Shari’a

Dove sta andando l’Egitto?

Fra ondate di ultranazionalismo, autocensura della stampa indipendente, crisi economica, ‘demonizzazione dei Fratelli Musulmani’, in Egitto esploderà una terza rivoluzione? Abbiamo raggiunto, al Cairo, il Professor Gennaro Gervasio, docente di Storia e Politica del Medio Oriente all’Università Britannica per fare un punto sulla situazione.

I giovani di Piazza Tahrir della rivoluzione del gennaio 2011, non sembrano soddisfatti della situazione in Egitto. Di fatto sono stati esclusi di nuovo. Che cosa ne pensa?

Ci sarebbe innanzitutto da chiarire chi siano ‘i giovani di piazza Tahrir’. Una parte di questi avevano tentato la via della politica istituzionale, dei partiti quindi, per ritrovarsi però chiusi e delusi dall’asfissia del vecchio sistema politico egiziano, fatto di accordi sottobanco e di politica personalistica. Altri – compresi molti che non avevano partecipato alla Rivoluzione del 2011 e che si sono attivati solo contro i Fratelli Musulmani – avevano visto il movimento Tamarrod come luogo possibile per ripristinare il processo di cambiamento. Purtroppo, era chiaro che nel Tamarrod coesistevano, in maniera assolutamente opportunista, rivoluzionari, reazionari e ‘indecisi’. Ora quindi, per riassumere, la rivoluzione, intesa come cambiamento socio-economico ancora prima che politico, e riassunta nel famoso slogan ‘pane, libertà e giustizia sociale’ è schiacciata dalla tenaglia delle due forze o raggruppamenti contro-rivoluzionari (Fratelli Musulmani contro militari e reazionari), che si erano già coalizzati in maniera precaria, nel marzo 2011 per bloccare il processo rivoluzionario. E che, in questo momento, sono alla resa dei conti. I Fratelli, con le loro tattiche perdenti, stanno avendo chiaramente la peggio. Un atteggiamento autolesionista, direi, perché rafforza l’idea che li considera ‘terroristi’.

Si parla di un terzo movimento, una piazza che non si colloca né dalla parte dell’esercito né dalla parte dei Fratelli musulmani, sta veramente prendendo piede?
Il gruppo è formato da attivisti che si pongono come obiettivo quello di tornare ai principi originari del 25 gennaio 2011. Ideali di giustizia sociale quindi. Contro la violenza dell’esercito e contro il settarismo dei Fratelli Musulmani. Però è ancora piuttosto limitato.

Secondo lei il  processo di islamizzazione di cui è stato accusato l’ex Presidente Morsi è stato davvero così grave? In realtà  non era stata avviata una ‘dittatura  religiosa’ con i Fratelli Musulmani al potere. Il tanto discusso articolo sulla licenza degli alcolici, per esempio,  mirava a rendere più difficile la vendita degli alcolici, non ad abolirla, e non è stato mai applicato. Anche la Costituzione -fatta approvare in tutta fretta da Muḥammad Morsi, nell’autunno del 2012- non era così  retrograda da implicare una trasformazione radicale, in senso islamico, dei costumi egiziani. La shari’a era la principale fonte della legislazione anche nella Costituzione permanente di Sadat del 1971, emendata in questo senso nel 1980 e valida fino alla caduta di Hosni Mubarak. Il problema, piuttosto, è stato quello della svolta autoritaria dell’ex Presidente Morsi. E’ prevalsa l’ala più conservatrice con  il conseguente  ‘golpe bianco’,  la subordinazione della  Corte costituzionale al Presidente. E l’accentramento del potere. La crisi economica è pesante. Dal  gennaio 2011, l’Egitto ha visto alternarsi Governi di natura diversa, da quello militare a quello islamista, senza però assistere ad un miglioramento delle condizioni socio-economiche della popolazione. Il tasso di disoccupazione è sempre  intorno al 13%, è la Banca Mondiale calcola che un quinto della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Senza dubbio la crisi non migliora con lo stato di emergenza e il coprifuoco. Il Cairo è una città che vive di notte.  Ora il coprifuoco è a mezzanotte (e il venerdì l’orario è rimasto alle 19) ma le attività di ristorazione e commerciali si arrestano molto prima per dare modo alla gente di rientrare. Quindi in pratica alle 10, 10,30. E finché dura l’instabilità politica e i carri armati stazioneranno nelle strade, è impossibile che il turismo prenda piede.  Secondo un portavoce del Governo, lo stato d’emergenza imposto in Egitto il 12 agosto, alla vigilia dello sgombero forzato delle piazze della protesta pro-Morsi, terminerà a metà novembre e non verrà prorogato. Vedremo.. Un altro nodo cruciale dell’Egitto: la libertà di stampa, com’è al momento la situazione? Si sta assistendo ad un incredibile fenomeno di autocensura della stampa indipendente. I giornalisti egiziani si sono uniti al coro della propaganda nazionalista.  Il nazionalismo dilaga nelle strade del Cairo e la stampa indipendente, sembra  affetta da uno ‘strabismo’ che impedisce di vedere. Meglio, a questo punto, la televisione o i media di Stato.   Intanto i  Cinquanta costituenti sono riuniti per riscrivere la Costituzione. Centinaia di studenti dell’Università islamica di al-Azhar al Cairo manifestano per il terzo giorno consecutivo contro il  golpe dei militari che ha deposto l’ex presidente Mohammed Morsi. Una quarantina di studenti sono già stati arrestati ed è stata  rinviata per la terza volta l’inaugurazione dell’anno accademico, per ragioni di sicurezza.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Dove sta andando l’Egitto? (riproducibile citando la fonte)

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Le vittorie dei Fratelli Musulmani e di En-Nahda sono un insuccesso? E intanto in Siria continua la battaglia mediatica.

Proteste e scontri in Egitto e in Tunisia. Scelte sbagliate del presidente Morsi che dopo essere stato ’acclamato’ per la mediazione – conclusa con successo – nelle trattative della tregua tra Israele e Hamas, è contestato dalla Piazza. Certo, una mossa poco saggia quella di reclamare i pieni poteri. E di imporre una nuova costituzione che riprende pesantemente la Shari’a. Gli egiziani hanno già dimostrato di non essere più disposti ad accettare dittature e il Paese sta vivendo una grave crisi economica e sociale. Ma il percorso da una autocrazia a un governo che garantisca ’democrazia’, sia pure declinata secondo l’Islam politico richiede tempo. Passaggi obbligati. Forse è presto per dire che la partita è persa. Anche in Tunisia dove, ricordiamo, dopo la cacciata di Ben Ali, ha vinto un governo di coalizione con a capo il partito religioso En-Nahda (Rinascita), sono ripresi scontri e proteste. Però En-Nahda deve mediare con il gruppo più radicale che fa parte della coalizione. E i compromessi storici, si sa, non sempre hanno successo. Certo il momento è importante: se fallisce anche l’Islam politico che cosa succederà in questi Paesi così vicini all’Italia e all’Europa? L’instabilità è un lusso che non possiamo permetterci.

Intanto non si profila nessuna soluzione per la Siria. Il generale prussiano Otto von Bismark diceva: “Non si mente mai come per una battuta di caccia, una donna o una guerra”Siria e armi chimiche. Quale verità? In questi giorni le dichiarazioni e le smentite riguardo all’arsenale chimico in possesso dalla Siria – e che potrebbero essere usato contro i civili – si rincorrono. La ‘BBC’ (attingendo a fonti del Foreign Office) riporta che la leadership di Damasco è pronta farne uso. Il regime dichiara invece di essere contrario all’uso di armi a base di gas contro la popolazione. Anzi, accusa il gruppo jihadista Fronte al-Nusra di controllare una fabbrica di cloro.

Sul terreno appare ormai chiara l’avanzata degli oppositori armati. Non solo al confine con la Turchia, ma anche intorno a Damasco. Gli Stati Uniti continuano ad esprimere la preoccupazione che le armi finiscano in mani estremiste. Ma questo, in parte, è già avvenuto. In uno scenario post-Assad quindi le incognite sono tante. I vari gruppi – o parte dei gruppi che compongono la resistenza armata – potrebbero continuare a combattere. La nuova coalizione eletta a Doha, è davvero in grado di controllare il territorio? Di far deporre le armi? E si dibatte sul ruolo della Russia. Sta allontanandosi dal regime? Mentre nel nord del Libano, a Tripoli, si acutizzano gli scontri fra fazioni pro e contro Bashar Al-Assad. Fonti libanesi parlano di una quindicina di morti nell’ultima settimana.

Dal web continuano ad arrivare tweet e video di cui è impossibile accertare la fonte. Anche i bambini non sfuggono alla strumentalizzazione. Bambini avvolti da bandiere del regime o dell’esercito siriano libero che guardano in telecamere, recitando slogan. E’ davvero l’immagine più triste.

di Antonella Appiano, in esclusiva per L’Indro: Islam politico e guerra dei media, riproducibile citando la fonte.