Palestina

Minireport Esteri - ConBagaglioLeggero di Antonella Appiano

17 maggio 2015 : Minireport Esteri

#‎Palestina‬, ‪#‎Egitto‬. Dopo “l’intesa diplomatica” degli scorsi giorni, Papa Francesco ha ricevuto il presidente ‪#‎palestinese‬ #‎Abu_Mazen‬. Oggi il pontefice nominerà le prime religiose palestinesi della storia contemporanea.#Egitto, ieri l’ex Presidente ‪#‎Morsi‬ è stato condannato a morte “per evasione di massa da un carcere nel 2011”. Due pesi e due misure. Nessuno ha condannato al-Sisi per i morti di Rabaa. Gli‪#‎Stati_Uniti‬ tacciono e, ovvio, anche l’‪#‎Italia‬. Eppure solo tre anni fa la comunità internazionale applaudiva #Morsi, eletto attraverso le prime libere elezioni. Allora Morsi era una “garanzia per l’Occidente”. Anche nella real politic ci dovrebbero essere dei limiti. Senza contare che Morsi sarà giustiziato, la situazione in medio oriente peggiorerà.
Incredibile la miopia occidentale.
‪#‎Minireport_esteri‬

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14 maggio 2015 : Minireport Esteri

‪#‎Palestina‬ ‪#‎StatoVaticano‬ La Santa Sede fa un passo verso il riconoscimento della Palestina con un trattato per “favorire la vita e le attività della Chiesa cattolica” in quelle zone”. Il riferimento esplicito è ” lo Stato Palestinese”. Da tempo, d’altra parte, la Chiesa Cattolica, utilizza questa definizione anche durante occasioni ufficiali.
‪#‎Minireport_esteri‬
( Fonti: Vatican Insider e Al Jazeera).

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8 novembre 2014 : #Minireport_Esteri

#Minireport_esteri #Gerusalemme: ancora scontri nella Città Santa, fra Israeliani e palestinesi. La Svezia e altri Paesi europei hanno dichiarato che riconosceranno lo Stato palestinese se non sarà ripreso il processo di pace.#Iraq. Il presidente Usa, Barack Obama, autorizza l’invio di 1500 soldati per fermare le milizie dello Stato Islamico. I militari, secondo le fonti ufficiali, hanno solo il compito di addestrare l’esercito iracheno. In #Siria si continua a combattere anche se la notizia non appare più sui giornali e anche in #Libia.#Ucraina: nelle zone controllate dai ribelli, sarebbero entrati una trentina di carriarmati e trenta mezzi blindati russi. Dal “cessate il fuoco del 5 settembre” la tregua è stata violata da entrambe le parti, più volte. (Fonti: Wall Street Journal, Reuters), BBCnews)
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Ritorna Khaled Meshaal

Un nuovo passo nel processo di pace tra Israele e Palestina ?

Dopo 13 anni di ’esilio’, il capo dell’Ufficio politico del partito islamista di Hamas, KhaledMeshaal, torna in Giordania.

Nato nel villaggio di Silwad, vicino a Ramallah, in Cisgiordania, si era rifugiato in Kuwait con la famiglia, dopo la guerra del 1967. Una laurea in fisica, e un profilo da attivista e leader nel Fronte Islamico, cioè la sezione locale dei Fratelli Musulmani. Poi, alla fine degli anni Ottanta, entra nella direzione esterna del movimento di Hamas. Ma l’Iraq invade il Kuwait eMeshaal insieme a migliaia di profughi palestinesi, si trasferisce in Giordania. Ed è proprio qui che si fa conoscere come esponente di Hamas, portando appoggio esterno al movimento.

Nella capitale giordana di Amman, nel settembre del 1997, sfugge ad un attentato degli agenti del Mossad (i servizi segreti israeliani). Due anni dopo, le relazioni fra la leadership giordana e Hamas si deteriorano, a causa delle pressioni diplomatiche degli Stati Uniti e di Israele sul re Hussein di Giordania. E nel novembre 1999, Khaled Meshaal – anche se possiede cittadinanza giordana- viene espulso dal Paese insieme ad altri rappresentanti del gruppo. Meshaal va a vivere in Siria, a Damasco.

Quale è il ruolo di Meshaal? Volto ufficiale’ di Hamas fuori dalla Palestina, il suo incarico è quello di rafforzare le relazioni con Governi e le Organizzazioni straniere.

Secondo le fonti del ’Jerusalem Post’ il leader “arriverà ad Amman, domenica 29 gennaio grazie ad una mediazione del Qatar. Sarà accompagnato dal principe ereditario dell’Emirato,Tamim Ben Hamad Al Thani, e ricevuto dal re Abdallah e altri responsabili del governo”. Si apre una nuova pagina nei rapporti tra il movimento islamista e il Regno hashemita? Sempre stando alla testatagli incontri non saranno a discapito dell’autorità palestinese che per la Giordania è l’unico rappresentante legittimo del popolo palestinese”. Ma Amman spera in un passo di riavvicinamento tra Fatah e Hamas, i due principali movimenti politici rivali palestinesi. Chissà se il re Abdallah restituirà a Masha il suo passaporto giordano, o gli permetterà di risiedere nel Paese.

Palestina, chiedere non basta.

Oppositori interni scettici sulla scelta di Abu Mazen: “Non risolve la questione fondamentale dell’occupazione”

Sono contrario alla richiesta. Basterebbe far rispettare l’applicazione delle 73 Risoluzioni Onu che già regolano il problema dei confini, di Gerusalemme, dei diritto al ritorno dei Palestinesi cacciati dalle loro terre nel 1948. E che non sono mai state adottate. Così rischiamo di innescare un meccanismo pericoloso – dichiara il dottor Diab Haitali, Portavoce della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio – In Cisgiordania i coloni si stanno mobilitando contro i Palestinesi che, secondo Israele, attaccheranno le colonie”.

La richiesta è quella che Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale Palestinese (Anp), presenterà venerdì 23 settembre al Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon: con essa si richiede il pieno riconoscimento della Palestina come 194esimo Stato delle Nazioni Unite. Un voto che cambierebbe la storia.

La decisione del leader dell’ Anp, però, sta suscitando polemiche all’interno della comunità palestinese stessa. Spiega ancora il dottor Haitali: ” L’iniziativa non affronta la questione fondamentale: il popolo palestinese continuerebbe a vivere sotto un regime di occupazione. Compromette i diritti dei rifugiati dei Campi profughi in Cisgiordania. Quale Stato infatti può ospitare al suo interno una comunità di profughi della stessa nazionalità? Lascia irrisolti i problemi delle colonie, le frontiere, i prigionieri politici, il controllo delle risorse. Insomma, una indipendenza solo simbolica”

Secondo Riccardo Imberti, responsabile del Progetto di Formazione Acli a Betlemme “in Cisgiordania, la maggior parte della gente è a favore dell’iniziativa all’Onu. E’ vero, l’occupazione continuerà ma se lo Stato di Palestina verrà riconosciuto, si tratterà di occupazione di uno Stato su un altro Stato, una bella differenza”.

Controversie interne a parte, come hanno reagito invece la Comunità Internazionale e Israele? Da giorni stanno schierando in campo diplomatico tutte le pedine per bloccare la richiesta di piena adesione all’Onu. La contro-proposta è di ritornare al tavolo delle trattative, dei negoziati di pace.

Non solo. Gli Stati Uniti cercano strenuamente la formula magica per non essere costretti a bloccare la richiesta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ricorrendo al potere di veto. Un atto imbarazzante per la Casa Bianca perché significherebbe, di fatto, affermare che è contraria alla nascita di uno Stato Palestinese. In un momento così delicato nei suoi rapporti con il Medio Oriente e le ’primavere arabe’.

La ripresa dei negoziati è richiesta a gran voce anche da Israele. Il Premier israeliano Benijamin Netanyahu ha proposto trattative dirette a New York. Negoziati da proseguire a Gerusalemme e Ramallah. E’ autentica volontà o tattica dilatoria ? I negoziati si sono rivelati un terreno paludoso, con criticità insormontabili. Israele non ha intenzione di congelare le colonie in Cisgiordania e di riconoscere allo stato palestinese i confini antecedenti il giugno 1967. Mentre l’Autorità Nazionale Palestinese non è disposta a riconoscere Israele come ’Stato ebraico’ perché il fatto metterebbe in discussione i diritti dei palestinesi che vivono in Israele e fuori gioco il diritto al ritorno dei profughi.

Una considerazione. I leader israeliani, americani, europei si affannano a dichiarare che per la Palestina essere ammessa come 194esimo Stato all’Onu, non è rilevante. E allora perché ostacolano la richiesta?
Trapela un’indiscrezione che spiega molto: fra gli oppositori del progetto c’è anche il Primo Ministro palestinese, Salam Fayyad, il numero due di Abu Mazen. I due, notoriamente, si detestano e fra una stretta di mano e un sorriso, non si risparmiano i colpi bassi. L’unità dell’azione politica, premessa indispensabile per l’indipendenza. sembra ancora lontana.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/Palestina-chiedere-non-basta (riproducibile citando la fonte)