Khaled Meshaal
Giordania: calma apparente
Giordania: calma apparente?
La Giordania finora è stata solo sfiorata (per breve tempo dal gennaio 2011) dall’ondata delle rivolte che hanno travolto gli altri Stati arabi. Ma la calma apparente non deve ingannare. Il Paese infatti deve affrontare il problema dei profughi siriani. Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur), i siriani registrati in Giordania sono circa 70.000 (20mila nel campo di Zatari) più le decine di migliaia non inserite nelle liste dell’Agenzia dell’Onu.
Il governo di Amman, scrive oggi il ’Jordan Times’, “sta allestendo un secondo campo profughi nella zona di Ribaa Sirhan, vicino al confine. La struttura dovrebbe essere in grado di ospitare almeno 20.000 persone”. Ma il ministro dell’Informazione giordano Samih Maaytah si è detto preoccupato: “La risposta alla crisi umanitaria richiede risorse superiori alle nostre stesse capacità: servono un programma e una risposta internazionali”. I rifugiati rappresentano un peso enorme per l’economia giordana, fragile e provata dal debito crescente, dalle scarse risorse idriche ed energetiche.
Non solo. Sono anche un’incognita che va ad aggiungersi alla ’storica tensione’ tra la Casa Reale hascemita e la maggioranza palestinese. Per capire meglio è necessario ricordare brevemente le caratteristiche della società giordana. Anche se la base di potere della monarchia hashemita è rappresentata da tribù transgiordane, la maggioranza della popolazione del regno è ormai di origine palestinese (i dati sono controversi, ma sembrano attestarsi sul 50-60%).
I primi profughi palestinesi sono arrivati in Giordania nel 1948, a seguito della creazione dello Stato di Israele. E continuarono ad arrivare, dagli anni 50 alla ’Guerra dei sei giorni’ del 1967, in quella che si chiamava Cisgiordania ma faceva parte del Regno giordano. Ai Palestinesi della Cisgiordania è stata concessa la cittadinanza, ma sono sempre stati discriminati: esclusi dall’amministrazione pubblica e dai servizi di sicurezza, e pur costituendo la maggioranza da un punto di vista demografico, rappresentati in parlamento solo il misura fra il 10 e il 20%.
L’opposizione popolare che si è manifestata nel paese a partire dal gennaio del 2011 era ed è composta sia da transgiordani che da giordani palestinesi, ma le rivendicazioni non sono le stesse. Comuni, certo, le richieste economiche, l’insofferenza contro la corruzione dilagante e l’esigenza di un governo che risponda delle sue azioni direttamente ai cittadini. Ma se si tocca il tasto della rappresentanza a livello politico, le note si fanno dolenti. Un parlamento più democratico significa nei fatti un parlamento più ’palestinese’.
L’urgenza del re Abdallah, di trovare una soluzione alla questione palestinese è testimoniata dai tentativi – sia pure infruttuosi – della monarchia (all’inizio di quest’anno) per riavviare i negoziati di pace morti da tempo. E dall’apertura nei confronti di Hamas (il cui leader Khaled Meshaal si è recato ad Amman a fine gennaio). Un’apertura fittizia dato che re Abdallah non si è dimostrato disposto a ospitare nuovamente leader dell’Organizzazione palestinese.
La guerra civile siriana sta complicando le cose. Oltre ai profughi, la Giordania – che ha già accettato già aiuti economici dall’Arabia Saudita – sembra stia subendo pressioni da Riad per aprire i propri confini alle armi provenienti dall’Arabia Saudita e dirette ai ribelli siriani.
Corruzione (gli scandali emersi nell’ultimo anno), crisi economica, tensioni sociali. La Giordania reggerà all’onda d’urto che potrebbe travolgerla?
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro – Giordania: calma apparente (riproducibile citando la fonte)
Ritorna Khaled Meshaal
Un nuovo passo nel processo di pace tra Israele e Palestina ?
Dopo 13 anni di ’esilio’, il capo dell’Ufficio politico del partito islamista di Hamas, KhaledMeshaal, torna in Giordania.
Nato nel villaggio di Silwad, vicino a Ramallah, in Cisgiordania, si era rifugiato in Kuwait con la famiglia, dopo la guerra del 1967. Una laurea in fisica, e un profilo da attivista e leader nel Fronte Islamico, cioè la sezione locale dei Fratelli Musulmani. Poi, alla fine degli anni Ottanta, entra nella direzione esterna del movimento di Hamas. Ma l’Iraq invade il Kuwait eMeshaal insieme a migliaia di profughi palestinesi, si trasferisce in Giordania. Ed è proprio qui che si fa conoscere come esponente di Hamas, portando appoggio esterno al movimento.
Nella capitale giordana di Amman, nel settembre del 1997, sfugge ad un attentato degli agenti del Mossad (i servizi segreti israeliani). Due anni dopo, le relazioni fra la leadership giordana e Hamas si deteriorano, a causa delle pressioni diplomatiche degli Stati Uniti e di Israele sul re Hussein di Giordania. E nel novembre 1999, Khaled Meshaal – anche se possiede cittadinanza giordana- viene espulso dal Paese insieme ad altri rappresentanti del gruppo. Meshaal va a vivere in Siria, a Damasco.
Quale è il ruolo di Meshaal? ’Volto ufficiale’ di Hamas fuori dalla Palestina, il suo incarico è quello di rafforzare le relazioni con Governi e le Organizzazioni straniere.
Secondo le fonti del ’Jerusalem Post’ il leader “arriverà ad Amman, domenica 29 gennaio grazie ad una mediazione del Qatar. Sarà accompagnato dal principe ereditario dell’Emirato,Tamim Ben Hamad Al Thani, e ricevuto dal re Abdallah e altri responsabili del governo”. Si apre una nuova pagina nei rapporti tra il movimento islamista e il Regno hashemita? Sempre stando alla testata“gli incontri non saranno a discapito dell’autorità palestinese che per la Giordania è l’unico rappresentante legittimo del popolo palestinese”. Ma Amman spera in un passo di riavvicinamento tra Fatah e Hamas, i due principali movimenti politici rivali palestinesi. Chissà se il re Abdallah restituirà a Masha il suo passaporto giordano, o gli permetterà di risiedere nel Paese.