religione

Cattolici in Egitto: “Una minoranza nella minoranza”

Intervista a Monsignor Adel Zaki, a capo della comunità cristiano-cattolica in Egitto
I cristiani hanno bisogno di unità e tolleranza tra tutte le fedi

Il Cairo – Mi accoglie sorridente, senza cerimonie nella sede del Vicariato del Cairo, a El Korbe. La sala è semplice, due divani di velluto, qualche poltrona. Monsignor ADEL ZAKI Monsignor Adel Zaki, francescano, è diventato vescovo dopo una lunga gavetta. Direttore di scuola, parroco,da quattro anni è alla guida della comunità cristiano-cattolica in Egitto. Una minoranza nella minoranza.Ma significativa” precisa Adel Zaki. In Egitto i cristiani sono circa il 10%, e la maggioranza appartiene alla Chiesa Copta. “La Comunità Cattolica” – spiega Monsignor Zaki – “è composta da ben sette riti: copto-cattolico, latino, melchita, siriaco, caldeo, armeno e greco-cattolico. I cattolici sono soltanto 250mila, però la Chiesa  Cattolica è profondamente radicata in questa terra, attraverso scuole, strutture sanitarie e culturali aperte a tutti: cristiani e musulmani. Ed è importante ricordare che la presenza cattolica in questa terra è legata a Francesco d’Assisi, al suo celebre incontro nel 1219 a Damietta, con il Sultano Malek el-Kamel, durante le Crociate. Francesco è stato un antesignano del dialogo fra le religioni e culture diverse“.

Francesco è anche il nome scelto dal nuovo Papa…
Sono convinto che Papa Francesco sarà infatti portatore dei valori della semplicità e del dialogo. Credo che il nuovo papato possa rappresentare l’inizio della distensione nei rapporti tra i Cattolici e l’Islam dopo i momenti difficili seguiti alla Conferenza di Ratisbona nel 2006. Papa Benedetto  XVI, allora, fu male interpretato. Nella sua ‘lectio magistralis’, dedicata ai rapporti tra fede e ragione, aveva citato le parole di un imperatore bizantino del XIV secolo, Manuele II Paleologo, che criticava il concetto di Guerra Santa. La Conferenza, nonostante le spiegazioni del Papa, aveva purtroppo scatenato proteste in gran parte del mondo musulmano, lasciato ombre.

Anche i cristiani copti hanno una nuova guida,  il Patriarca Teodoro II (Tawadrus), che cosa ne pensa?
Sono molto ottimista. Tawadros II ha già dato prova di apertura, dialogo, volontà di unione. È un uomo pratico, deciso. Nel febbraio scorso ha fondato un Consiglio che riunisce le 5 Famiglie cristiane: cattolici, ortodossi, protestanti, anglicani e melchiti ortodossi. Perché è di questo che abbiamo bisogno noi cristiani in Egitto: di unità. Le divisioni, si sa, indeboliscono.

In Egitto si percepisce un certo scontento. La rivoluzione e i cambiamenti politici non sembrano aver portato i cambiamenti attesi.
Bisogna sempre pensare alla Storia e la Storia ci insegna che dopo ogni rivoluzione, il percorso è difficile. Ma certo in Egitto i giovani e i movimenti civili si sentono derubati perché la rivoluzione era partita da loro. Non hanno saputo organizzarsi però. Il fronte era frammentato e diviso. E rimane diviso. I Fratelli Musulmani invece erano organizzati e hanno preso il potere. Perseguitati, discriminati, imprigionati, per 80 anni ora sono alla guida del Paese. Tanti, anche fra chi li ha votati, sono già disillusi. Scontenti. Per forza. Bisogna separare la religione dalla politica. Spesso, in nome di Dio, si rischia di colpire i diritti dell’uomo.  Nella nuova costituzione per esempio manca un articolo che dichiari chiaramente i diritti delle minoranze, dei cristiani, della donna. E molti articoli sono vaghi. Il pericolo risiede nella possibilità di una interpretazione estremista.

Il vescovo Zaki oltre che sul concetto di unità, insite molto su quello di cittadinanza. “Siamo egiziani prima di tutto. Anche io, prima che cristiano mi sento egiziano. Nel Paese non deve esistere una discriminazione in base alla religione”.


Gli Stati Uniti hanno appoggiato la Fratellanza…

Adel Zaki sorride. “Gli Stati Uniti sono fidanzati ad Israele. La loro priorità in Medio Oriente è Israele.  Chiunque sia al potere. Semplice. Non volevano rischiare di perdere i contatti e l’influenza sull’Egitto islamista, mettendo a rischio Israele”.

Monsignor Zaki non nasconde insomma le sue preoccupazioni. Lo rattrista anche il fatto che dalla rivoluzione del 25 gennaio 2011, circa 150 mila famiglie cristiane abbiano lasciato l’Egitto. Ma è sereno: “Stiamo vivendo un momento difficile, di transizione, di forte crisi economica. Voglio vedere però in questo presente non ancora stabile e risolto, i segnali di un tempo nuovo. Di una nuova tappa storica per il mio Paese”.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro: L’Indro – Cattolici in Egitto: “Una minoranza nella minoranza” (riproducibile citando la fonte)

Leggi anche:

Gli alawuiti in Siria

Origini, dottrina, sviluppo storico. Dalla fatwa all’ascesa politica in Siria

Una breve introduzione, necessaria per capire. Come il Cristianesimo anche l’Islam segue diverse correnti. La maggioranza dei musulmani- circa il 90 per cento- è sunnita. Cioè coloro che seguono la sunna (comportamento) del Profeta, Muhammad, fonte di insegnamenti trasmessa da generazioni, sotto forma di hadith (tradizioni) e le altre due fonti di diritto, cioè la deduzione per analogia e il consenso. La corrente minoritaria è invece quella sciita (da Shi’a, partito – sottinteso di Ali, genero del Profeta). La divisione fra sunnitie sciiti risale al contrasto politico relativo alla successione di Muhammad.

Anche gli sciiti seguono la sunna ma s’identificano con il partito di Ali e dei suoi discendenti, cui – secondo loro – fu sottratta l’eredità politica-dinastica di Mohammad. Da una scissione degli sciiti, sono nati il ramo degli Zayditi e degli Ismailiti. Questi ultimi, si caratterizzano dal punto di vista religioso per aver dotato l’Imam sciita di qualità particolari di natura divina. Infine dal ramo dell’Ismailismo sono nate alcune sette. I Drusi, per esempio (nell’XI secolo) e gli alawuiti, una setta considerata per secoli come ’eretica’, non appartenente all’Islam. Fu emessa anche una fatwa (parere giuridico) che li definiva “più infedeli degli stessi idolatri”. Perché?

La dottrina

La dottrina degli alawuiti è complessa. Nel saggio “Sciiti nel mondo”, l’islamistaBiancamaria Scarcia Amoretti scrive: “La setta degli alawuiti o nusairiti (dal nome del caposcuola, lo sciita Muhammad bin Nusayr) è chiusa, esoterica. Le si attribuiscono credenze blasfeme per l’Islam, tra cui quella della metempsicosi e della reincarnazione. Senza dubbio sincretica, ha elaborato materiali cristiani, sabei, musulmani, ismailiti, ma anche d’incerta matrice, riscontrabile nella religiosità popolare”. Gli alawuiti seguono i cinque pilastri dell’Islam (professione di fede, preghiera, digiuno, elemosina, rituale, pellegrinaggio alla Mecca,) ma non considerano questi atti come obblighi, solo come simboli. Il calendario delle festività alawuita, accanto a quelle tradizionali musulmanesunnite e sciite, ne comprende anche alcune cristiane e il capodanno zoroastriano, il Newroz.

Gli alawuiti in Siria

Gli appartenenti alla dottrina alawuita rappresentano circa il 12 % della popolazione e costituiscono con i cristiani, la più consistente minoranza confessionale del Paese. In Siria sono stati discriminati e perseguitati da sempre. Dal periodo abbaside alla dominazione ottomana. Una emarginazione che li spinse a isolarsi sulle montagne che si estendonodall’Akkar, a sud, fino al Tauro al nord, vivendo come contadini, pastori, sempre in conflitto con le autorità.