Occhi puntati sulla #Siria. #Obama e #Putin hanno creato le basi per una collaborazione militare contro #lS (Stato Islamico) ma rimangono le divergenze sul futuro del presidente siriano #Bashar_al_Assas. Infatti #Obama -nel Discorso all’Assemblea generale dell’Onu – si è dichiarato favorevole a una coalizione internazionale, anche con Russia e Iran, ma ha rifiutato qualsiasi cooperazione con #Bashar_al_Assad. Invece #Putin continua a difendere il Presidente siriano e, prima di tornare a Mosca, ha dichiarato “Non spetta agli Stati Uniti scegliere il leader di un altro Paese”.
Per non dimenticare. In #Afghanistanistan. i #Talebani hanno conquistato#Kunduz, città di 300mila abitanti nel nord del Paese.
E ancora news: la #Cina ha promesso un miliardo di dollari alle Nazioni Unite per creare un fondo per la pace e per lo sviluppo; 8.000 militari per strategie di peacekeeping e 100 milioni di dollari alla #’Unione_africana per creare un’unità di emergenza Cooperante itaiano ucciso a #Decca nel#Bangladesh. L’assassinio è stato rivendicato dallo #Stato_Islamico.
#Minireport_Esteri. Tanto per cambiare il vertice UE per raggiungere una intesa sulle quote di #Accoglienza di 120mia #profughi nei 28 Paesi dell’Unione Europea, è terminato senza nulla di fatto. Unione europea dove sei? Si rimanda all’8 di ottobre. Altre spese, fra l’altro. Da mezzanotte, gli immigrati “illegali” in #Ungheria rischiano l’arresto. #Siria: 6 carriarmati russi i sono stati posizionati in un campo di aviazione, dove, secondo fonti Reuters, la #Russia intende creare una base aerea. L’ambasciatore siriano a Mosca, Riad Haddad, nega la presenza di truppe russe sul terreno. #Iraq, manifestazioni popolari in tutto il Paese contro la corruzione del governo (fonti Il Politico, Reuters, agenzia Itar-Tass)
#Minireport_Esteri#Siria: secondo fonti libanesi la #Russia, che è sempre stata schierata a favore del Presidente Bashar al-Assad, sta combattendo nel Paese a fianco delle truppe governative. #Europa: il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker ha fatto il primo discorso sullo stato dell’Unione. Il giudizio è negativo, “Poca Unione e poca Europa”. Sul tema degli #sfollati Juncker ha ricordato che l’immigrazione fa parte della nostra storia e ha difeso il piano di “redistribuzione” di 160mila rifugiati, chiedendo agli Stati membri di approvarlo al consiglio straordinario del 14 settembre.
#Minireport_esteri – #Russia,#Ucraina, #Statoislamico- Boris Nemtsov, politico liberale russo e oppositore di Vladimir Putin, è stato ucciso con quattro colpi di arma da fuoco mentre passeggiava nel centro di Mosca #Ucraina. Tregua rotta a causa della morte di tre militari di Kiev. Secondo il presidente Poroshenko, la Russia costituirebbe una minaccia militare anche se il cessate il fuoco reggesse. #Statoislamico: nel #RegnoUnito, funzionari anti-terrorismo stanno sorvegliando 3000 estremisti. #Cyberjihad: lo °StatoIslamico ha realizzato un sito web, Asnar al Ghrabaa project, per comunicare in modalità sicura attraverso l’impiego della crittografia. L’attività di propaganda, continua attraverso piattaforme di social network, attraverso cui sono stati gestiti centinaia di account, pubblicati e diffusi messaggi, immagini e video.
(Fonti Bbc, Reuters, Ft. Ansa)
#Minireport_esteri#Stato_islamico#Ucraina, #Russia . #Usa. Pronta la bozza della legge che autorizza l’uso della forza militare contro lo Stato islamico. Nessuna limitazione geografica, no a truppe stabili, tre anni di tempo, come limite massimo.
Continuano gli scontri in #Ucraina. Secondo Kiev ieri mattina dei razzi lanciati dai militanti filorussi hanno colpito il quartier generale delle forze armate ucraine e la città di Kramatorsk, nel sud-est, causando almeno venti vittime. Oggi a #Minsk si incontrano i leader di Germania, Francia, Russia e Ucraina per cercare una soluzione pacifica al confitto tra Mosca e Kiev.
(Fonti: New York Times, Wall Street Journal)
#minireport_esteri#Israele, crisi di governo. Ieri il primo ministro Benjamin Netanyahu ha escluso dall’esecutivo il ministro della Giustizia Tzipi Livni e il ministro delle Finanze Yair Lapid, chiedendo lo scioglimento del Parlamento e nuove elezioni. Causa della lite un dissidio sulla definizione dello Stato di Israele, che Netanyahu vuole trasformare in “Patria nazionale del popolo ebraico”.La Francia sta per riconoscere ufficialmente lo #Stato_palestinese . Un’altra guerra, quella del gas. #Europa in difficoltà per la decisione della #Russia di abbandonare la costruzione di South Stream, la pipeline che avrebbe portato il gas verso l’Europa attraverso il Mar Nero. Ora si punta sulla Trans-Adriatic Pipeline (Tap),il progetto di un gasdotto che attraversa l’Albania, permettendo l’afflusso di gas naturale dall’Azerbaigian.
(Fonte New York Times, le Monde, Wall Street Journal)
#Minireport esteri: secondo il presidente ucraino #PetroPoroshenko c’è un accordo preliminare con la #Russia per la fornitura di gas. Mancano però ancora le firme, domani a Berlino è in programma un nuovo incontro.#Siria: continua la battaglia di #Kobane: gli Stati Uniti hanno inviato ieri sera armi ai curdi. In #Iraq da venerdi’ sera le autorità hanno imposto il coprifuoco a #Ramadi (circa 100 Km a ovest di Baghdad) a causa dell’ l’avanzata delle milizie dello Stato islamico.
(fonti Washington Post, Agi)
Sembra impossibile che gli Stati Uniti, dopo il disastro dell’Afghanistan e dell’Iraq, siano così incauti da esporsi con dichiarazioni sulla necessità di inviare armi ai ribelli siriani.
Che cosa può nascondersi dunque realmente dietro la “svolta” del Presidente Obama? Forse solo la necessità di un maggiore potere contrattuale sul tavolo della Conferenza di Ginevra 2? Anche se il G8 irlandese si è chiuso senza un accordo sulla questione siriana, l’unica possibilità per il Paese rimane sempre e comunque un patto di Pace.
I ribelli siriani, persa Qusayr, conquistano il valico di frontiera di Quneitra, sul Golan, tra Israele e Siria. Mentre Ayman al-Zawahri, il leader di al-Qaeda, in un video, incita di nuovo i siriani a lottare contro il presidente Bashar al-Assad, e a sventare «i piani americani perché la Siria diventi un Paese concepito per proteggere Israele». Negli Stati Uniti il senatore John McCain, ex candidato repubblicano alla Presidenza, ribadisce la necessità di sostenere i ribelli con una no-fly zone. Ma in Europa sembra prevalere la linea di una soluzione politica. Lo spera almeno il Ministro degli esteri italiano, Emma Bonino, che ha dichiarato in una intervista al settimanale ‘Tempi‘: «In Siria, ad oggi, siamo tra gli ottanta e i centomila morti. Per questo dobbiamo cogliere l’opportunità rappresentata dall’iniziativa russo-americana per una seconda conferenza di Ginevra».
Ginevra 2, dunque. Una conferenza che non è stata ancora convocata. Che, per esserlo, dovrebbe superare prima di tutto, la condizione posta dall’Opposizione e cioè le dimissioni del Presidente Bashar al Assad. Una condizione assurda come osserva ancora Emma Bonino: «l’uscita di scena del Presidente è l’oggetto del negoziato, non la precondizione». Ma gira e rigira gli ostacoli sembrano essere sempre gli stessi. E la Conferenza, l’ennesimo escamotage di facciata. La soluzione politica è l’unica possibilità per far cessare un conflitto sanguinoso che dura da più di due anni ed è destinato a far crescere l’escalation di violenza e il pericolo di contagio dei Paesi Vicini. Condannando la Siria alla cantonizzazione o a una guerra civile infinita. Ma nello stesso tempo, sarebbe disonesto dimenticare che i tentativi di mediazione politica sono sempre falliti. Gli equilibri fra gli innumerevoli attori coinvolti da tempo nel conflitto, interni, regionali e internazionali, sono troppo fragili.Gli interessi invece, troppo forti.
Il pre-vertice , per la Conferenza di pace, è fissato per il 25 giugno.
La Conferenza, dunque, non avrà luogo prima di luglio, come confermato anche dal Cremlino. Sempre che non intervengano altri fattori.
Posto che si riesca ad organizzarla, la Conferenza potrebbe davvero avere successo? Partiamo dalla base. E cioè dal documento finale della Prima Conferenza di Ginevra (del giugno 2012). Due punti sembrano fondamentali: il cessate al fuoco fra Oppositori e Regime per partecipare alla Conferenza e un accordo interno dell’Opposizione che, superando l’iper-frammentazione, sia in grado di rappresentare le varie anime della rivolta. Operazione in cui ha fallito più volte.
Altri passi necessari per la buona riuscita della Conferenza di Ginevra bis: una road map dettagliata che preveda l’insediamento di un governo provvisorio con membri del regime e dell’opposizione. Un governo provvisorio in grado di preparare il terreno politico e istituzionale indispensabile per tenere elezioni pluraliste e trasparenti. E ancora: un processo di Riconciliazione Nazionale aperto a tutti i settori della società civile, sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
Il cessate al fuoco sembra già una obiettivo difficile da raggiungere. Ricordiamo ancora le trattative infinite e quando abbiamo aspettato con il fiato sospeso, il 12 aprile del 2012, se il “cessate al fuoco” previsto da Piano di Kofi Annan, inviato dell’Onu e delle Lega Araba, sarebbe stato rispettato. La delusione al riprendere delle ostilità.
Infine quali Paesi dovrebbero partecipare al Convegno? L’esclusione dell’Iran è irragionevole. E’ per certo un Paese coinvolto nel conflitto. Ma tanto quanto la Russia promotrice , insieme agli Usa, dell’iniziativa.
E rimane un dubbio. La crisi e il conflitto siriano hanno evidenziato che la regione è crocevia di nodi irrisolti dalla caduta dell’Impero Ottomano e dalla sua successiva divisione – spesso irresponsabile – da parte dell’Occidente, dai processi di colonizzazione e decolonizzazione, da interventi, più o meno occulti, dell’Occidente. Può davvero bastare ora una Conferenza a sciogliere oggi quei nodi?
L’Egitto e la Tunisia dopo la fine delle autocrazie ’laiche’
Le vittorie dei Fratelli Musulmani e di En-Nahda sono un insuccesso? E intanto in Siria continua la battaglia mediatica.
Proteste e scontri in Egitto e in Tunisia. Scelte sbagliate del presidente Morsi che dopo essere stato ’acclamato’ per la mediazione – conclusa con successo – nelle trattative della tregua tra Israele e Hamas, è contestato dalla Piazza. Certo, una mossa poco saggia quella di reclamare i pieni poteri. E di imporre una nuova costituzione che riprende pesantemente la Shari’a. Gli egiziani hanno già dimostrato di non essere più disposti ad accettare dittature e il Paese sta vivendo una grave crisi economica e sociale. Ma il percorso da una autocrazia a un governo che garantisca ’democrazia’, sia pure declinata secondo l’Islam politico richiede tempo. Passaggi obbligati. Forse è presto per dire che la partita è persa. Anche in Tunisia dove, ricordiamo, dopo la cacciata di Ben Ali, ha vinto un governo di coalizione con a capo il partito religioso En-Nahda (Rinascita), sono ripresi scontri e proteste. Però En-Nahda deve mediare con il gruppo più radicale che fa parte della coalizione. E i compromessi storici, si sa, non sempre hanno successo. Certo il momento è importante: se fallisce anche l’Islam politico che cosa succederà in questi Paesi così vicini all’Italia e all’Europa? L’instabilità è un lusso che non possiamo permetterci.
Intanto non si profila nessuna soluzione per la Siria. Il generale prussiano Otto von Bismark diceva: “Non si mente mai come per una battuta di caccia, una donna o una guerra”. Siria e armi chimiche. Quale verità? In questi giorni le dichiarazioni e le smentite riguardo all’arsenale chimico in possesso dalla Siria – e che potrebbero essere usato contro i civili – si rincorrono. La ‘BBC’ (attingendo a fonti del Foreign Office) riporta che la leadership di Damasco è pronta farne uso. Il regime dichiara invece di essere contrario all’uso di armi a base di gas contro la popolazione. Anzi, accusa il gruppo jihadista Fronte al-Nusra di controllare una fabbrica di cloro.
Sul terreno appare ormai chiara l’avanzata degli oppositori armati. Non solo al confine con la Turchia, ma anche intorno a Damasco. Gli Stati Uniti continuano ad esprimere la preoccupazione che le armi finiscano in mani estremiste. Ma questo, in parte, è già avvenuto. In uno scenario post-Assad quindi le incognite sono tante. I vari gruppi – o parte dei gruppi che compongono la resistenza armata – potrebbero continuare a combattere. La nuova coalizione eletta a Doha, è davvero in grado di controllare il territorio? Di far deporre le armi? E si dibatte sul ruolo della Russia. Sta allontanandosi dal regime? Mentre nel nord del Libano, a Tripoli, si acutizzano gli scontri fra fazioni pro e contro Bashar Al-Assad. Fonti libanesi parlano di una quindicina di morti nell’ultima settimana.
Dal web continuano ad arrivare tweet e video di cui è impossibile accertare la fonte. Anche i bambini non sfuggono alla strumentalizzazione. Bambini avvolti da bandiere del regime o dell’esercito siriano libero che guardano in telecamere, recitando slogan. E’ davvero l’immagine più triste.