Islam

Ipocrisia dell'Occidente? Sguardi sul mondo arabo-islamico tra storia e politica

Ipocrisia dell’Occidente?

Nella cornice della Conferenza Internazionle “Islam in/and/of Europe? Perspectives from the Middle Ages to the Post-Secular Age”, Trento 8-10 ottobre, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, si svolgerà l’incontro “Ipocrisia dell’Occidente? Sguardi sul mondo arabo-islamico tra storia e politica“.

velata & velina - pat carra - JOBTalk ilSole24Ore

Ancora il velo islamico?

Spesso scrivo sulla pagina Fb che la gente mi chiede in continuazione se, quando vado nei paesi arabi, devo velarmi. Cerco di spiegare con calma e gentilezza. Ma la “questione del velo islamico” continua ad attrarre, direi morbosamente. Le amiche musulmane che indossano l’hijab (il fazzoletto che copre solo i capelli) sono spesso oggetto di diffidenza. Amina confessa: “il Portiere continua a chiedermi, perché non lo togli?”.

L’alternativa islamica, tra fede e politica

I fatti di Bengasi, l’Islam politico e le Primavere arabe

’L’alternativa islamica’, tra fede e politica

Violenza, libertà e rispetto: qualche considerazione con l’aiuto del professor Massimo Campanini

Nel saggioL’alternativa islamica, il professor Massimo Campanini -esperto in pensiero politico islamico e in movimenti radicali contemporanei – cita Hasan Hanafi, filosofo egiziano del Novecento che sosteneva: l’Islam contemporaneo è ancora vivo perché è l’unico sistema politico e ideologico che non si è arreso alla visione del mondo dominante imposta dall’Occidente”.

La Donna, l’Occidente, l’Islam – 24 Maggio 2012 – Mediagallery

L’intervento di apertura della Dott.ssa Antonella Appiano – relatrice e coordinatrice del Convegno

[nggallery id=12]
Le foto, dalla n. 11 alla n. 13 sono del fotografo ufficiale della manifestazione Raimondo Luberti che si ringrazia per la disponibilità alla pubblicazione.

Il trailer del film by X-Combat/Maria Grazia Silvestri

Il link al sito di riferimento

La Donna, l’Occidente e l’Islam. Antonella Appiano relatrice al Convegno per la Settimana della Cultura Islamica a Roma.

Giovedì 24 Maggio, aula M. Wolf (primo piano del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale – Università Sapienza Roma), via Salaria, 113 alle ore 18.15 .

di su Controcampus.it

La questione islamica è il centro assoluto del dibattito sui diritti umani. Innumerevoli sono gli aspetti che essa investe e, di essi, il più delicato è indubbiamente la condizione femminile.

A Roma, in questi giorni, si sta tenendo una rassegna di incontri dal nome Settimana della Cultura Islamica”, arrivata alla sua seconda edizione, organizzata da Roma Capitale, in collaborazione con il Centro culturale islamico Italia-Grande Moschea, per promuovere il dialogo tra i popoli e le diverse religioni che convivono nella Capitale, che avrà inizio il 21 Maggio 2012.

Giovedì 24 Maggio si terrà un incontro che si inserisce all’interno della rassegna, dal titolo La Donna, l’Occidente e l’Islam. Riflessioni all’interno di un possibile cambiamento di paradigma”, organizzato in collaborazione con l’Associazione culturale Occhio dell’Arte (www.occhiodellarte.org)  e con l’Associazione W.O.C.U.S. (World organization of catholic university students).

L’evento sarà introdotto dalla visione del documentario Islam/women emancipatio via sport di Maria Grazia Silvestri presentato da X-Kombat in collaborazione con la Robert F. Kennedy Center. Il video sarà in duplice lingua inglese/arabo e tratterà di come lo sport sia diventato un mezzo per le donne arabe di rivendicare la loro emancipazione.

All’incontro saranno presenti diversi esponenti della Sapienza e delle associazioni organizzatrici tra cui: Mario Morcellini, Direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale; Roberto Gritti, docente di Sociologia delle Relazioni Internazionali del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca e Emanuela Ferreri , antropologa della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione (tutti della Sapienza);  Lisa Bernardini, Presidente dell’Associazione Occhio dell’Arte, Antonella Appiano, giornalista-corrispondente per il Medioriente del quotidiano “L’Indro” e Presidente dell’ l’Associazione Culturale MOAN, ricerche e analisi sul Medio Oriente e l’Africa del Nord; Anna Tozzi Di Marco,antropologa socio-culturale e membro di Society of Arabian Studies; Emanuela Ferreri , antropologa della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione –  Sapienza Università di Roma (in attesa di conferma); Abdelaziz Shady , Esperto in Diritto dei Paesi Islamici; Maria Grazia Silvestri, regista del documentario Islam/Women e emancipation via sport.

(da http://www.controcampus.it/2012/05/la-donna-loccidente-e-lislam/)

Marocco, emergenza famiglia.

Il suicidio di Amina Filali apre la polemica.
Il Ministro promette una riforma dell’articolo 475, ma specifica: “solo se la società marocchina la vuole”


 

Si aspetta, si discute, si polemizza. Si spera, in Marocco, ma anche in Italia – fra la Comunità marocchina – che il governo, guidato dal partito islamista Giustizia e Libertà (PJD) modifichi l’articolo 475 del proprio codice penale. Un articolo che punisce lo stupro con una pena da 5 a 10 anni di carcere, a meno che lo stupratore non sposi la donna di cui ha abusato, salvando così l’onore della famiglia.L’articolo di legge per cui si era suicidata, dopo soli cinque mesi di matrimonio, il 10 marzo scorso, Amina Filali.
Dopo la violenza, infatti, il padre si è detto costretto a combinare il matrimonio della figlia con lo stupratore. Ma Amina non ha mai sopportato quell’obbligo.Il gesto estremo ha portato alla ribalta il problema del diritto di famiglia in Marocco (e in altri Paesi Arabo –musulmani), ma anche la considerazione di quanto, spesso, la tradizione ’sia più forte’ della legge stessa. E’ indubbio che questa norma debba essere modificata, ma perché abbia davvero ’presa’ sulla gente, non dobbiamo dimenticare che, a cambiare, deve anche essere la mentalità della società. Il Marocco, fra l’altro, ha uno dei codici di famiglia, dal 2004, più all’avanguardia in merito alla tutela della donna, ma – per la sua stessa natura- è un codice che tocca nel cuore la società (ogni società).

E le riforme in questo campo sono sempre state difficili. Non solo nei Paesi Musulmani. Ci siamo forse dimenticati le battaglie e i contrasti in seno alla società italiana per inquadrare giuridicamente le coppie di fatto e le coppie omosessuali? A questo punto è forse utile ricordare – a differenza di ciò che molti occidentali credono – che il diritto musulmano già dal 1800, era stato cambiato e si era uniformato ai codici europei. Anche se l’adeguamento alle leggi europee è avvenuto soprattutto nel campo del diritto commerciale e civile.

Dopo il tragico gesto di Amina Filali, Moustapha Khalfi, Ministro della Comunicazione e Bassima Hakkaoui, Ministro della Famiglia e dello Sviluppo Sociale (fra l’altro, l’unica donna fra i 29 ministri del nuovo governo) hanno tenuto una posizione ambigua,promettendo una revisione dell’articolo 475, ma di fatto non hanno annunciato fino ad oggi un concreto progetto di riforma. Ed è proprio di poche ore fa la notizia riportata dal ’Washington Post’ secondo cui il Ministro Bassima Hakkaoui, ha dichiarato che l’articolo 475“ non può essere abrogato da un giorno all’altro”, solo sotto la pressione della opinione pubblica mondiale.

Sembra che il Ministero della Giustizia abbia intenzione di studiare una completa revisione del codice penale ( che risale al 1962). Ma sulla revisione dell’ articolo 475, il Ministero assume una posizione cauta, dichiarando: “solo se la società marocchina la vuole”.
C’è ancora tanta strada da fare ha dichiarato Sarah Leah Whitson, direttrice della sezioneMoyen-Orient et Afrique du Nord à Human Rights Watch. “ L’articolo 475 non è che la parte visibile dell’iceberg. Malgrado le riforme del codice di famiglia del 2004, le donne non sono ancora protette dalla legge quando sono vittime di violenza”. Ma la società è pronta a proteggerle?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Marocco, emergenza famiglia (riproducibile citando la fonte)

Donne e Islam: oltre il velo.

Dopo l’impulso delle Primavere Arabe si attende una generazione post-femminista?

L’immagine che gli italiani hanno della donna musulmana è statica, lontana dalla complessità di un mondo, al contrario, vivace e in movimento. Le riflessioni sul pensiero femminile, in questo 2012, sono state però influenzate dagli eventi legati alla Primavera araba. E l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a tre donne, Tawakkul KarmanEllen Johnson-Sirleaf e Leymah Gbowee, dimostra che, forse, qualcosa sta cambiando.

Marie-Yvonne Kakon e gli ebrei del Marocco.

Testimone di un paese a prevalenza Musulmana dove esiste una completa integrazione culturale.

Nell’affastellarsi di commenti, analisi e previsioni dopo la vittoria, in Marocco, del partito islamico Giustizia e sviluppo alle elezioni parlamentari del 25 novembre, sui media italiani è passata inosservata una notizia. La candidatura di Marie-Yvonne Kakon , 57 anni, 4 figli, consulente immobiliare. Perché donna? No, perché Marie Kakon, è ebrea. Una candidatura significativa quindi in un Paese a prevalenza musulmana. Ma un Paese, come ha dichiarato la stessa candidata al quotidiano ’Akhbar al-Yaoum’, “dove arabi, amazigh (berberi) ed ebrei hanno vissuto fianco a fianco per secoli senza problemi”.

E non solo. La candidata aveva già conquistato 30mila voti nelle elezioni del 2007, un numero che le avrebbe permesso di entrare in parlamento, se il suo partito, il PCS (Piccolo Centro Sociale) avesse superato la soglia del 6 per cento dei voti a livello nazionale. 30milamila voti in un Paese con solo 2.500 elettori ebrei, rappresentano una vittoria. Ancora secondo il quotidiano ’Akhbar al-Yaoum’, “il successo di un candidato ebreo in un paese musulmano potrebbe sembrare sorprendente, ma non in Marocco, dove esiste una completa integrazione culturale”.

Fra le varie iniziative, che si svolgono regolarmente nel Paese nordafricano e che testimoniano la tradizione di apertura e di multiculturalismo, significativa quella coordinata dall’Università di Al-Akawayn di Ifrane. L’Ateneo ha organizzato, nel settembre scorso, un convegno per promuovere la conoscenza della persecuzione e del piano di annientamentdegli ebrei europei durante la Seconda Guerra Mondiale. La stessa Marie-Yvonne, pur sottolineando la sua identità marocchina, è autrice di molti saggi sulla cultura ebraica in Marocco. Una storia interessante, da conoscere. Gli ebrei hanno vissuto in Marocco findall’antichità anche prima delle ondate in fuga dalla Spagna (insieme ad arabi musulmani) dopo la ’reconquista’ del 1492 e la persecuzione dell’Inquisizione spagnola.

Prima degli anni Cinquanta, in Marocco vivevano circa 300mila ebrei ma dopo e la creazione dello Stato di Israele nel 1948, la maggior parte degli ebrei marocchini sono emigrati in Israele, Francia e Stati Uniti. Oggi in Israele vivono circa un milione di cittadini di origine marocchina, mentre in Marocco la Comunità ebraica conta circa 2.500 persone, concentrata soprattutto a Casablanca, Agadir, Marrakech.

E se Marie Kakon è la prima donna ebrea ad aver partecipato alle elezioni parlamentari, in questo particolare momento storico delle ’primavere arabe’, dovremmo sapere che il Marocco già avuto in passato alcuni importanti uomini politici ebrei. Serge Berdugo Ministro del turismo nel 1990, per esempio, e André Azoulay, consulente di Re Hassan II, padre dell’attuale Re Mohammed VI.

In occidente siamo abituati a dare solo risalto a notizie negative. E in particolare in Italia di fronte al recente scenario mediorientale e nordafricano in mutamento, sappiamo evidenziaresolo alcuni elementi, “l’emergere dei gruppi islamisti, la tensione fra Arabia Saudita e Iran, ilriesplodere dei sentimenti antisemiti al Cairo”. Cercando sempre connotazioni negative. Sull’Islam politico ho già scritto in ’Islam e democrazia’.

L’Islam politico del 2011 non è quello degli anni Settanta e Ottanta e non esiste un riflusso antisemita nella regione. Anzi. A ben pensarci i sentimenti antisemiti sono stati alimentati proprio da quei regimi che ci ostiamo a chiamare ’laici’, come valvola di sfogo di società impoverite e represse. Come può essere laico uno stato che deve proteggere tutte le comunità confessionali?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/marie-yvonne-kakon-e-gli-ebrei-del-marocco/ (riproducibile citando la fonte)

Islam e democrazia

I programmi dei partiti che hanno vinto le elezioni in Tunisia e in Marocco fanno della religione un elemento unificante.

Forse le ’primavere arabe’ hanno portato finalmente alla luce l’idea che la democrazia possa essere un sistema declinabile in modi diversi, seguendo il percorso storico- culturale dei popoli, delle loro necessità e radici. Non solo pensato quindi su modello occidentale.

L’importazione forzata del ’modello prefabbricato’ di democrazia imposta da George Bush è naufragata nel disastro dell’Iraq. E i danni dei pensatori americani (Samuel Huntington e il suo ’scontro di civiltà’ in testa) hanno avuto un impatto determinante nell’alimentare paure e diffidenze verso una cultura ’altra’ come quella musulmana. Per troppo tempo l’opinione pubblica occidentale è stato pilotata affinché vedesse l’Islam come un pericolo o un rimasuglio storico privo d’importanza nel panorama della globalizzazione. Da far sparire per essere sostituito appunto dal concetto di democrazia eurocentrico.

Invece il momento storico che sta vivendo la sponda Sud del Mediterraneo è proprio caratterizzata da una riconferma dell’identità che fa riferimento all’Islam come un valoreunificante. E’evidente però che questo ’Islam’ ha un forte valenza politica e non religiosa. E si legge chiaramente nei programmi dei partiti islamici che hanno vinto le elezioni in Tunisia e in Marocco (rispettivamente En- Nahda e PJD, Giustizia e Sviluppo). Programmi che parlano soprattutto di sviluppo, lotta alla corruzione, alla diseguaglianza economica.

In questi Paesi ci sono nuove generazioni che vivono in maniera diversa il rapporto fra religione e modernità, generazioni perfettamente consapevoli dei rischi degli ’estremismi’ e di un tradizionalismo troppo fedele a criteri antichi. Sanno che devono far nascere una società in grado di difendere la libertà di espressione e la tolleranza. Principi che, d’altra parte, sono alla origine delle primavere arabe. Perché ’democrazia’ non significa solo libere elezioni ma anche stato di diritto, libertà civili, autonomia dei poteri, uguaglianza di genere.

“Miral” di Julian Schnabel: una storia di formazione che non trasmette emozioni

Titolo: Miral, regia di Julian Schnabel
Professione: studente
Parola chiave: formazione
Ambientazione: Gerusalemme, Territori Occupati
Genere: drammatico
Trailer:  http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Video/?key=47755|4775&ply=1

Come si fa a crescere, studiare, a mantenere la propria identità culturale, quando si vive in un Paese Occupato? Lo racconta il film Miral – basato sul libro della giornalista palestinese Rula Jebreal – e  presentato alla 67esima Mostra del cinema di Venezia.
Una storia di formazione. Quella della ragazzina Miral che cresce a Gerusalemme Est e, durante l’adolescenza, si trova affrontare la realtà dell’Occupazione, della guerra, della ribellione. Grazie all’amore del padre e all’istruzione ricevuta nell’istituto Al-Tifl al-Arabi, riuscirà a uscire dalla spirale di violenze di un Medio Oriente senza pace e andrà a vivere all’estero appena dopo gli accordi di Oslo del 1993.
Hind Husseini, che aveva fondato il collegio per dare rifugio gli orfani della guerra iniziata nel 1948, accoglie la piccola Miral, dopo il suicidio della madre. E dal primo momento le inculca il valore della cultura: “la differenza fra te e i ragazzi dei campi profughi è proprio l’istruzione”. Ancora Hindi la manda, 17enne,  va a lavorare come insegnante in un campo profughi. E’ il 1987. L’anno della prima Intifada, “la rivolta della pietre”.  E durante le ore passate fuori dall’ambiente protetto della scuola, Miral sperimenta la frustrazione dell’Occupazione, si trova faccia a faccia con la violenza e la repressione. S’innamora dell’attivista attivista Hani, è tentata. Partecipare attivamente alla resistenza o seguire la lezione di vita di “Mama Hind” che continua a ripetere  “istruzione è unica strada per la pace e la libertà”?

Un bel tema, più attuale che mai. Dato che oggi il diritto allo studio in Cisgiordania appare sempre più lontano, messo in serie difficoltà dal Muro di separazione e dai blocchi militari in costante aumento (circa 500 check point) che rendono complicato,  per studenti e professori, raggiungere scuole e Università. Come testimonia con dati e cifre dettagliati, la lettera di un gruppo di docenti italiani particolarmente sensibili alla situazione universitaria e scolastica del popolo palestinese.