Kofi Annan
La guerra non conosce moderazione
Grave escalation di violenza ad Aleppo, e si affaccia il problema dei “regolamenti di conti e delle vendette”.
“La violenza brutalizza non solo le sue vittime ma anche chi le compie” scrisse TizianoTerzani in ‘Lettere contro la guerra’. Oggi Susan Ghosheh (missione Nazioni Unite in Siria) ha denunciato alla BBC una grave escalation della violenza ad Aleppo nelle ultime 72 ore. “Le forze di opposizione ora sono in possesso di armi pesanti e di carri armati catturati all’esercito mentre le truppe regolari hanno usato aerei da guerra per colpire i ribelli in città”. E ha “esortato alla moderazione ambo le parti”. Ma la guerra civile, come ogni guerra, non conosce questa parola. In Siria la lotta è sempre più spietata.
Cambia il terreno di battaglia
Gli scontri, da Damasco, riconquistata dall’esercito regolare, si spostano ad Aleppo. Seconda città della Siria, cuore commerciale e imprenditoriale, situata in una posizione geografica strategica a una sessantina di chilometri dalla frontiera turca. Per mesi roccaforte lealista e ospite di una comunità di 300 mila cristiani, il doppio lato di una guerra interna e internazionalizzata che apre mille scenari inquietanti.
Siria: frontiere calde con Turchia e Libano
Il Presidente Bashar al-Assad promulga una nuova legge antiterrorismo e, attraverso il quotidiano turco Cumhuriyet, esprime il suo rammarico per il caccia turco abbattuto dalla contraerea siriana.
Le Road Map fino a ora sono servite poco in Medio Oriente. E quella proposta sabato scorso a Ginevra da Kofi Annan durante la riunione del ‘Gruppo d’azione sulla Siria’ sembra seguire la scia delle altre. Kofi Annan giudica ‘imperativo’ il cessate il fuoco in Siria per guidare la transizione politica. Scontato. Ma in tutto il Paese continuano gli scontri e i bombardamenti. Le poche e-mail che mi arrivano ancora esprimono incertezza, dubbi, paure.
L’accordo di Ginevra sulla Siria è vago. Ambiguo. Secondo gli Stati Uniti, “apre la strada all’era post Assad”, mentre per la Russia e Cina “spetta ai siriani scegliere il proprio futuro”. Il testo non è abbastanza concreto “per avviare un’azione reale e immediata“. Lo ha dichiarato anche Bassma Kodmani, portavoce del CNS (Consiglio nazionale siriano) principale raggruppamento dell’opposizione. Opposizione, d’altra parte, sempre più divisa.
Alla riunione che si è svolta ieri al Cairo non hanno partecipato infatti l’Esercito siriano Libero e altri gruppi di ribelli. Si conferma quindi la spaccatura fra il direttivo del CNS basato all’estero, in Turchia, e il braccio operativo in Siria. I ‘contestatori’ non si sono trovati d’accordo con il programma della Conferenza del Cairo perché “non contemplava la richiesta di un intervento militare internazionale e di zone-cuscinetto protette, corridoi umanitari, no-fly zone per i ribelli”. I due gruppi non sono ancora riusciti a trovare un’intesa su un comando unico, né una strategia unica. Divisioni, accuse reciproche. Un clima ben diverso da quello evocato durante il summit di Ginevra.
Intanto il Presidente Bashar, con l’intervista di oggi al quotidiano turco Cumhuriyet, assicura che “non era nelle sue intenzioni la distruzione del caccia turco lo scorso 22 giugno da parte della contraerea siriana”. Un incidente. E assicura che “non permetterà che la tensione politica tra Ankara e Damasco degeneri in un conflitto aperto”. Le parole sembrano un tentativo di calmare le acque. Infatti dopo l’episodio si sono verificate schermaglie al confine tra caccia turchi ed elicotteri siriani. Secondo fonti militari turche sei Jet F-16 di Ankara hanno dovuto alzarsi in volo perché elicotteri siriani si erano avvicinati al confine. Problemi anche alla frontiera con il Libano. Fonti della sicurezza a Beirut hanno dichiarato che “due agenti di polizia siriani sono stati feriti a Al Hejrn da un razzo lanciato dal territorio libanese. E che in seguito all’incidente i siriani hanno sconfinato per dare la caccia ai responsabili”.
Intanto l’agenzia di stampa ufficiale siriana Sana ha reso noto che il Presidente Bashar al Assad ha promulgato tre nuove leggi anti-terrorismo. In sintesi il testo prevede che venga considerato atto di terrorismo qualsiasi azione volta a creare uno stato di terrore tra la popolazione e a destabilizzare la sicurezza del Paese, ad arrecare danno alle infrastrutture dello Stato.
A più di un anno dall’inizio della crisi in Siria, costata la vita a migliaia di persone, la diplomazia internazionale è in stallo nonostante le dichiarazioni ottimistiche. L’Opposizione discute e non trova un accordo. L’unica voce presente sembra, purtroppo, quella delle armi.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/siria-frontiere-calde-con-turchia-e-libano/ (riproducibile citando la fonte).
Siria: le domande da porsi
La soluzione politica è ancora l’unica strada da percorrere.
Ultimatum, ieri sera dei ribelli siriani alla leadership del Presidente Bashar al Assad: cessare la repressione e rispettare i sei punti del piano dell’inviato Onu Kofi Annan. Intanto, il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito e la Russia e la Cina hanno ribadito l’opposizione ad un intervento militare. Intervento che, invece, gli Stati Uniti non escludono.
Da mesi, sin dall’inizio delle rivolte, affermo che in Siria si sta combattendo anche una ’guerra mediatica’. E la recente strage di Houla, in cui sono state uccise in maniera spietata 108 persone, conferma che i media possono essere usati come armi. Con effetti molto pericolosi. La posta in gioco è alta perché l’infowar potrebbe scatenare una guerra in tutta l’area medio-orientale interessata, coinvolgendo l’Iran e il Libano. Le parole hanno il potere di creare realtà e andrebbero usate con onestà e con cautela.
Sappiamo che a Houla sono morte più di cento persone, delle quali molti erano bambini, ma non sappiamo con certezza chi li ha uccisi. Lo stesso Robert Modd, a capo dei Caschi blu, ha dichiarato che “le circostanze che hanno portato a queste tragiche morti sono ancora poco chiare”. Nessuna fonte indipendente a testimoniare. Succede purtroppo: quindi bisognerebbe citare, per correttezza, le versioni delle due parti in causa. In questo caso, il Governo siriano e l’opposizione. E troppo spesso sono state riportate solo le parole dell’opposizione che ha attribuito la strage alle forze governative. I comunicati delle autorità di Damasco, nei quali la leadership nega ogni responsabilità, sono stati invece ignorati.
Dubbi. E’ doveroso porseli in assenza di prove. E tutto ormai è possibile in questa terribile escalation di violenza in un Paese dove agiscono molti attori: quelli che stanno dalla parte del Governo, l’opposizione armata, ed elementi terroristici che utilizzano i sistemi ’tipici’ di Al Qaida.
Sono entrata in Siria subito dopo le elezioni e l’attentato a Damasco del 10 di maggio. E ho scritto e riportato solo ciò che ho visto. Non è stato molto. Ma ho riportato fatti e non opinioni. Ho avuto dubbi, mi sono posta domande. Domande che continuo a farmi.
La prima. Che interesse possono aver avuto le autorità di Damasco, in un momento così delicato del Piano Annan – con gli occhi del mondo puntati addosso e gli osservatori dell’Onu presenti sul territorio – a compiere il massacro di Houla? Quali i vantaggi strategici?
La seconda. La dinamica, non chiara appunto. Le vittime, secondo i rapporti, sono state uccise da coltellate, colpi di arma da fuoco sparati a distanza ravvicinata, o schegge di granata. Non sembra affatto l’attacco di un esercito regolare. Certo, responsabile potrebbe essere stata una fazione di ’ultra lealisti’ o di milizie sulle quali il Governo non ha più il controllo. Ma anche gruppi di jihadisti che sappiamo presenti in Siria (lo stesso Kofi Annan lo ha dichiarato) e che hanno già compiuto attentati.
La terza. Le modalità della strage, ricordano quelle dei blitz, degli attentati e delle esecuzioni sommarie della lunga guerra civile algerina.
Infine. La strage di Houla rischia di diventare l’episodio scatenante per l’intervento bellico internazionale chiesto da tempo dal Qatar, dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. Una strage terribile che scuote emotivamente il mondo e crea il consenso per un’azione armata. E’ già successo, appena l’anno scorso in Libia, con la notizia – che si è poi rivelata infondata – di fosse comuni e stupri di massa compiuti dall’esercito di Gheddafi. O, nel passato, per esempio in ex Jogoslavia, nel 1999, quando la scoperta delle fosse comuni di Racak, provocarono l’intervento della Nato in Kosovo. E si trattava invece di un luogo dove erano stati raccolti cadaveri, poi colpiti – post mortem – alla nuca.
Un intervento militare internazionale non è da escludere – come dicono in molti – per proteggere gli interessi geopolitici a scapito della popolazione. E’ da scartare proprio per proteggerla. Per evitare che un’altra ’Operazione Unified Protector’, distrugga il Paese.
Sappiamo che la violenza porterà altra violenza, e che col passare del tempo, il piano Annan, ha sempre meno speranze di vittoria. Ma solo una soluzione politica è in grado di evitare aisiriani altro dolore. La Russia, la Cina e l’Iran, alleati storici, dovrebbero ora, aiutare la Siria, concretamente. Non solo attraverso veti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ma proponendo soluzioni alternative realistiche e attuabili. Lo faranno?
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Siria-Le-domande-da-porsi/ (riproducibile citando la fonte)
Update:
Chi sta boicottando il piano di Kofi Annan ?
Lo ha appena dichiarato il segretario della Nato Andres Fogh Rassmussen :”Non abbiamo alcuna intenzione di intervenire in Siria perché crediamo che il modo giusto di andare avanti sia perseguire una soluzione pacifica e politica”, e, quindi, che il piano di Kofi Annan, inviato speciale dell’Onu e della Lega Araba, venga rispettato. Il piano di Annan prevede, dopo il cessate-il-fuoco, l’apertura di corridoi umanitari, l’avvio di un dialogo politico inclusivo, la liberazione di tutti i prigionieri politici e di chi si trova attualmente in stato di detenzione arbitraria, la libertà di accesso ai giornalisti, la libertà di tenere manifestazioni pacifiche. La missione dell’Onu per ora può contare solo su una avanguardia di 16 osservatori. Il Consiglio di sicurezza ha però già autorizzato l’invio di 300 osservatori che saranno dislocati i tutti i punti caldi del fronte che contrappone forze governative e opposizione armata. Ma è appunto, il “cessate il fuoco” il punto cruciale. Per il successo dell’operazione è necessario che avvenga subito e sia bilaterale. Il conflitto deve essere smilitarizzato, non c’è dubbio. Tutti invocano la fine delle violenze: chi sono allora gli attori che sulla scena boicottano il piano di Kofi Annan?
Tanti. Due giorni fa (il 28/04/2012) , fonti della sicurezza libanese hanno riferito di aver intercettato tre container carichi di armi destinate all’opposizione siriana armata: mitragliatrici pesanti, mortai, lanciarazzi e munizioni da artiglieria. I container si trovavano su una nave salpata dalla Libia e diretta a Tripoli libanese, ma le autorità di Beirut che la seguivano da giorni l’hanno costretta ad approdare al porto di Selaata.
Di fatto il piano di Annan sembra quindi ostacolato a livello internazionale da alcuni paesi della penisola arabica favorevoli ad armare l’opposizione. Paesi dalla posizione ambigua come l’Arabia saudita https://conbagaglioleggero.com/2012/03/lambigua-politica-dellarabia-saudita/ o come il Qatar (https://conbagaglioleggero.com/2012/03/qatar-luci-ed-ombre/ https://conbagaglioleggero.com/2012/01/al-thani-un-emiro-rivoluzionario/) che non possono certo definirsi democratici o difensori dei diritti umani.
L’opposizione accusa il governo di non rispettare gli accordi, mentre la leadership di Damasco accusa i gruppi di opposizione di collusione con movimenti terroristici. Ed il gruppo islamista “’Fronte Al-Nusra” ha rivendicato la responsabilità dell’attentato suicida che venerdì 27 aprile ha ucciso a Damasco 11 persone.
Il gruppo “Al Nusra” aveva già rivendicato la paternità dell’attentato dello scorso 21 marzo (Fonte TMNnews) , e degli attentati del 12 febbraio ad Aleppo e del 6 gennaio. E poche ore fa, a Damasco, è stata attaccata la sede della Banca centrale Siriana.
Sulla delicata scena siriana, gli attori sembrano moltiplicarsi, rendendo il quadro confuso e pericoloso. E spesso rilasciano dichiarazioni contraddittorie. Perché Ghalioun, leader del Cns (una delle sigle dell’Opposizione che ha sede in Turchia) proprio all’inizio della tregua Onu, ha “auspicato l’invio di armi agli oppositori”? Perché, appena il piano era stato accettato, sempre Ghalioun aveva proposto di pagare i militari dell’Esercito Siriano Libero?
Non sembra proprio un atteggiamento coerente ad un “cessate il fuoco”. E anche l’esercito siriano libero sembra “fuori controllo” , secondo fonti Reuters.
Non un esercito unito contro il governo di Bashar- al Assad, ma un insieme di gruppi che agiscono senza essere coordinati. In cui si mescolano oppositori, salafiti, mercenari libici, secondo testimoni che li hanno intervistati alla frontiera fra la Turchia e la Siria. “Anche delinquenti comuni che non esitano a rapinare e uccidere” , come mi ha scritto recentemente, Salem da Aleppo.
La verità, quando non si possono accertare di persona le fonti, è sempre difficile da scoprire. Ma un elemento è certo: la pace è fondamentale per l’unità politica e territoriale della Siria e per la stabilità nell’area medio-orientale.
Un filo di speranza in Siria
Le notizie si susseguono serrate. E sempre più drammatiche. Ma nel complesso il Cessate il fuoco sembra rispettato
(giovedì 12 Aprile 2012, ore 20:37)
In Siria, dalle 6.00 – ora locale di stamattina – è entrato in vigore il ’cessate il fuoco’ previsto dal piano di Kofi Annan, inviato dell’Onu e della Lega araba. Ore convulse di tensione, queste, per le diplomazie internazionali che stanno seguendo la situazione in Siria con il fiato sospeso. “Il regime di Bashar al Assad verrà giudicato sui fatti e non sulle parole“,ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton che, in veste di ’padrona di casa ’ ieri a Washington ha presieduto la riunione della prima giornata dei ministri del G8.
I lanci di agenzia si susseguono senza sosta. Nelle prime ore, calma, rispetto della tregua dai due schieramenti. Poi, dalla fonte Ansa, la notizia giunta telefonicamente da Hama, che “l’artiglieria governativa siriana ha violato il cessate il fuoco sparando colpi di mortaio nella regione“. Altre fonti (quelle dei Comitati di Coordinamento locali degli attivisti) riferiscono di bombardamenti di artiglieria nella regione di Zabadani a ovest di Damasco. Intanto, arriva(ore 13:51, italiane) un’altra agenzia che riporta l’annuncio di una esplosione ad Aleppo che ha investito un autobus, causando la morte di due persone. I media siriani parlano di “attacco terroristico”.
La speranza si assottiglia. Era – e si vuole, ancora, scrivere “è” – un buon piano quello di KofiAnnan. Perché ha visto impegnarsi tutte le grandi potenze, la Lega araba e i paesi confinanti con la Siria – per la prima volta uniti. E perché, se si riuscisse a ’smilitarizzare’ anche solo in parte il conflitto, che sta diventando sempre più violento, questo porterebbe un momento di sollievo e di riflessione nel Paese. Una pausa. Una possibilità di uscire dalla crisi che sta distruggendo la Siria.
Ma adesso, sulla speranza, pesano le ultime notizie e la dichiarazione del primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, rilasciata al quotidiano ’Hurriyet’ Riferendosi all’attacco a colpi di arma da fuoco di lunedì, contro un campo profughi nella provincia orientale di Kilis, a ridosso del confine con la Siria del Ankara, Erdodan ha ricordato che “la Nato ha la responsabilità di proteggere le frontiere degli Stati membri, e dunque anche quelle della Turchia“. Si tratta di una clausola invocata in un solo caso: successivamente all’attacco terroristico alle Twin Towers ed al Pentagono del 2001. E’ quindi una dichiarazione che apre, di nuovo, cupi scenari.
Ed ecco le ultime, per ora, dichiarazioni di Kofi Annan: “Sono incoraggiato dalle notizie che riferiscono di una situazione relativamente calma in Siria, e sembra che sia in atto la cessazione delle ostilità“. Seguono considerazione sulla ’fragilità’ della condizione siriana e la rassicurazione sul segretario generale Onu, Ban Ki-moon, il quale dovrebbe chiedere al Consiglio di Sicurezza di approvare una missione di osservatori delle Nazioni Unite il prima possibile. Dobbiamo e vogliamo, in tutti i modi, credere alle sue parole.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Un-filo-di-speranza-in-Siria/ (riproducibile citando la fonte)
La Siria resta in attesa
Il mondo diplomatico si muove, ma a Damasco tutto sembra restare al punto di partenza
Eugene Rogan, – direttore del ’Middle East Centre al S. Antony’s College di Oxford’– scrive “Dopo cinque secoli di gioco condotto secondo le regole degli altri, ora gli arabi vogliono avere il controllo del proprio destino”. Ci riusciranno?
A Baghad, al Vertice della Lega Araba, il tema più scottante in agenda è stata la Siria, ancora ’paralizzata’ – dopo il primo anniversario delle rivolte contro il regime – in una situazione che sembra, di fatto, senza vie di uscita. La crisi siriana ha messo in secondo piano un altro evento, anche questo testimone dei grandi mutamenti sul teatro del medio Oriente. Quello di oggi è il primo Summit della Lega in Iraq, dopo ventidue anni e dopo nove dalla resa diSaddam Hussein. Baghdad è blindata per paura di attentati. L’aeroporto, chiuso ai voli di linea e circa un 100 mila uomini, fra militari e poliziotti, controllano le strade e gli alberghi che ospitano le delegazioni estere e la stampa internazionale. Una ’operazione’ che è costata allo stato 500 milioni di dollari, ma che rappresenta una opportunità per fare uscire l’Iraq dall’isolamento politico e diplomatico a livello internazionale. Un rientro su una scena che non vede più attori ’storici’ come il leader libico Muammar Gheddafi , l’egiziano HosniMubarak, lo yemenita Ali Abdullah Saleh e il tunisino Zine el Abidine, scomparsi dopo gli stravolgimenti delle Primavere arabe.
Al Vertice, molto atteso il discorso di Kofi Annan, l’ex segretario generale dell’Onu. Nominato inviato speciale in Siria da Lega araba e Nazioni Unite e di ritorno da importanti incontri a Mosca e a Pechino –due degli alleati forti del regime di Damasco – Annan farà il punto della situazione. Il piano di pace presentato da Annan, accettato sulla carta anche dalla leadership di Damasco e da parte dell’Opposizione, ha il merito di cercare una soluzione politica basata sul dialogo.
Ma il presidente Bashar al Assad è veramente interessato a trattare? O, ancora una volta, sta ’prendendo tempo’? Fino ad ora è sembrato deciso ad usare la forza e le risorse del Paese pur di restare al potere, senza curarsi dei costi umani ed economici per la popolazione.
E l’Opposizione siriana? Divisa più che mai ( liberali, nazionalisti arabi, islamici, curdi) , alla conclusione dell’incontro che si è tenuto a Istanbul (26-27 marzo) sembra essersi accordata nel riconoscere come interlocutore il Cns (Consiglio nazionale siriano). Ma al patto non hanno aderito le componenti curde. Un elemento certo non trascurabile. E’ possibile, quindi che alcune forze dell’Opposizione accettino il dialogo proposto da Annan, ma su un punto sembrano tutti concordi: l’uscita di scena di Bashar-al Assad. Sembra un drammatico ’gioco dell’Oca’. Un giro e si ritorna alla partenza.
Intanto, domenica primo aprile, ancora a Istanbul si svolgerà la seconda conferenza deiPaesi ’Amici della Siria’. Circa ottanta, fra Nazioni e Organizzazioni internazionali. Grande assente, anche questa volta, la Russia mentre sarà presente ai lavori il segretario di Stato americano Hillary Clinton. Fra gli scopi del summit, altri aiuti “non militari” ai ribelli siriani. Aiuti, in medicine, cibo e supporto per le comunicazioni che sarebbero quindi indirizzati ai disertori. Anche l’Esercito siriano libero, si era diviso ( a causa di un attrito fra i due leader, il colonnello Riad al Assaad, il primo comandante dell’Esercito libero siriano, e il generaleMustafa Al-Sheikh, l’ufficiale disertore di più alto grado). Ma sabato scorso, un portavoce ha annunciato che si è organizzato di nuovo sotto la guida di un unico ’Consiglio militare’.
Aspettando un altro giro delle pedine sul tavolo, le variabili del gioco aumentano. In Medio Oriente tutto può accadere in un attimo e scompigliare le strategie. O spazzare via le pedine.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/La-Siria-resta-in-attesa/ (riproducibile citando la fonte)