…»
di Antonella Appiano per IlSole24ore – job24.ilsole24ore.com
Studenti fuori target: e io l’ho fatto, sono tornata all’università da grande!
Io l’ho fatto. Sono tornata a scuola da grande Mi sono iscritta di nuovo all’Università. Facoltà di Studi Orientali, Università La Sapienza. Anche se avevo già un mestiere che mi piaceva, una famiglia, una vita densa. Da sempre mi ero interessata al mondo arabo. Mi attraeva e incuriosiva. Così leggevo, mi documentavo, viaggiavo. Grazie al lavoro, avevo anche girato qualche reportage nel Maghreb e in Asia Centrale, lungo la via della Seta, a Samarcanda, Bukhara. Ma non ero soddisfatta. Mi mancavano le basi. Volevo conoscere la parte di storia mancante.
Studiare il passato per tentare di capire meglio il presente. Imparare la lingua e mettere al posto giusto le tessere mancanti del puzzle.
La struttura accademica mi è sembrata subito la soluzione migliore. In Canada ho amiche che si laureano, si sposano, hanno figli e poi ritornano all’Università per specializzarsi. Trovano un lavoro, si fermano, si rimettono a studiare. Per un dottorato magari. Oppure ricominciano da capo dopo aver scoperto nuovi interessi.
Insomma, iscrivendomi, non pensavo di fare qualcosa di strano.
Invece, a quanto pare, ho compiuto un atto rivoluzionario. Certo, gli amici, quelli veri, si sono entusiasmati. Ho trovato appoggio nei docenti e avvertito spesso sincera ammirazione da parte dei miei neo colleghi. Loro, i ragazzi. Gli studenti legittimi e legittimati.
Ma il coro più sostenuto rumoreggiava in sottofondo: “Che idea, rimettersi a studiare”, “E le prospettive, scusa?”, “Arabo? Auguri!”.
Primo sottotesto: dov’è la convenienza? In tempi di morale produttivistica, il tempo ha valore solo se rende in termini economici sicuri e immediati. Spenderlo a fondo perduto, una follia.
Secondo sottotesto: alla tua età.