Stati Uniti

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20 luglio 2015 : Minireport Esteri

‪#‎StatiUniti‬, il Presidente Obama ha inviato al Congresso il testo dell’accordo sul nucleare con l’ ‪#‎Iran‬. Continuano le reazioni negative del presidente israeliano Benjamin Netanyahu: insiste nel chiedere che l’intesa venga bocciata, rivelando a mio parere miopia politica. L’intesa con l’Iran può stabilizzare il Medio Oriente e ‪#‎Israele‬ deve temere più lo Stato Islamico e o i Paesi sempre più destabilizzati che lo circondano piuttosto che l’Iran.
Ancora oggi il Obama incontrerà a Washington il presidente della ‪#‎Nigeria‬ Muhammadu Buhari, focus dell’incontro la lotta contro Boko Haram. Giovedì, invece, Obama sarà in ‪#‎Kenya‬, Un altro Paese in guerra con i terroristi islamici.
(Fonti Reuters)

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16 luglio 2015 : Minireport Esteri

Il giorno dopo lo storico accordo con l’‪#‎Iran‬, il Presidente degli Stati Unuti si prepara a dare battaglia al Senato, che entro 60 giorni dovrà avvallare l’intesa. ll leader dei Talebani, il mullah Omar, ha espresso il suo supporto ai negoziati di pace tra i mujahidin e il governo ‪#‎afghano‬ .
‪#‎Yemen‬: le milizie governative yemenite sarebbero entrate nella città costiera di Aden, riportando importanti vittorie sui ribelli houthi (fonti Nyt, Al Jazeera,Bbc).

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13 luglio 2015 : Minireport Esteri

‪#‎Grecia‬ : i Capi di Stato e di governo dell’‪#‎Eurosummit‬ sono riuniti per esaminare “un’ipotesi di compromesso” che permetta il salvataggio della #Grecia. ‪#‎Iran‬ l’accordo sul nucleare sarebbe ormai vicinissimo.L’annuncio ufficiale dovrebbe arrivare oggi. Secondo il Wall Street Journal gli Stati Uniti sarebbero pronti ad usare droni per combattere lo Stato Islamico in Libia. Dati i risultati nefasti dell’uso dei droni Usa in Yemen, Afghanistan e confine fra il il Pakistan e l’Afghanistan, non mi sembra una buona notizia. (Fonti Reuters, Wall Street Journal)

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7 luglio 2015 : Minireport Esteri

Il presidente Usa, ‪#‎Obama‬ ha assicurato che Lo Stato Islamico “sarà sconfitto” .Una affermazione poco credibile visto i risultati. Parole, parole, parole. Ha anche dichiarato che gli Stati Uniti aumenteranno il proprio impegno a sostegno dell’‪#‎opposizione‬ ‪#‎siriana‬. E qui mi viene da dire “ma ci è o ci fa?”. Quale opposizione siriana? L’Esercito siriano libero in pratica non esiste più (da tempo molti leader sono stati uccisi da gruppi di jihadisti e soprattutto dai miliziani dello Stato Islamico). L’esercito siriano Libero si è trovato a combattere su due fronti: contro Bashar al Assad e contro i gruppi jihadisti e ha perso. Esistono ancora sacche di resistenza di civili al nord o zone liberate come il Kurdistan siriano. Mi domando dunque a quale “opposizione siriana” si riferisce Obama e soprattutto COME intende sostenerla. Ancora parole prive di reale contenuto.

Tra #72 ore terminano i negoziati sul ‪#‎nucleareiraniano‬ ma le trattative sono ferme. ‪#‎Teheran‬ ha chiesto la fine delle sanzioni dell’Onu sul programma di missili balistici ma la risposta è stata negativa (Fonte Reuters).

Tralascio la ‪#‎Grecia‬. La situazione è fin troppo dibattuta. Tante idee confuse come al solito e intanto le borse sono crollate. In Italia Piazza affari meno 4%, molti titoli bancari sono stati sospesi.

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SIRIA: QUALE FUTURO?

Le dichiarazioni dell’accademico Kepel, il realismo di Lakhdar Brahimi,
il mercato mondiale delle armi, e il dramma di un Paese che non vede la via d’uscita dalla guerra
Lakhdar Brahimi

Gilles Kepel, accademico francese ed esperto di Islam e Medio Oriente, in un recente articolo su ’Le Figaro’, ha dichiarato: “In Siria i problemi interni e la lotta per la democrazia avviata dalle forze di opposizione contro la leadership al potere, sono direttamente articolate con altre linee di forza generate dalle petromonarchie del Golfo, l’Iran, Israele, la Russia, la Cina, gli Stati Uniti e in misura minore l’Europa”.

Fin qui niente di nuovo. Da tempo la crisi siriana si è internazionalizzata. Ed è sempre più difficile prevedere gli scenari futuri e una soluzione pacifica per un Paese in cui, secondo le parole dell’inviato dell’Onu per la Siria Lakhdar Brahimi“la situazione ha ormai raggiunto proporzioni catastrofiche. Nell’intervista rilasciata all’emittente televisiva Bbc’, Lakhdar Brahimi è apparso realista, per nulla disposto a cedere a facili illusioni. O al fascino delle parole vuote delle diplomazie.

D’altra parte, il 78enne algerino non vanta al suo attivo solo importanti missioni di mediatore (inviato della Lega Araba dell’Onu in Afghanistan e in Iraq, in Libano per gli accordi di Taif nel 1989) ma ha vissuto anche in ’prima linea’ i dieci anni di Guerra civile algerina. Dopo il colpo di Stato appoggiato dall’esercito dell’11 gennaio 1992 – che aveva annullato la vittoria elettorale al primo turno (con 188 seggi su 231) del Fronte Islamico di Salvezza – era stato infatti nominato Ministro degli Esteri. E aveva mantenuto posizioni intransigenti, di ’non negoziazione’ con la parte avversaria.

Una sola la nota positiva nel discorso di Brahimi alla ’Bbc’: Mi rifiuto di credere che il popolo siriano si ridurrà a una cieca visione settaria dell’esistenza fino a uccidere il vicino di casa”. Eppure è proprio ciò che è successo in Algeria. Tra il il 1992 e il 1998, decine di migliaia di vittime. Algerini contro algerini in un lungo e sanguinoso conflitto che lacerò profondamente la società civile.

Atteso sabato prossimo (8 settembre 2012) a Damasco, Brahimi, forte della sua esperienza, conosce benissimo la posizione intransigente della leadership siriana. E quella, altrettanto intransigente, dell’opposizione armata. Come potrebbe essere ottimista? Credere in un possibile ’cessate al fuoco’? A una ’smilitarizzazione’ delle parti in campo?

Intanto il presidente russo Vladimir Putin in un’intervista al Canale Tv ’Russia Today’ ha ribadito che non è la Russia a dover cambiare atteggiamento sul conflitto in Siria, ma piuttosto il fronte dei paesi occidentali”. E ha aggiunto, riferendosi alla Libia: “Vorrei ricordare che le iniziative dei nostri partner non sono certo finite tutte come loro stessi avrebbero voluto. La Cina invece si è limitata a dichiararsi “favorevole un dialogo politico tra regime e opposizione, ma senza pressioni dall’esterno”.

Sull’altro fronte dei paesi ’generatori di linee di forza’, la Turchia. Il primo ministro turco Tayyip Erdogan ha accusato il Presidente siriano “di aver creato con il suo regime uno Stato terroristico”. Certamente Erdogan teme l’alleanza dei curdi del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) con i curdi siriani. E cerca sostegno. Domenica scorsa a Istanbul, si è svolto in segretezza un incontro fra il direttore della Cia, David Petraeus e Hakan Fidan, responsabile del Mit, i servizi segreti turchi. Nel gran gioco medio-orientale non mancano le fonti di funzionari anonimi dell’Amministrazione Usa, citati dal ’New York Times’, secondo i quali “l’Iran sta rifornendo in modo massiccio Damasco di armi per via aerea, passando per i cieli iracheni”.

A proposito di armi: il timore che la crisi siriana possa oltrepassare i confini, interessando altri paesi dell’area e la possibilità di un conflitto nel Golfo Persico, hanno fatto incrementato le vendite. Nella classifica dei paesi in testa nel rifornimento dei propri arsenali c’è l’Arabia Saudita, che (fonte: Congress Reserch Service) ha acquistato armi dagli Stati Uniti per più di 33 miliardi di dollari.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indrohttp://www.lindro.it/Siria-quale-futuro/ (riproducibile citando la fonte).

 

Scontri, tensioni e attentati: la Siria nella spirale della violenza

Mohamad Shama era uno dei giornalisti siriani che, insieme a noi giornalisti stranieri, aspettava ogni mattina di partire seguendo i caschi Blu dell’Onu in missione. Nel maggio scorso, prima che il generale Mood dichiarasse che “per motivi di sicurezza” le missioni erano sospese, il gruppetto di operatori e giornalisti restava ore ad aspettare con pazienza, sotto il sole, il segnale. Era. Perché Mohamad Shama, che lavorava per la televisione siriana satellitare al-Ikhbariya Channel, è stato ucciso insieme ad altri tre colleghi ieri (mercoledì 27 giugno ndr) durante l’assalto di un commando armato alla sede Tv, a Jan Shih, circa 25 chilometri dalla capitale. L’attacco è avvenuto poche ore dopo che il Presidente Bashar al-Assad aveva dichiarato che la Siria “è ormai in stato di guerra su tutti i fronti”.

L’escalation della violenza nel Paese sta seguendo un ritmo sempre più serrato e veloce. Due giorni fa sono scoppiati scontri tra le forze governative e i ribelli fino alle porte di Damasco, vicino alle postazioni della Guardia Repubblicana, mentre questa mattina una forte esplosione è avvenuta davanti al palazzo di Giustizia a Damasco. Sugli schermi della tv di Stato siriana sono apparse immagini di automobili in fiamme nel parcheggio dell’edificio. Nessuna vittima, sembra.

In sottofondo la situazione tesa con la Turchia. Venerdì scorso infatti la contraerea di Damasco, ha abbattuto un caccia turco sostenendo che aveva violato lo spazio aereo siriano. Tra accuse e contro accuse il Premier turco Recept Tayyp Erdogan ha richiesto una riunione degli ambasciatori Nato in base all’articolo 4 delPatto Atlantico (che prevede consultazioni quando la sicurezza di un Paese membro alleato può essere a rischi). Espressioni di solidarietà scontata per la Turchia, ma la Nato dice no a un’azione militare.

Il fatto impone comunque alcune riflessioni: la Turchia ha voluto cercare un casus belli? O è stato davvero un incidente? La versione di Ankara è, ovvio, completamente diversa da quella di Damasco: “un volo disarmato del Phantom F-4 per rilevare radar turchi”. La Russia, alleata della Siria, ha messo una pulce nell’orecchio dichiarando invece che il caccia “doveva testare i sistemi di difesa siriani e fare spionaggio per la Nato”. Il premier turco ha comunque annunciato nuove regole d’ingaggio per le forze militari turche lungo gli 822 km di confine fra i due Paesi. Da ora “dovranno rispondere con le armi a ogni violazione del confine”.

La Turchia non ha intenzione di attaccare la Siria, ha dichiarato Erdogan a ’Le Monde’, ma in queste condizioni, si sa, basta poco a provocare la scintilla. Anche perché lungo la frontiera porosa passano da mesi profughi, disertori, oppositori armati, mercenari, guerriglieri. Un traffico di uomini e di armi.

In questa situazione sempre pericolosa, l’inviato dell’Onu Kofi Annan sta provando a giocare ancora una carta per una soluzione politica e ha convocato per sabato 30 giugno, a Ginevra, una conferenza delle grandi Potenze e dei Paesi arabi. La proposta di Kofi Annan? L’istituzione nel Paese di un governo di transizione che includa sostenitori del presidente Bashar al-Assad e membri dell’opposizione. Le maggiori potenze Russia, Cina, Stati Uniti, Regno Unito e Francia sembrano sostenere l’idea. Non ci resta che aspettare. In quella che ormai sembra una spy story, ma che purtroppo è una tragica realtà, e al di fuori degli interessi internazionali, regionali, delle Cancellerie, dei giochi di potere, come sempre il popolo siriano rimane l’unica vittima. Su tutti i fronti.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro http://www.lindro.it/la-siria-nella-spirale-della-violenza/ (riproducibile citando la fonte).