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Minireport Esteri - ConBagaglioLeggero di Antonella Appiano

19 maggio 2015 : Minireport Esteri

‪#‎Syria‬, ‪#‎Iraq‬, ‪#‎Yemen‬ ‪#‎Immigrazione‬. Palmira per ora è salva ma lo Stato Islamico ‪#‎SI‬ ha conquistato ‪#‎Ramada‬ nella provincia occidentale irachena di ‪#‎Ambar‬. In #Yemen sono ripresi i raid aerei della coalizione a guida saudita contro i ribelli houthi, soprattutto ad ‪#‎Aden‬, dopo cinque giorni di tregua, che non è stata rinnovata per le continue violazioni.
#Immigrazione. Via libera dal Consiglio dei ministri degli Esteri e Difesa europei alle operazioni navali contro i ‪#‎trafficanti‬ di uomini nel Mediterraneo.La risoluzione deve essere approvata dall’‪#‎Onu‬ e poi, nel Consiglio europeo del 25 e 26 giugno a Bruxelles .‪#‎Ue‬ però divisa sulle “quote dei rifugiati obbligatorie (fonti El Pais, Le Figaro, Al Jazeera. Al Arabiya)
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Minireport Esteri - ConBagaglioLeggero di Antonella Appiano

23 settembre 2014 : Minireport Esteri

#Minireportesteri. #Siria. Questa notte Usa e alleati hanno iniziato i bombardamenti aerei per colpire l’Isis (o IS) in Siria. Le prime operazioni su Raqqa, roccaforte dei miliziani dell’autoproclamato “Califfato”. Un gruppo “affiliato” ai miliziani del Califfato ha rapito in #Algeria un cittadino francese. In un video video viene intimato al presidente Francois Hollande (che fa parte dei Paesi che stanno bombardando le postazioni Isis in Iraq) di bloccare le operazioni militari. (fonte Nyt) #Turchia. Ieri il Paese ha richiuso i valichi di frontiera con con la Siria. #Onu lancia allarme rifugiati: più di un milione di siriani hanno attraversato i confini dall’inizio della rivolta contro il regime.(fonte Nyt, Bbc)

Siria: le domande da porsi

La soluzione politica è ancora l’unica strada da percorrere.

Ultimatum, ieri sera dei ribelli siriani alla leadership del Presidente Bashar al Assad: cessare la repressione e rispettare i sei punti del piano dell’inviato Onu Kofi Annan. Intanto, il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito e la Russia e la Cina hanno ribadito l’opposizione ad un intervento militare. Intervento che, invece, gli Stati Uniti non escludono.

Da mesi, sin dall’inizio delle rivolte, affermo che in Siria si sta combattendo anche una ’guerra mediatica’. E la recente strage di Houla, in cui sono state uccise in maniera spietata 108 persone, conferma che i media possono essere usati come armi. Con effetti molto pericolosi. La posta in gioco è alta perché l’infowar potrebbe scatenare una guerra in tutta l’area medio-orientale interessata, coinvolgendo l’Iran e il Libano. Le parole hanno il potere di creare realtà e andrebbero usate con onestà e con cautela.

Sappiamo che a Houla sono morte più di cento persone, delle quali molti erano bambini, ma non sappiamo con certezza chi li ha uccisi. Lo stesso Robert Modd, a capo dei Caschi blu, ha dichiarato che “le circostanze che hanno portato a queste tragiche morti sono ancora poco chiare”. Nessuna fonte indipendente a testimoniare. Succede purtroppo: quindi bisognerebbe citare, per correttezza, le versioni delle due parti in causa. In questo caso, il Governo siriano e l’opposizione. E troppo spesso sono state riportate solo le parole dell’opposizione che ha attribuito la strage alle forze governative. I comunicati delle autorità di Damasco, nei quali la leadership nega ogni responsabilità, sono stati invece ignorati.

Dubbi. E’ doveroso porseli in assenza di prove. E tutto ormai è possibile in questa terribile escalation di violenza in un Paese dove agiscono molti attori: quelli che stanno dalla parte del Governo, l’opposizione armata, ed elementi terroristici che utilizzano i sistemi ’tipici’ di Al Qaida.

Sono entrata in Siria subito dopo le elezioni e l’attentato a Damasco del 10 di maggio. E ho scritto e riportato solo ciò che ho visto. Non è stato molto. Ma ho riportato fatti e non opinioni. Ho avuto dubbi, mi sono posta domande. Domande che continuo a farmi.

La prima. Che interesse possono aver avuto le autorità di Damasco, in un momento così delicato del Piano Annan – con gli occhi del mondo puntati addosso e gli osservatori dell’Onu presenti sul territorio – a compiere il massacro di Houla? Quali i vantaggi strategici?

La seconda. La dinamica, non chiara appunto. Le vittime, secondo i rapporti, sono state uccise da coltellate, colpi di arma da fuoco sparati a distanza ravvicinata, o schegge di granata. Non sembra affatto l’attacco di un esercito regolare. Certo, responsabile potrebbe essere stata una fazione di ’ultra lealisti’ o di milizie sulle quali il Governo non ha più il controllo. Ma anche gruppi di jihadisti che sappiamo presenti in Siria (lo stesso Kofi Annan lo ha dichiarato) e che hanno già compiuto attentati.

La terza. Le modalità della strage, ricordano quelle dei blitz, degli attentati e delle esecuzioni sommarie della lunga guerra civile algerina.

Infine. La strage di Houla rischia di diventare l’episodio scatenante per l’intervento bellico internazionale chiesto da tempo dal Qatar, dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. Una strage terribile che scuote emotivamente il mondo e crea il consenso per un’azione armata. E’ già successo, appena l’anno scorso in Libia, con la notizia – che si è poi rivelata infondata – di fosse comuni e stupri di massa compiuti dall’esercito di GheddafiO, nel passato, per esempio in ex Jogoslavia, nel 1999, quando la scoperta delle fosse comuni di Racak, provocarono l’intervento della Nato in Kosovo. E si trattava invece di un luogo dove erano stati raccolti cadaveri, poi colpiti – post mortem – alla nuca.

Un intervento militare internazionale non è da escludere – come dicono in molti – per proteggere gli interessi geopolitici a scapito della popolazione. E’ da scartare proprio per proteggerla. Per evitare che un’altra ’Operazione Unified Protector’, distrugga il Paese.

Sappiamo che la violenza porterà altra violenza, e che col passare del tempo, il piano Annan, ha sempre meno speranze di vittoria. Ma solo una soluzione politica è in grado di evitare aisiriani altro dolore. La Russia, la Cina e l’Iran, alleati storici, dovrebbero ora, aiutare la Siria, concretamente. Non solo attraverso veti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ma proponendo soluzioni alternative realistiche e attuabili. Lo faranno?

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Siria-Le-domande-da-porsi/ (riproducibile citando la fonte)

Update:

Siria: Merkel e Putin spingono per la soluzione politica.

Damasco. Il giorno dopo.

Ieri, l’esplosione. Oggi la paura di un’escalation della violenza senza vie di sbocco

Damasco, 11 Maggio 2011:“Temiamo un effetto Iraq”. Continuo a pensare a questa frase mentre aspetto un taxi, in una Damasco avvolta da una foschia calda. E’ venerdì, giorno di riposo e, come sempre, le strade sono vuote.

Ma il quartiere popolare di Zahra Al Jadida è animato, la gente rimuove le macerie. “Shufi”,shufi” guarda, guarda, e una giovane donna con l’hijab a fiori mi mostra i fori delle schegge nei muri di quella che era la sua casa, sventrata, come altre, dall’attentato kamikaze di ieri. Fonti diverse parlano di 100 chili di tritolo, 56 vittime, 372 feriti, 200 case distrutte, 80 automobili carbonizzate.

L’obiettivo era la sede della Sezione Palestina dell’ Intelligence, un palazzo di sette piani, ma l’edificio, fortificato, ha resistito all’impatto, mentre ad essere investito in pieno da una pioggia violenta di schegge e lamiere è stato proprio il quartiere. Un uomo mi mostra pezzi di ferro che imbottivano il tritolo, finiti sul terrazzo. E aggiunge che “alhambulillah“, non è morto nessuno nella mia famiglia“.

Le vittime, infatti, sono state soprattutto civili. La gente che passava in auto per andare a lavorare sulla grande arteria che porta all’aeroporto. I bambini delle due scuole vicine. I vigili di una caserma adiacente al luogo dell’esplosione. Di nuovo, riascolto quella frase:”Abbiamo paura di un effetto Iraq”. Sono passati otto mesi, e sono ritornata a Damasco proprio nel giorno dell’attentato più grave nel Paese, un attentato che ha tutte le caratteristiche di quelli che hanno martoriato l’Iraq dopo l’occupazione militare americana del 2003.

Un ragazzo con il viso incerottato, afferma: ”Sono stati i Sauditi”. Si respira una certa rassegnazione. Tristezza. Ma i siriani non dimenticano la tradizionale ospitalità e, pur nella desolazione, ci offrono un bicchiere di tè.

L’Opposizione accusa le autorità di Damasco. Ma la crisi, è bene sottolinearlo, si è definitivamente internazionalizzata. Nel Paese si muovono, ormai, jihadisti e salafiti radicali, siriani e stranieri, provenienti dall’Arabia Saudita, dal Qatar. Se ne deve tenere conto. Questo è, comunque, un altro colpo alla fragile tregua ottenuta dall’Onu, da Ban Ki-moonKofi Annan, i quali ben sanno e spesso hanno dichiarato che, se la tregua fallirà, il baratro della guerra civile, in Siria, sarà sempre più profondo ed oscuro.

L’attentato è un episodio gravissimo, che distoglie l’attenzione sui risultati elettorali che si conosceranno fra stasera e domani. Un’altra ferita profonda per il popolo siriano.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Damasco-il-giorno-dopo/ (riproducibile citando la fonte)

Chi sta boicottando il piano di Kofi Annan ?

Kofi Annan e Bashar al-Assad

Lo ha appena dichiarato il segretario della Nato Andres Fogh Rassmussen :”Non abbiamo alcuna intenzione di intervenire in Siria perché crediamo che il modo giusto di andare avanti sia perseguire una soluzione pacifica e politica”, e, quindi, che il piano di Kofi Annan, inviato speciale dell’Onu e della Lega Araba, venga rispettato. Il piano di Annan prevede, dopo il cessate-il-fuoco, l’apertura di corridoi umanitari, l’avvio di un dialogo politico inclusivo, la liberazione di tutti i prigionieri politici e di chi si trova attualmente in stato di detenzione arbitraria, la libertà di accesso ai giornalisti, la libertà di tenere manifestazioni pacifiche. La missione dell’Onu per ora può contare solo su una avanguardia di 16 osservatori. Il Consiglio di sicurezza ha però già autorizzato l’invio di 300 osservatori che saranno dislocati i tutti i punti caldi del fronte che contrappone forze governative e opposizione armata. Ma è appunto, il “cessate il fuoco” il punto cruciale. Per il successo dell’operazione è necessario che avvenga subito e sia bilaterale. Il conflitto deve essere smilitarizzato, non c’è dubbio. Tutti invocano la fine delle violenze: chi sono allora gli attori che sulla scena boicottano il piano di Kofi Annan?

Tanti. Due giorni fa (il 28/04/2012) , fonti della sicurezza libanese hanno riferito di aver intercettato tre container carichi di armi destinate all’opposizione siriana armata: mitragliatrici pesanti, mortai, lanciarazzi e munizioni da artiglieria. I container si trovavano su una nave salpata dalla Libia e diretta a Tripoli libanese, ma le autorità di Beirut che la seguivano da giorni l’hanno costretta ad approdare al porto di Selaata.

Di fatto il piano di Annan sembra quindi ostacolato a livello internazionale da alcuni paesi della penisola arabica favorevoli ad armare l’opposizione. Paesi dalla posizione ambigua come l’Arabia saudita https://conbagaglioleggero.com/2012/03/lambigua-politica-dellarabia-saudita/ o come il Qatar (https://conbagaglioleggero.com/2012/03/qatar-luci-ed-ombre/ https://conbagaglioleggero.com/2012/01/al-thani-un-emiro-rivoluzionario/) che non possono certo definirsi democratici o difensori dei diritti umani.

L’opposizione accusa il governo di non rispettare gli accordi, mentre la leadership di Damasco accusa i gruppi di opposizione di collusione con movimenti terroristici. Ed il gruppo islamista “’Fronte Al-Nusra” ha rivendicato la responsabilità dell’attentato suicida che venerdì 27 aprile ha ucciso a Damasco 11 persone.

Il gruppo “Al Nusra” aveva già rivendicato la paternità dell’attentato dello scorso 21 marzo (Fonte TMNnews) , e degli attentati del 12 febbraio ad Aleppo e del 6 gennaio. E poche ore fa, a Damasco, è stata attaccata la sede della Banca centrale Siriana.

Sulla delicata scena siriana, gli attori sembrano moltiplicarsi, rendendo il quadro confuso e pericoloso. E spesso rilasciano dichiarazioni contraddittorie. Perché Ghalioun, leader del Cns (una delle sigle dell’Opposizione che ha sede in Turchia) proprio all’inizio della tregua Onu, ha “auspicato l’invio di armi agli oppositori”? Perché, appena il piano era stato accettato, sempre Ghalioun aveva proposto di pagare i militari dell’Esercito Siriano Libero?
Non sembra proprio un atteggiamento coerente ad un “cessate il fuoco”. E anche l’esercito siriano libero sembra “fuori controllo” , secondo fonti Reuters.

Non un esercito unito contro il governo di Bashar- al Assad, ma un insieme di gruppi che agiscono senza essere coordinati. In cui si mescolano oppositori, salafiti, mercenari libici, secondo testimoni che li hanno intervistati alla frontiera fra la Turchia e la Siria. “Anche delinquenti comuni che non esitano a rapinare e uccidere” , come mi ha scritto recentemente, Salem da Aleppo.

La verità, quando non si possono accertare di persona le fonti, è sempre difficile da scoprire. Ma un elemento è certo: la pace è fondamentale per l’unità politica e territoriale della Siria e per la stabilità nell’area medio-orientale.

Afghanistan

Il Fallimento degli Usa in Afghanistan e in Iraq

“La guerra in Afghanistan appare sempre più, con chiarezza, una impresa sbagliata, condotta come una spedizione coloniale classica, solo aggiornata con tecnologie moderne. Gli errori militari e diplomatici in quel paese affiancano una gravissima crisi economica mondiale, mostrano una cecità globale della politica e del mondo contemporaneo.

Di fronte a un vuoto profondo di conoscenza “Caos Asia” di Ahmed Rashid descrive in modo implacabile la discesa verso il disordine di una intera regione dell’Asia centrale, considerata dai paesi confinanti e dall’Occidente zona di libera, piena interferenza.

Un filo di speranza in Siria

Le notizie si susseguono serrate. E sempre più drammatiche. Ma nel complesso il Cessate il fuoco sembra rispettato

(giovedì 12 Aprile 2012, ore 20:37)

Kofi Annan

In Siria, dalle 6.00 – ora locale di stamattina – è entrato in vigore il ’cessate il fuoco’ previsto dal piano di Kofi Annan, inviato dell’Onu e della Lega araba. Ore convulse di tensione, queste, per le diplomazie internazionali che stanno seguendo la situazione in Siria con il fiato sospeso. “Il regime di Bashar al Assad verrà giudicato sui fatti e non sulle parole“,ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton che, in veste di ’padrona di casa ’ ieri a Washington ha presieduto la riunione della prima giornata dei ministri del G8.

I lanci di agenzia si susseguono senza sosta. Nelle prime ore, calma, rispetto della tregua dai due schieramenti. Poi, dalla fonte Ansa, la notizia giunta telefonicamente da Hama, che l’artiglieria governativa siriana ha violato il cessate il fuoco sparando colpi di mortaio nella regione. Altre fonti (quelle dei Comitati di Coordinamento locali degli attivisti) riferiscono di bombardamenti di artiglieria nella regione di Zabadani a ovest di Damasco. Intanto, arriva(ore 13:51, italiane) un’altra agenzia che riporta l’annuncio di una esplosione ad Aleppo che ha investito un autobus, causando la morte di due personeI media siriani parlano di “attacco terroristico”.

La speranza si assottiglia. Era – e si vuole, ancora, scrivere “è” – un buon piano quello di KofiAnnan. Perché ha visto impegnarsi tutte le grandi potenze, la Lega araba e i paesi confinanti con la Siria – per la prima volta uniti. E perché, se si riuscisse a ’smilitarizzare’ anche solo in parte il conflitto, che sta diventando sempre più violento, questo porterebbe un momento di sollievo e di riflessione nel Paese. Una pausa. Una possibilità di uscire dalla crisi che sta distruggendo la Siria.

Ma adesso, sulla speranza, pesano le ultime notizie e la dichiarazione del primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, rilasciata al quotidiano ’Hurriyet’ Riferendosi all’attacco a colpi di arma da fuoco di lunedì, contro un campo profughi nella provincia orientale di Kilis, a ridosso del confine con la Siria del Ankara, Erdodan ha ricordato che la Nato ha la responsabilità di proteggere le frontiere degli Stati membri, e dunque anche quelle della Turchia. Si tratta di una clausola invocata in un solo caso: successivamente all’attacco terroristico alle Twin Towers ed al Pentagono del 2001. E’ quindi una dichiarazione che apre, di nuovo, cupi scenari.

Ed ecco le ultime, per ora, dichiarazioni di Kofi Annan: Sono incoraggiato dalle notizie che riferiscono di una situazione relativamente calma in Siria, e sembra che sia in atto la cessazione delle ostilità“. Seguono considerazione sulla ’fragilità’ della condizione siriana e la rassicurazione sul segretario generale Onu, Ban Ki-moon, il quale dovrebbe chiedere al Consiglio di Sicurezza di approvare una missione di osservatori delle Nazioni Unite il prima possibile. Dobbiamo e vogliamo, in tutti i modi, credere alle sue parole.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Un-filo-di-speranza-in-Siria/ (riproducibile citando la fonte)

La Siria resta in attesa

Il mondo diplomatico si muove, ma a Damasco tutto sembra restare al punto di partenza

Eugene Rogan, – direttore del ’Middle East Centre al S. Antony’s College di Oxford’– scrive “Dopo cinque secoli di gioco condotto secondo le regole degli altri, ora gli arabi vogliono avere il controllo del proprio destino. Ci riusciranno?

A Baghad, al Vertice della Lega Araba, il tema più scottante in agenda è stata la Siria, ancora ’paralizzata’ – dopo il primo anniversario delle rivolte contro il regime – in una situazione che sembra, di fatto, senza vie di uscita. La crisi siriana ha messo in secondo piano un altro evento, anche questo testimone dei grandi mutamenti sul teatro del medio Oriente. Quello di oggi è il primo Summit della Lega in Iraq, dopo ventidue anni e dopo nove dalla resa diSaddam Hussein. Baghdad è blindata per paura di attentati. L’aeroporto, chiuso ai voli di linea e circa un 100 mila uomini, fra militari e poliziotti, controllano le strade e gli alberghi che ospitano le delegazioni estere e la stampa internazionaleUna ’operazione’ che è costata allo stato 500 milioni di dollari, ma che rappresenta una opportunità per fare uscire l’Iraq dall’isolamento politico e diplomatico a livello internazionale. Un rientro su una scena che non vede più attori ’storici’ come il leader libico Muammar Gheddafi , l’egiziano HosniMubarak, lo yemenita Ali Abdullah Saleh e il tunisino Zine el Abidine, scomparsi dopo gli stravolgimenti delle Primavere arabe.

Al Vertice, molto atteso il discorso di Kofi Annan, l’ex segretario generale dell’Onu. Nominato inviato speciale in Siria da Lega araba e Nazioni Unite e di ritorno da importanti incontri a Mosca e a Pechino –due degli alleati forti del regime di Damasco – Annan farà il punto della situazione. Il piano di pace presentato da Annan, accettato sulla carta anche dalla leadership di Damasco e da parte dell’Opposizione, ha il merito di cercare una soluzione politica basata sul dialogo.

Ma il presidente Bashar al Assad è veramente interessato a trattare? O, ancora una volta, sta ’prendendo tempo’? Fino ad ora è sembrato deciso ad usare la forza e le risorse del Paese pur di restare al potere, senza curarsi dei costi umani ed economici per la popolazione.

E l’Opposizione siriana? Divisa più che mai ( liberali, nazionalisti arabi, islamici, curdi) , alla conclusione dell’incontro che si è tenuto a Istanbul (26-27 marzo) sembra essersi accordata nel riconoscere come interlocutore il Cns (Consiglio nazionale siriano). Ma al patto non hanno aderito le componenti curde. Un elemento certo non trascurabile. E’ possibile, quindi che alcune forze dell’Opposizione accettino il dialogo proposto da Annan, ma su un punto sembrano tutti concordi: l’uscita di scena di Bashar-al Assad. Sembra un drammatico ’gioco dell’Oca’. Un giro e si ritorna alla partenza.

Intanto, domenica primo aprile, ancora a Istanbul si svolgerà la seconda conferenza deiPaesi ’Amici della Siria’. Circa ottanta, fra Nazioni e Organizzazioni internazionali. Grande assente, anche questa volta, la Russia mentre sarà presente ai lavori il segretario di Stato americano Hillary Clinton. Fra gli scopi del summit, altri aiuti “non militari” ai ribelli siriani. Aiuti, in medicine, cibo e supporto per le comunicazioni che sarebbero quindi indirizzati ai disertori. Anche l’Esercito siriano libero, si era diviso ( a causa di un attrito fra i due leader, il colonnello Riad al Assaad, il primo comandante dell’Esercito libero siriano, e il generaleMustafa Al-Sheikh, l’ufficiale disertore di più alto grado). Ma sabato scorso, un portavoce ha annunciato che si è organizzato di nuovo sotto la guida di un unico ’Consiglio militare’.

Aspettando un altro giro delle pedine sul tavolo, le variabili del gioco aumentano. In Medio Oriente tutto può accadere in un attimo e scompigliare le strategie. O spazzare via le pedine.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/La-Siria-resta-in-attesa/ (riproducibile citando la fonte)

In studio Antonella Appiano - Rai Uno Mattina Caffe La Siria

UnoMattinaCaffè – La situazione in Siria.

UnoMattina Caffè. Antonella Appiano sulla situazione siriana.
Il referendum di Bashar. Le notizie dalla popolazione da Aleppo. La tragedia di Homs

Bashar tra proclami e fatti.

Povertà e paura stanno dilagando nel Paese. Si tratta per inviare una missione di pace da parte dell’Onu.

Ancora notizie contrastanti dalla Siria e trattative diplomatiche per cercare di risolvere la crisi e porre fine alle violenze che continuano ormai da 11 mesi. Ieri (15 febbraio) il Presidente Bashar al-Assad ha annunciato che il 26 febbraio si terrà nel Paese un referendum costituzionale per approvare la nuova Costituzione. Tra le clausole della nuova Carta, sono previste la scomparsa del monopolio del partito Baath, al potere in Siria da quasi cinquant’anni, l’avvento del pluripartitismo e un limite ai mandati presidenziali. Solo due mandati da sette anni per il Presidente, da eleggere con suffragio universale. Nel testo si precisa anche che “non potranno partecipare ad elezioni le formazioni a base religiosa o regionale”.

Il popolo siriano sarebbe quindi chiamato alla urne per decidere se approvare la nuova Costituzione, fra dieci giorni. Una buona proposta. L’impressione, però, è che questa iniziativa sia arrivata troppo tardi. Dieci giorni sono pochi per organizzare un referendum in un Paese ormai diviso, nel caos, da cui continuano ad arrivare notizie di combattimenti fra le forze dell’Esercito libero siriano a fianco degli oppositori e l’esercito regolare con le Forze di sicurezza.

Il comportamento del Presidente Bashar appare incerto. Contradittorio, mentre l’opposizione lo accusa di voler guadagnare tempo. Anche Washington definisce l’annuncio di Assad ’ridicolo’, sottolineando come ogni precedente dichiarazione del regime si è finora rilevata falsa. La Russia invece ritiene l’annuncio importante, un passo avanti per riportare la stabilità nel Paese, e condanna l’isolamento di Damasco da parte dell’Occidente. Secondo Mosca “fare pressione per un cambio di regime in Siria non farebbe che peggiorare la situazione.