Lega Araba
La Siria resta in attesa
Il mondo diplomatico si muove, ma a Damasco tutto sembra restare al punto di partenza
Eugene Rogan, – direttore del ’Middle East Centre al S. Antony’s College di Oxford’– scrive “Dopo cinque secoli di gioco condotto secondo le regole degli altri, ora gli arabi vogliono avere il controllo del proprio destino”. Ci riusciranno?
A Baghad, al Vertice della Lega Araba, il tema più scottante in agenda è stata la Siria, ancora ’paralizzata’ – dopo il primo anniversario delle rivolte contro il regime – in una situazione che sembra, di fatto, senza vie di uscita. La crisi siriana ha messo in secondo piano un altro evento, anche questo testimone dei grandi mutamenti sul teatro del medio Oriente. Quello di oggi è il primo Summit della Lega in Iraq, dopo ventidue anni e dopo nove dalla resa diSaddam Hussein. Baghdad è blindata per paura di attentati. L’aeroporto, chiuso ai voli di linea e circa un 100 mila uomini, fra militari e poliziotti, controllano le strade e gli alberghi che ospitano le delegazioni estere e la stampa internazionale. Una ’operazione’ che è costata allo stato 500 milioni di dollari, ma che rappresenta una opportunità per fare uscire l’Iraq dall’isolamento politico e diplomatico a livello internazionale. Un rientro su una scena che non vede più attori ’storici’ come il leader libico Muammar Gheddafi , l’egiziano HosniMubarak, lo yemenita Ali Abdullah Saleh e il tunisino Zine el Abidine, scomparsi dopo gli stravolgimenti delle Primavere arabe.
Al Vertice, molto atteso il discorso di Kofi Annan, l’ex segretario generale dell’Onu. Nominato inviato speciale in Siria da Lega araba e Nazioni Unite e di ritorno da importanti incontri a Mosca e a Pechino –due degli alleati forti del regime di Damasco – Annan farà il punto della situazione. Il piano di pace presentato da Annan, accettato sulla carta anche dalla leadership di Damasco e da parte dell’Opposizione, ha il merito di cercare una soluzione politica basata sul dialogo.
Ma il presidente Bashar al Assad è veramente interessato a trattare? O, ancora una volta, sta ’prendendo tempo’? Fino ad ora è sembrato deciso ad usare la forza e le risorse del Paese pur di restare al potere, senza curarsi dei costi umani ed economici per la popolazione.
E l’Opposizione siriana? Divisa più che mai ( liberali, nazionalisti arabi, islamici, curdi) , alla conclusione dell’incontro che si è tenuto a Istanbul (26-27 marzo) sembra essersi accordata nel riconoscere come interlocutore il Cns (Consiglio nazionale siriano). Ma al patto non hanno aderito le componenti curde. Un elemento certo non trascurabile. E’ possibile, quindi che alcune forze dell’Opposizione accettino il dialogo proposto da Annan, ma su un punto sembrano tutti concordi: l’uscita di scena di Bashar-al Assad. Sembra un drammatico ’gioco dell’Oca’. Un giro e si ritorna alla partenza.
Intanto, domenica primo aprile, ancora a Istanbul si svolgerà la seconda conferenza deiPaesi ’Amici della Siria’. Circa ottanta, fra Nazioni e Organizzazioni internazionali. Grande assente, anche questa volta, la Russia mentre sarà presente ai lavori il segretario di Stato americano Hillary Clinton. Fra gli scopi del summit, altri aiuti “non militari” ai ribelli siriani. Aiuti, in medicine, cibo e supporto per le comunicazioni che sarebbero quindi indirizzati ai disertori. Anche l’Esercito siriano libero, si era diviso ( a causa di un attrito fra i due leader, il colonnello Riad al Assaad, il primo comandante dell’Esercito libero siriano, e il generaleMustafa Al-Sheikh, l’ufficiale disertore di più alto grado). Ma sabato scorso, un portavoce ha annunciato che si è organizzato di nuovo sotto la guida di un unico ’Consiglio militare’.
Aspettando un altro giro delle pedine sul tavolo, le variabili del gioco aumentano. In Medio Oriente tutto può accadere in un attimo e scompigliare le strategie. O spazzare via le pedine.
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/La-Siria-resta-in-attesa/ (riproducibile citando la fonte)
Siria, l’opposizione si coordina.
“Il dovere dell’Esercito e’ quello di proteggere il popolo”
Il Consiglio nazionale siriano (Cns) il maggiore gruppo d’Opposizione nel Paese, e l’Esercito siriano libero il (FSA) formato da disertori delle forze armate del regime, si sono incontrati per la prima volta in Turchia a Hatay, una provincia ai confini con la Siria. Scopo della riunione, creare una Commissione per monitorare la situazione e coordinare la lotta contro il Presidente Bashar al-Assad. Partite da posizioni differenti, le due parti hanno tuttavia convenuto (ieri 30 novembre 2011) che “il dovere dell’Esercito siriano libero, e’ quello di proteggere il popolo e di non attaccare l’esercito regolare o i sostenitori del regime”. Solo azioni difensive dunque e stop alle azioni di attacco.
La nascita dell’esercito siriano libero (FSA) era stata annunciato il 29 luglio 2011. E’ composto da disertori che hanno abbandonato l’esercito del Presidente Bashar al Assad. Ilquartier generale è in Turchia nella provincia di Hatay, al confine con la Siria, con gruppi che operano in Siria, sia nelle aree urbane che in campagna.
Soprattutto nel nord ovest del Paese( Idlib e Aleppo), nella regione centrale ( Homs, Hama,Rastan) sulla costa intorno a Latakia, a Damasco, e nell’area a sud di Damasco, a Daraa. Difficile stabilire il numero esatto dei componenti. Il leader dell’ Esercito siriano libero,Riyadh al-Asaad, ha dichiarato circa 15mila unità divise in 22 battaglioni operativi. Le forze dell’opposizione siriana non sono unite sul modo di realizzare il cambio di regime.
Il 24 novembre scorso, l’Esercito siriano libero ha invitato i paesi stranieri ad effettuare raid aerei contro ’obiettivi strategici’ del governo siriano, per accelerare il crollo del regime diBashar. Lo stesso giorno, in un’intervista ai media, ha dichiarato che questo presupposto non dà il benvenuto all’ingresso diretto in territorio siriano di truppe straniere ma spera che “la comunità internazionale imponga una non-fly zone”.
La principale organizzazione dell’opposizione siriana, con sede generale sempre in Turchia, il Consiglio Nazionale siriano, si oppone invece all’intervento militare straniero. Il 23 novembre, durante una visita in Francia, il leader del Consiglio, Burhan Ghalioun, ha affermato che “l’Esercito siriano libero deve fare tutto il possibile per evitare scontri militari diretti con le truppe governative, così da impedire che l’intero paese sprofondi del tutto nella guerra civile”.
Ma è già guerra civile in vaste aree del Paese e la probabilità che possa dilagare è sempre più provabile. Anche se non è da escludere un colpo di stato interno. I generali alawuiti (a capo dell’esercito, della sicurezza, dell’intelligence) per ora, sono dalla parte di Bashar. Ma per quanto tempo ancora?
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/siria-lopposizione-si-coordina/ (riproducibile citando la fonte)
La Siria e gli altri
Il premier turco Erdogan e Bashar al-Asad
La Lega Araba sospende la Siria dall’Organizzazione e, il 16 novembre, centinaia di siriani protestano colpendo le ambasciate del Qatar, degli Emirati Arabi, del Marocco. Prima era stata attaccata anche quella dell’ex alleata e amica Turchia. E gli attori sulla scena internazionale si moltiplicano, si schierano, mantengono o cambiano il ruolo.
La Lega araba prima di tutto. La sua decisione può allora essere sufficiente a far cadere Bashar al-Assad? Secondo Robert Fisk “è difficile”. Per il giornalista britannico infatti la caduta di Bashar è ancora molto lontana anche se “il tempo a sua disposizione si sta esaurendo rapidamente”. Un consenso inter-arabo anti-Assad rende più difficile alla Russia e alla Cina il sostegno al regime ma, ancora Fisk, dalle pagine dell’’Indipendent’, afferma che “ i vertici militari russi non hanno interrotto la fornitura di armi e tecnologia militare alla Siria, che permette alla flotta militare russa di avere un porto (Tartous) sul Mediterraneo”.
La Turchia. Il primo Ministro Recep Tayyb Erdogan ha reagito all’attacco dell’Ambasciata minacciando di sospendere i progetti congiunti di trivellazioni petrolifere e di tagliare le forniture elettriche alla Siria. Un’azione che procurerebbe però un bel danno economico per la Turchia, che ha fatto molti investimenti in Siria. Ankara, d’altra parte, all’inizio delle rivolte ha cercato di convincere Bashar Al- Assad ad abbandonare la via della repressione ma dopo vari tentativi falliti, ha aperto all’Opposizione siriana ospitando vertici e Congressi. E proprio dalla Turchia il 17 novembre il leader del leader dei Fratelli musulmani siriani in esilio, Muhammad Shafqa, ha dichiarato alla stampa che la Fratellanza è favorevole “a un intervento militare straniero in Siria, meglio se turco”.
Damasco non rispetta il piano.
Bashar al Assad trascura i quattro punti della road map della Lega Araba.
Bashar al-Assad
La Lega Araba è un’Associazione internazionale composta oggi di 22 stati arabi, nata nel 1945 al Cairo, con lo scopo di coordinare le loro politiche, di rappresentarli in alcune trattative internazionali e di mediare dispute e conflitti. La Lega non ha poteri militari. E, fino ad ora, in nessuna delle numerose crisi mediorientali, ha raggiunto gli obiettivi, rivelandosi di fatto un organismo ininfluente.
Anche l’accordo con il governo di Damasco, che sembrava essere stato raggiunto settimana scorsa (il 2 novembre) è fallito. I quattro punti della Road Map proposti dalla Lega: fine alle violenze, rilascio dei prigionieri politici, libero accesso alla stampa internazionale, e ritiro dei carri armati dalle città, non sono stati rispettati. La Lega ha organizzato quindi un incontro sabato prossimo, 12 novembre, per riesaminare la delicata questione siriana. Il segretario generale della Lega Araba, Nabil el-Arabi è con le spalle al muro. Ha lanciato un nuovo appello al regime siriano ricordando che “il fallimento della soluzione araba avrebbe conseguenze disastrose sulla situazione nel Paese e della regione nel suo insieme”. Ma il Presidente Bashar al-Asad sembra curarsene poco. In Siria infatti, proseguono le violenze. I mezzi pesanti continuano ad attaccare Homs, roccaforte della rivolta, dove secondo gli attivisti “è in atto un disastro umanitario”. E sembra che l’esercito sia entrato anche nella città Hama, nella zona centro-occidentale del Paese. La repressione continua. Secondo le stime dell’Alto Commissariato dell’Onu i civili uccisi sono oggi oltre 3.500.
Bashar apre alla Lega Araba
La road map prevede la fine delle violenze e l’ingresso nel paese dei media arabi e internazionali.
Bashar al-Assad
Questa volta Bashar ha detto sì. “Accogliamo con favore l’accettazione da parte dei fratelli siriani del piano di azione”, ha detto lo Sheikh Hamad ben Jasem Al Thani, Ministro degli Esteri del Qatar e Presidente di turno dell’Organizzazione Interaraba.
Una mossa a sorpresa dopo il rifiuto dello scorso 16 ottobre della proposta di mediazione della Lega araba. Invece, ieri sera, mercoledì 2 novembre, il regime siriano ha accettato la road map, in quattro punti, che è stato pubblicata anche dall’agenzia ufficiale siriana Sana. Il piano prevede la fine delle violenze e della repressione, la liberazione dei detenuti politici, l’evacuazione dei centri abitati dai carri armati e l’apertura del paese agli osservatori della Lega araba e ai media arabi e internazionali.
Fra due settimane a Doha, in Qatar, dovrebbero iniziare gli incontri tra la commissione ministeriale interaraba, i rappresentanti del governo siriano e quelli dei vari gruppi delle Opposizioni in patria e all’estero. Obiettivo: un Congresso di Dialogo Nazionale. Ancora sconosciuto il luogo dell’incontro. Il regime ha chiesto che si svolga a Damasco mentre le forze di opposizione , fuori dal Paese.
Lega araba in Siria per mediare
Tra le manifestazioni proregime, una delegazione guidata dal Qatar arriva a Damasco per avviare il dialogo.
“Abbiamo paura di una guerra civile”. Me lo hanno detto tanti siriani durante i 4 mesi passati nel Paese, dall’inizio delle rivolte, a metà marzo. Me lo ripetevano cristiani ma anche musulmani sunniti. Sciiti, alawuiti. Profughi iracheni. Palestinesi. A ottobre, il primo allarme è arrivato da Homs. Tensione e vendette fra sostenitori del Presidente Bashar al Assad e oppositori. La città divisa, barricate fra i quartieri.