Marocco

Minireport Esteri - ConBagaglioLeggero di Antonella Appiano

27 ottobre 2014 : Minireport Esteri

#Minireport esteri: #Marocco, il governo ha annunciato che aumenterà i piani per la sicurezza nazionale, dopo i numerosi arresti di estremisti nel Paese e visto l’alto numero di marocchini andati in Siria e Iraq per combattere nelle milizie dello IS.#Brasile,vince Dilma Roussef, confermata presidente, il candidato del centrodestra al ballottaggio, Aecio Neves, riconosce la sconfitta.#Tunisia, iniziato lo spoglio dopo il primo voto parlamentare, non ci sono stati scontri. #Ucraina exit poll premiano il partito del presidente Petro Poroshenko che ha parlato di riavvicinamento irreversibile all’Europa. Nel Parlamento ci saranno però anche dei seggi per i filorussi ( fonti Bbc e Al Jazeera, Kyiv Post).

Paesi Arabi: Cooperazione, Imprenditoria, Istituzioni

Una equazione possibile

Non vuole essere definito un giovane innovatore, Marco Sergi, Presidente di MEDInaTERRANEA, un’associazione di promozione sociale nata a Milano nel 2008. Ma giovane lo è senza dubbio, e senza dubbio è un innovatore. Insegnante d’italiano per stranieri  per passione, una laurea in Mediazione Linguistica Culturale, esperienza di vita nei Paesi Arabi, e la voglia di trovare un modello diverso di Cooperazione fra l’Italia e la sponda sud del Mediterraneo. Un progetto che coinvolga imprenditori, associazioni non profit e istituzioni”.

Prima di tutto, come possiamo definire MEDInaTERRANEA?

Una associazione di esperti di comunicazione e mediazione formata da emigrati italiani nei Paesi del Mediterraneo e da immigrati arabi in Italia, che si è fatta le ossa con la creazione di prodotti editoriali multilingue. E che per esperienza diretta  conosce quindi il valore della collaborazione. Dal 2010,  abbiano sviluppato il progetto con un nuovo percorso che ha l’obiettivo di rafforzare le relazioni economiche, commerciali e culturali, creando una rete fra attori diversi con obiettivi comuni. Quindi rappresentanti del settore pubblico e del privato, del profit e non-profit, e diversi per nazionalità.

Poca retorica e molta concretezza. “Perché  bisogna sfatare due luoghi comuni: quello che vede nella Cooperazione Internazionale solo filantropia e nell’Imprenditoria solo arido desiderio di guadagno. Il settore delle Ong (Organizzazioni Non governative non-profit) che si occupa di Cooperazione Internazionale  e il mondo dell’Imprenditoria si sono sempre guardati con una certa diffidenza. Invece, ognuno di essi possiede un patrimonio di competenze e specificità che integrate, possono tutelare i desideri e gli interessi di tutti.  Perché non coinvolgere direttamente il settore privato nella lotta contro la povertà? L’unità da forza”.

E facile parlare di dialogo, scambio, comunicazione fra popolazioni  culture diverse in astratto. Ma il gruppo dei giovani fondatori di MEDInaTERRANEA, aveva dimostrato già alla nascita di avere idee chiare, pragmatiche. Concretizzando il desiderio di trasmettere informazioni e notizie fra l’Italia e i Paesi del Medio Oriente e Nord Africa, nella rivista biligue aljarida (n.d.r giornale in arabo) e la sua versione on line  aljarida.it. “Un periodico mensile gratuito distribuito a Milano, con una redazione composta da collaboratori che vivono in vari Paesi del Mediterraneo”. Ad Aljarida oggi si è affiancato . Med (Marco Sergi è il direttore di entrambe le testate). La nuova rivista, ha un sottotitolo: Sviluppi nel Mediterraneo, per non navigare a vista in un mare di Opportunità. “E’ nata dalla collaborazione di un gruppo di associazioni arabe in Italia, supportata dai istituzioni italiane e marocchine e vuole  appunto essere un punto di riferimento  per chi è interessato allo sviluppo d’impresa. L’obiettivo è di favorire le attività economiche che rispettino i piani di sviluppo locale e gli interessi degli imprenditori. Il nostro Paese chiave per ora è il Marocco, con l’idea di estendere il modello ad altri Paese del nord Africa e del Golfo”. Quindi non solo cultura ma anche economia.

E torna il concetto di rete e di innovazione.Ci sono 60mila aziende italiane impegnate nell’area MENA (Middle east and North Africa). In Marocco 20 imprese si sono già associate in una rete, Iride, convinte che esista  un nuovo modo di fare impresa all’estero” spiega Marco Sergi.

Ora più che mai, con l’Italia in piena crisi economica, le aziende italiane, sentono in bisogno di uscire dagli stretti confini nazionali. Il mondo sta cambiando velocemente. Nuovi scenari. Nuovi linguaggi. E bisogna trovare nuovi ritmi e nuove vie.  La migrazione ormai è una costante della nostra vita. Un fenomeno che deve essere visto come ricchezza e opportunità. Non come invasione o problema. Infatti, secondo Marco Sergi, oggi la sfida non è solo quella di far interagire soggetti che non avevano mai collaborato, come il Profit e il Non Profit. Ma  anche di rinfrescare il concetto di  Cooperazione e Co-sviluppo. “Sempre prendendo come esempio il Marocco: i risultati migliori si ottengono coinvolgendo i migranti, le società di destinazione e quelle di  origine. Valorizzando i progetti degli stranieri, creando partnership”.

“Il valore di un’idea sta nel metterla in pratica” disse Thomas Edison. Verissimo perché la creatività rischia di rimanere sterile. Ora più che mai abbiamo bisogno di persone in grado di concretizzarle.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Paesi arabi: cooperazione imprenditoria, istituzioni (riproducibile citando la fonte)

arocco, paese impegnato a mantenere la stabilità

Marocco, Paese impegnato a mantenere la stabilità

Ci vuole tempo per ottenere risultati ma siamo sulla buona strada – racconta  Hassan Charraf, Capo Dipartimento Sviluppo della Fondazione “Creazione d’Impresa” della Banca Popolare del Marocco. – Il Paese all’interno del quadro nord africano e del Medio Oriente sconvolto dalle rivolte,  è riuscito a mantenere la stabilità interna. Abbiamo guardato con apprensione e timore ciò che è successo in Libia e in Siria”.

Le proteste, all’inizio del 2011, dopo quelle tunisine ed egiziane, si sono calmate perché re Muhammad VI ha accettato subito di ascoltare le richieste  del popolo che chiedeva cambiamenti in ambito  politico e socio-economico. Dopo l’approvazione della Nuova Costituzione (luglio 2011)  e le elezioni  ( 25 novembre 2011), quali sono ora  i problemi del Marocco?

La lentezza delle riforme. Dobbiamo accelerare il ritmo e la velocità soprattutto nel settore Giudiziario e dell’Educazione. L’indipendenza della Magistratura  è già garantita meglio, esiste il riconoscimento del diritto di stampa e di espressione. Grandi passi quindi nell’informazione e nei diritti umani. Ma nel Paese il tasso di  analfabetismo è di circa il 45%. Aumenta nell’entroterra, nelle zone rurali e colpisce soprattutto le donne. Esistono ancora squilibri sociali e disoccupazione. Però la gente, ha capito, che si può procedere senza rivoluzione. Si sono svolte libere elezioni. La popolazione  ha votato il partito islamico  Giustizia e Sviluppo e ha capito che, per rispettare le regole della democrazia, deve permettere  al partito e  al suo  premier Benkirane di lavorare durante tutto il  tempo stabilito. Dopo giudicherà se ha mantenuto o meno le promesse fatte in campagna elettorale. Il Marocco è un Paese affascinante ma complesso: è musulmano ma ha sempre cercato l’innovazione. E’ africano e nello stesso tempo mediterraneo ed europeo.

Senza dubbio,  re Muhammad VI, all’inizio delle proteste,  ha rinunciato allo strumento delle repressione  dimostrando  di possedere una visione lungimirante. Nonostante la riforma della Costituzione,  il sovrano continua a mantenere comunque  il potere di nominare il capo del governo. Però secondo le nuove normative, il prescelto deve essere deve essere  il leader del partito di maggioranza relativa  E’ stata quindi cancellata la voce della discrezionalità. Un re, Muhammad VI, che ha potuto fare leva sulla grande  considerazione  di cui gode l’istituzione monarchica. Chi manifestava non ha mai chiesto la caduta del sovrano.  

Ma che cosa rappresenta  dunque la monarchia oggi, in Marocco?

A chi me lo chiede -spiega Seloua Hermez, Responsabile del Dipartimento Investimenti del Ministero della Comunità marocchina Residente all’Estero – rispondo che è un poco come in Gran Bretagna. Nessuno mette i dubbio la sua legittimità. E’ il simbolo dell’Unione del Paese.

Parliamo della situazione economica del Paese, a  poco più di un anno e mezzo dalle elezioni. E’ migliorata?

Sul piano economico,  durante il 2012 abbiamo registrato  un incremento del  3%, che dovrebbe raggiungere e il 5,5%  nell’anno in corso, risponde Hassan Charraf. La stabilità politica attira gli investitori stranieri e il turismo. E  questo anche grazie allo sviluppo delle infrastrutture compiuto negli ultimi anni. Il Marocco registra poi come voce importante l’agricoltura mentre è ancora difficoltà nel settore manifatturiero. Si avverte la necessità di formare personale specializzato. Come dicevo è fondamentale accelerare le riforme nel campo scolastico. E inoltre l’interscambio commerciale marocchino (soprattutto prodotti agricoli e fosfati) ha dovuto fronteggiare un deterioramento dovuto alla crisi economica dell’Eurozona. L’Europa, infatti, rappresenta  la destinazione di di circa il 60% delle nostre esportazioni.

E la disoccupazione giovanile? I dati dichiarano un 15%. Progetti?

E’ in atto un piano per la formazione e lo sviluppo della micro impresa in ognuna delle 15 regioni del Marocco, destinato proprio ai giovani. Lo scopo è di  per aiutarli nella creazione e  accompagnarli nella spinta imprenditoriale anche con un periodo di  tutoraggio.

Di donne  e diritti parliamo con Seloua Hermez.

Naturalmente c’è differenza fra le aree urbane e quelle rurali – risponde. E ancora fra la fascia costiera vivace e turistica  e il Marocco dell’entroterra, soprattutto la zona al confine con l’Algeria. Lì, le donne vivono realtà molto patriarcali. Il problema è soprattutto l’altissimo tasso di  analfabetismo, per questo gli sforzi  andrebbero concentrati  prima di tutto nell’educazione.  Per ora le donne marocchine lavorano soprattutto nel settore scolastico, ospedalierio. Sono insegnanti, impiegate, infermiere, medico. Molte sono impegnate nel settore turistico, in costante crescita. Nel 2014 infatti dovrebbero aumentare del 7/%  nel numero degli arrivi. La nuova Costituzione comunque è a favore della donna. Anche se non dobbiamo dimenticare che la legge da sola non è sufficiente a soppiantare cattive abitudini dettate dalla tradizione  e dalla non –conoscenza.

Come ha scritto la sociologa marocchina Fatima Mernissi infatti,  la tradizione patriarcale è la prima a dover essere “attaccata” nei paesi arbo-musulmani. Ma la Mernissi non risparmia critiche neppure all’Occidente dove le donne sono “vittime spesso inconsapevoli di una cultura maschilista che cerca costantemente  di sopraffarle“.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro: Marocco paese impegnato a mantenere la stabilità (riproducibile citando la fonte)

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Marocco, emergenza famiglia

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Ci vuole tempo per ottenere risultati ma siamo sulla buona strada – racconta  Hassan Charraf, Capo Dipartimento Sviluppo della Fondazione “Creazione d’Impresa” della Banca Popolare del Marocco. – Il Paese all’interno del quadro nord africano e del Medio Oriente sconvolto dalle rivolte,  è riuscito a mantenere la stabilità interna. Abbiamo guardato con apprensione e timore ciò che è successo in Libia e in Siria”.

Le proteste, all’inizio del 2011, dopo quelle tunisine ed egiziane, si sono calmate perché re Muhammad VI ha accettato subito di ascoltare le richieste  del popolo che chiedeva cambiamenti in ambito  politico e socio-economico. Dopo l’approvazione della Nuova Costituzione (luglio 2011)  e le elezioni  ( 25 novembre 2011), quali sono ora  i problemi del Marocco?

La lentezza delle riforme. Dobbiamo accelerare il ritmo e la velocità soprattutto nel settore Giudiziario e dell’Educazione. L’indipendenza della Magistratura  è già garantita meglio, esiste il riconoscimento del diritto di stampa e di espressione. Grandi passi quindi nell’informazione e nei diritti umani. Ma nel Paese il tasso di  analfabetismo è di circa il 45%. Aumenta nell’entroterra, nelle zone rurali e colpisce soprattutto le donne. Esistono ancora squilibri sociali e disoccupazione. Però la gente, ha capito, che si può procedere senza rivoluzione. Si sono svolte libere elezioni. La popolazione  ha votato il partito islamico  Giustizia e Sviluppo e ha capito che, per rispettare le regole della democrazia, deve permettere  al partito e  al suo  premier Benkirane di lavorare durante tutto il  tempo stabilito. Dopo giudicherà se ha mantenuto o meno le promesse fatte in campagna elettorale. Il Marocco è un Paese affascinante ma complesso: è musulmano ma ha sempre cercato l’innovazione. E’ africano e nello stesso tempo mediterraneo ed europeo.

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Nel turbine della storia- Parte I Le Primavere nell’area del Maghreb

Le analisi sono complesse quando i fatti sono ancora in atto e in continua evoluzione. Molte le chiavi di lettura e i punti oscuri

Mi trovavo ad assistere ad avvenimenti insoliti e i contorni di quella nuova mappa non cessavano di affascinarmi” scriveva Ryszard Kapuściński e ancora: “Un impetuoso fluire della storia che scorre e trasforma ogni cosa. Mi sono chiesto fino a che punto noi stessi, immersi come siamo nella corrente, siamo in grado di comprenderne l’intero corso. E fino a che punto possiamo farne una sintesi”. Saggio KapuścińskiAnche noi rispetto al Medio Oriente e alle cosiddette ‘Primavere arabe’ siamo immersi nel pieno della corrente. Analisi e sintesi sono complesse da fare. E in più dobbiamo districarci con la massa di informazioni che arriva dal web, spesso incontrollata e incontrollabile. E quanta retorica nella tesi delle rivolte nate sui Social Network e delle rivoluzioni causate dai tweet? Intendiamoci, il web 2.0 si è rivelato un ‘amplificatore’, uno strumento di diffusione. Ha dato la possibilità di sapere cose che non avremmo saputo.

Ma senza la presenza contemporanea ed esplosiva di altri fattori come la situazione economica e sociale disperata, l’aumento della popolazione giovane e la crescente disoccupazione, i sistemi autoritari sempre più avidi e corrotti e incapaci di rendersi conto delle nuove richieste, la crisi economica in Europa, il fuoco si sarebbe spento in fretta. Non possiamo ancora comprendere l’intero corso di questo fiume in piena, certo. Ma cerchiamo di fare un punto, pur relativo, della storia dei Paesi arabi delle Primavere, dopo la caduta dei regimi (dove ci sono stati); dei cambiamenti; delle transizioni o delle mancate transizioni. Oggi prenderemo in esame l’area del Maghreb.

Nel Maghreb (Marocco, Tunisia, Libia, Algeria, Egitto)

È iniziato tutto qui, nella sponda sud del Mediterraneo. E in questa regione soltanto il Marocco, la monarchia marocchina, ha dimostrato di saper cogliere le richieste di riforme in maniera reale, non solo di facciata. Anche se in tutti e cinque i Paesi si sono svolte libere elezioni. Ma in Libia non c’è di fatto alcuna stabilità e si continua a combattere fra clan e gruppi jihadisti. In Tunisia e in Egitto la transizione si sta svolgendo con difficoltà fra la divisione interna dello stesso partito Al- Nahda (in Tunisia) e lo scontro politico fra i partiti islamici e le ali più radicali.

Sta già fallendo dunque la promessa di un nuovo modello di ‘democrazia islamica’? Secondo Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento, esperto dei movimenti radicali contemporanei e autore di ‘L’alternativa islamica‘: Senza dubbio quanto sta accadendo in Egitto e Tunisia sembra far fallire le promesse di un nuovo modello politico ispirato all’islamismo moderato, modello che la partecipazione dei partiti islamici alle rivolte arabe avevano suscitato. I partiti islamici non sembrano essere in grado di svolgere, all’interno della società tunisina ed egiziana, quella funzione egemonica necessaria per coagulare un ampio consenso popolare dietro le scelte (moderatamente) islamiste di cui al-Nahda e i Fratelli Musulman si facevano portavoce. Anche la scelta del Presidente egiziano Morsi e dei Fratelli Musulmani d’ impadronirsi delle leve del potere ha suscitato più opposizione che consenso, pregiudicando la vittoria elettorale acquisita solo pochi mesi fa”.

Ma in Tunisia e in Egitto va rilevato anche una altro fatto. Le forze di opposizione laica e di sinistra non hanno mai accettato il responso delle urne che aveva visto vincitori i partiti islamisti, afferma Massimo Campanini.”L’atteggiamento delle forze laiche e di sinistra non è stato democratico: se un partito conquista il 45 per cento dei voti alle elezioni, deve pesare nel processo costituzionale e istituzionale per il 45 per cento. Quando si è eletta la costituente in Italia nel 1946, in seguito a un processo democratico, i seggi vennero ripartiti proporzionalmente tra le forze politiche. Questo non è uno scandalo. Scandaloso è il fatto che le forze di opposizione non abbiano accettato il responso delle urne. Come scandaloso il fatto che i partiti islamisti abbiano cercato con colpi di mano e forzature, di accelerare i processi a loro favore“. Una via di uscita? “Nuove elezioni (quelle egiziane dovrebbero essere in aprile) per determinare esattamente quali sono le forze in campo. A patto che tutti le accettino poi davvero in maniera democratica, qualsiasi sia l’esito, di sinistra o islamista . E che si lavori per governi di ampia coalizione in grado di portare i Paesi al di fuori delle secche di una crisi economica di cui non si vede la soluzione. E di un processo democratico bloccato”.

I punti oscuri sono tanti. In Tunisia non possiamo attribuire automaticamente l’assassinio di Belaid a una parte politica. Ancora Massimo Campanini “Senza dubbio, il fine era quello di destabilizzare. Ma non sappiamo con certezza chi è stato”. In ogni caso, sono in azione forze oscure. E i black bloc in Egitto? Da dove vengono? Chi li foraggia? Ex-mubarakiani o l’esercito? Esistono forze controrivoluzionarie in gioco ma è difficile nel calore degli avvenimenti capire quali”.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Le primavere nell’area del Maghreb (riproducibile citando la fonte)

 

La Primavera non è finita: alla ricerca dell’equazione fra Islam e democrazia, un processo di cambiamento lungo e attualmente in atto.

“Primavere sfiorite”. “La Primavera è diventata autunno”. “Scenari inediti per il mondo arabo”. “La vittoria dell’Islam politico nelle Primavere”. I titoli dei quotidiani di tutto il mondo si sprecano in questo periodo, dopo circa una anno e mezzo dal fermento cominciato il 17 dicembre 2010, con il suicidio a Sidi Bouzi in Tunisia, del fruttivendolo Muhammed Bouazizi. Un atto, un’azione che si è tramutata subito in agitazione a onda lunga e che ha sollevato e scosso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo (Egitto, Libia Marocco), continuando inarrestabile il suo cammino a est, in Siria, Yemen, Bahrein.

Anche se la situazione è ancora fluida e i contesti differenti, si possono però fare alcune riflessioni ed evidenziare alcuni punti. In Tunisia, le elezioni sono state vinte dal partito islamista En-Nahdah (Rinascita, Rinascimento). I deputati dell’Assemblea Costituente hanno mantenuto l’articolo 1 sulla laicità dello Stato, che non prevede quindi la Sharia, resistendo alla spinte estremiste dei Salafiti. In Libia, dove è avvenuta ‘l’invasione di campo’ da parte dell’Occidente (Nato) che si è appropriato del processo rivoluzionario con l’intervento militare, la situazione è caotica.

Morto Muammar Gheddafi, cacciata la dittatura, la Libia non ha ancora un governo né un esercito regolare. La sicurezza è affidata a milizie armate e il paese è diviso in fazioni e tribù. Per il 7 luglio è prevista l’elezione di 200 membri dell’Assemblea Costituente.

Yemen. Dopo 22 anni di dominio Alì Abdullah Saleh ha lasciato il Paese sotto la protezione degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita. Ma il potere è nelle mani del suo vice e uomo di fiducia, Abd Mansour Hadi, vincitore di un’elezione presidenziale-farsa (anche se controllate dagli Stati Uniti) in cui era presente lui come unico candidato. Intanto sono riprese le proteste in piazza perché il popolo vuole Salehrientri in Yemen per essere processato. E nel sud del Paese, come scrive Jonathan Steele sul ‘TheGuardian’, “sventolano le bandiere nere di Al Qaeda”. Anzi di Aqpa, nata nel gennaio del 2009 dall’unione della sezione saudita e yemenita dell’organizzazione creata da Osama Bin Laden. “In questa parte dello Yemen – si legge ancora sul ‘Guardian’ – sparisce la presenza del governo. La sicurezza è gestita alle milizie jihadiste e i servizi pubblici sono affidati a un emiro”.

In Marocco re Mohammed IV ha reagito con solerzia alle richieste del popolo che nelle piazze di Casablanca, Marrakech e Rabat scandivano lo slogan “vogliamo un re che regni ma che non governi”. Il re ha quindi emendato la Costituzione e ha sottoposto la riforma il primo luglio 2011 a un referendum popolare. Alle elezioni ha vinto il partito islamista Giustizia e Libertà.

Bahrein. Un caso insolito. Le manifestazioni contro la Monarchia, sedate con l’intervento militare dell’Arabia saudita, si sono svolte nel silenzio dei Media. La maggioranza della popolazione sciita sta chiedendo da oltre un anno alla monarchia sunnita riforme e pari opportunità ai cittadini.

Siria. Il processo storico nel Paese è “più in atto che mai”, anche perché dopo 18 mesi dall’inizio delle prime manifestazioni il presidente Bashar Al-Assad è ancora al potere.

La crisi si è internazionalizzata. E gli eventi si complicano ogni giorno di più. E incalzano. Mentre scriviamo, su richiesta della Turchia, l’Alleanza Atlantica si è riunita a Bruxelles per discutere del recente abbattimento del caccia turco Phantom F-4 da parte della contraerea siriana. “La Nato valuterà la situazione alla luce delle informazioni disponibili. Ankara sosterrà che l’aereo si trovava nello spazio aereo internazionale, mentre il governo di Damasco afferma che il jet era penetrato in quello siriano”. (fonte AGI).

In Egitto, i ragazzi di piazza Tahrir – promotori e anima della Rivoluzione che ha portato alla caduta di Hosni Mubarak, l’ex Generale dell’aviazione rimasto al potere per 30 anni – non hanno saputo trasformarsi da forza propulsiva a organizzazione politica. Così al potere per tutti questi mesi di transizione è rimasto l’esercito, con Mohammed Hussein Tantawi, non solo comandante in capo dell’Esercito, ma ministro della Difesa e della Produzione Militare, nonché presidente della Corte suprema. Carica di cui si è servito per sciogliere nei giorni scorsi il Parlamento (eletto il gennaio) in cui la Fratellanza musulmana godeva di una forte maggioranza. La corte ha anche ammesso al ballottaggio per le Presidenziali il candidato dell’esercito Ahmed Shafik. Le elezioni sono state vinte dal candidato dei Fratelli Musulmani Mohammed Morsy, che rimane però senza il Parlamento, già conquistata dalla Fratellanza.

Fin qui un riassunto dei fatti. Tanti. Non ancora del tutto inquadrabili e definitivi. Una, almeno, la riflessione obbligatoria. La vittoria in Tunisia, Marocco ed Egitto di partiti islamisti e dell’Islam politico rende l’Occidente inquieto. Soprattutto per la grande confusione che si fa tra partito islamista ’moderato’ – confessionale dunque – e movimento estremista, se non terrorista. Tanto rumore per nulla dunque, per parafrasare Shakespeare?
Secondo la tesi formulata dallo studioso Olivier Roy, sì. Roy, infatti, già nel celebre saggio ’L’echoc de l’Islam politique’ affermava che il “mondo arabo vive ormai in una fase post-islamista derivata dal fallimento dell’Islam politico. Una fase che ha spezzato il legame fra impegno religioso e rivendicazione politica”.

Lo studioso Massimo Campanini, autore del saggio ’L’alternativa islamica’, sostiene invece che per quanto la tesi del post-islamismo “contenga una parte di verità perché durante le manifestazioni tunisini ed egiziani chiedevano ’Pane, giustizia e libertà’, quindi rivendicazioni del tutto laiche. Tuttavia, quando il movimento rivoluzionario si è istituzionalizzato l’Islam è tornato alla ribalta”. Ma c’è Islam e Islam. E senza dubbio la vittoria dei partiti islamisti è avvenuta soprattutto per ragioni sociali e politiche (le organizzazioni dei Fratelli Musulmani o di Ennahda, hanno sempre svolto un’azione sociale, di supporto e aiuto alla popolazione più povera) e identitarie.

E il 70% della popolazione nel mondo arabo ha meno di 25 anni. Una nuova generazione che fa comunque parte della società globale e rivendica una democrazia declinata secondo le proprie esigenze e non imposta dall’Occidente. Anche questi giovani, o almeno una parte, hanno votato per i partiti islamici. Dovranno essere loro, come protagonisti dell’Islam politico (post o comunque rinnovato) a dover cercare l’equazione fra Islam e democrazia. Cambiamenti, contraddizioni, incertezze. Ma la regione mediorientale sta vivendo un momento storico. È in fase di transizione. L’Occidente non deve trarre conclusioni affrettate. E soprattutto non deve intervenire per guidare i processi di cambiamento, piegandoli alle proprie visioni.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro La primavera non è finita (riproducibile citando la fonte)

La Primavera araba vista da qui

Osama, 28 anni: “i valori dell’Islam non sono in contraddizione con la Democrazia”

Dopo la caduta di Ben Alì sono diventato un ’ex’ rifugiato politico. Me lo ripeto spesso, ’ex’, e provo una sensazione meravigliosa, difficile da esprimere”, racconta Osama Al- Saghir. Ha 28 anni ed è arrivato in Italia, a otto, insieme alla famiglia perseguitata in Tunisia dal regime.

Seconda generazione, ex presidente dei Giovani Musulmani d’Italia, Osama continua a vivere in Italia, alternando frequenti soggiorni in Tunisia. Infatti è stato eletto, nella circoscrizione Italiana dei tunisini all’estero, fra le fila del partito vincente, En-Nahda e ora fa parte dell’Assemblea Costituente. E’ giustamente orgoglioso e consapevole “del contributo che può portare al suo Paese di origine”.

Qui, sono cresciuto in una società civile attiva, un fattore indispensabile per la democrazia. Come i valori della libertà e della dignità, totalmente assenti nella Tunisia di Ben Alì”. Osamasottolinea l’importanza per noi occidentali nel capire “che i nostri valori, i valori dell’Islam non sono in contraddizione con la Democrazia. En-Nahda è un partito d’ispirazione islamicaed è stato scelto e votato dal popolo in libere elezioni”.

I ragazzi 2G vivono una doppia identità e sono portatori di due culture. Questo fattore costituisce una ricchezza anche se a volte crea difficoltà. L’Italia è stato sempre un Paese un po’ razzista e ora, per di più è ’invecchiato’ e in crisi economica. I paesi arabi dai quali provengono le famiglie dei ragazzi 2G, stanno invece vivendo una nuovo momento storico, una fase di cambiamento, che li rende diversi da come erano quando i loro genitori sono partiti.

Marie-Yvonne Kakon e gli ebrei del Marocco.

Testimone di un paese a prevalenza Musulmana dove esiste una completa integrazione culturale.

Nell’affastellarsi di commenti, analisi e previsioni dopo la vittoria, in Marocco, del partito islamico Giustizia e sviluppo alle elezioni parlamentari del 25 novembre, sui media italiani è passata inosservata una notizia. La candidatura di Marie-Yvonne Kakon , 57 anni, 4 figli, consulente immobiliare. Perché donna? No, perché Marie Kakon, è ebrea. Una candidatura significativa quindi in un Paese a prevalenza musulmana. Ma un Paese, come ha dichiarato la stessa candidata al quotidiano ’Akhbar al-Yaoum’, “dove arabi, amazigh (berberi) ed ebrei hanno vissuto fianco a fianco per secoli senza problemi”.

E non solo. La candidata aveva già conquistato 30mila voti nelle elezioni del 2007, un numero che le avrebbe permesso di entrare in parlamento, se il suo partito, il PCS (Piccolo Centro Sociale) avesse superato la soglia del 6 per cento dei voti a livello nazionale. 30milamila voti in un Paese con solo 2.500 elettori ebrei, rappresentano una vittoria. Ancora secondo il quotidiano ’Akhbar al-Yaoum’, “il successo di un candidato ebreo in un paese musulmano potrebbe sembrare sorprendente, ma non in Marocco, dove esiste una completa integrazione culturale”.

Fra le varie iniziative, che si svolgono regolarmente nel Paese nordafricano e che testimoniano la tradizione di apertura e di multiculturalismo, significativa quella coordinata dall’Università di Al-Akawayn di Ifrane. L’Ateneo ha organizzato, nel settembre scorso, un convegno per promuovere la conoscenza della persecuzione e del piano di annientamentdegli ebrei europei durante la Seconda Guerra Mondiale. La stessa Marie-Yvonne, pur sottolineando la sua identità marocchina, è autrice di molti saggi sulla cultura ebraica in Marocco. Una storia interessante, da conoscere. Gli ebrei hanno vissuto in Marocco findall’antichità anche prima delle ondate in fuga dalla Spagna (insieme ad arabi musulmani) dopo la ’reconquista’ del 1492 e la persecuzione dell’Inquisizione spagnola.

Prima degli anni Cinquanta, in Marocco vivevano circa 300mila ebrei ma dopo e la creazione dello Stato di Israele nel 1948, la maggior parte degli ebrei marocchini sono emigrati in Israele, Francia e Stati Uniti. Oggi in Israele vivono circa un milione di cittadini di origine marocchina, mentre in Marocco la Comunità ebraica conta circa 2.500 persone, concentrata soprattutto a Casablanca, Agadir, Marrakech.

E se Marie Kakon è la prima donna ebrea ad aver partecipato alle elezioni parlamentari, in questo particolare momento storico delle ’primavere arabe’, dovremmo sapere che il Marocco già avuto in passato alcuni importanti uomini politici ebrei. Serge Berdugo Ministro del turismo nel 1990, per esempio, e André Azoulay, consulente di Re Hassan II, padre dell’attuale Re Mohammed VI.

In occidente siamo abituati a dare solo risalto a notizie negative. E in particolare in Italia di fronte al recente scenario mediorientale e nordafricano in mutamento, sappiamo evidenziaresolo alcuni elementi, “l’emergere dei gruppi islamisti, la tensione fra Arabia Saudita e Iran, ilriesplodere dei sentimenti antisemiti al Cairo”. Cercando sempre connotazioni negative. Sull’Islam politico ho già scritto in ’Islam e democrazia’.

L’Islam politico del 2011 non è quello degli anni Settanta e Ottanta e non esiste un riflusso antisemita nella regione. Anzi. A ben pensarci i sentimenti antisemiti sono stati alimentati proprio da quei regimi che ci ostiamo a chiamare ’laici’, come valvola di sfogo di società impoverite e represse. Come può essere laico uno stato che deve proteggere tutte le comunità confessionali?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/marie-yvonne-kakon-e-gli-ebrei-del-marocco/ (riproducibile citando la fonte)

Voci dal mondo. RadioRai Uno. Clandestina a Damasco.

03 dicembre 2011

In studio Antonella Lepre.

Voci-dal-Mondo-Radio1

Voci dal Mondo – Radio 1 – puntata 3 dicembre 2011

  • Egitto, l’onda islamica trionfa alle elezioni
  • Si vota anche in Russia. Reportage della nostra inviata a Mosca, Barbara Gruden
  • Instant book: “Clandestina a Damasco“. Una giornalista italiana ha sfidato il regime di Assad
  • In prigione dopo lo stupro perché considerate adultere. Succede alle donne afghane
  • Presidente e poeta. In Irlanda Michael Higgins, capo di stato 70enne, è anche l’idolo dei giovani
  • La crisi economica? Le banche sono sane e c’è fiducia nell’operato del governo.
  • Parola di Federico Ghizzoni, numero uno di Unicredit, che Gaetano Barresi ha incontrato al foro italo-turco di Istanbul
  • Fado amore mio. La melodia portoghese è patrimonio dell’umanità

Islam e democrazia

I programmi dei partiti che hanno vinto le elezioni in Tunisia e in Marocco fanno della religione un elemento unificante.

Forse le ’primavere arabe’ hanno portato finalmente alla luce l’idea che la democrazia possa essere un sistema declinabile in modi diversi, seguendo il percorso storico- culturale dei popoli, delle loro necessità e radici. Non solo pensato quindi su modello occidentale.

L’importazione forzata del ’modello prefabbricato’ di democrazia imposta da George Bush è naufragata nel disastro dell’Iraq. E i danni dei pensatori americani (Samuel Huntington e il suo ’scontro di civiltà’ in testa) hanno avuto un impatto determinante nell’alimentare paure e diffidenze verso una cultura ’altra’ come quella musulmana. Per troppo tempo l’opinione pubblica occidentale è stato pilotata affinché vedesse l’Islam come un pericolo o un rimasuglio storico privo d’importanza nel panorama della globalizzazione. Da far sparire per essere sostituito appunto dal concetto di democrazia eurocentrico.

Invece il momento storico che sta vivendo la sponda Sud del Mediterraneo è proprio caratterizzata da una riconferma dell’identità che fa riferimento all’Islam come un valoreunificante. E’evidente però che questo ’Islam’ ha un forte valenza politica e non religiosa. E si legge chiaramente nei programmi dei partiti islamici che hanno vinto le elezioni in Tunisia e in Marocco (rispettivamente En- Nahda e PJD, Giustizia e Sviluppo). Programmi che parlano soprattutto di sviluppo, lotta alla corruzione, alla diseguaglianza economica.

In questi Paesi ci sono nuove generazioni che vivono in maniera diversa il rapporto fra religione e modernità, generazioni perfettamente consapevoli dei rischi degli ’estremismi’ e di un tradizionalismo troppo fedele a criteri antichi. Sanno che devono far nascere una società in grado di difendere la libertà di espressione e la tolleranza. Principi che, d’altra parte, sono alla origine delle primavere arabe. Perché ’democrazia’ non significa solo libere elezioni ma anche stato di diritto, libertà civili, autonomia dei poteri, uguaglianza di genere.