Tagli economici Usa
Egitto: i militari sono i veri vincitori della Rivoluzione?
In «Autunno egiziano», il romanzo ambientato al Cairo durante la rivoluzione del 1952 – che portò alla cacciata di re Farouk – Nagib Mahfuz fa dire a un suo personaggio: «La verità è che nessuna delle nostre precedenti rivoluzioni ha portato a risultati sorprendenti». Forse anche quella del gennaio 2011, che vede per ora vincitore, il protagonista di sempre: l’esercito.
A tre mesi dal golpe militare, il movimento islamista dei Fratelli Musulmani è stato sciolto dal governo provvisorio e dichiarato illegale. Sono state chiuse le sedi e confiscati i beni, proprio come nel 1954, per il volere dell’allora presidente Gamal Abdel Nasser. I ragazzi di Piazza Tahrir sono stati esclusi dai giochi. L’ex presidente egiziano Mohamed Morsi (detenuto in una località segreta dal 3 luglio) e altri 14 dirigenti dei Fratelli musulmani compariranno davanti alla Corte d’Assise il 4 novembre prossimo (fonte agenzia Mena). Le accuse sono di omicidio e incitamento alla violenza durante le proteste popolari del dicembre del 2012. E quello che sempre di più appare come l’uomo forte del paese, il nuovo Raìs, il capo delle forze armate Abdel Fattah el-Sissi, non esclude una sua candidatura alle presidenziali.
Anche se il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato oggi che la Casa Bianca sospenderà gli aiuti militari all’esercito egiziano (tra cui elicotteri d’attacco Apache, caccia-bombardieri F-16 e carri armati M1-Abrahams ) e bloccherà, per ora, una parte dei finanziamenti – 260 milioni di dollari- sul miliardo e mezzo del totale. Invariata invece l’assistenza che Washington continuerà ad offrire nei settori dell’insegnamento, della sanità e del privato. Assicurati anche i fondi per la lotta al terrorismo, la sicurezza dei confini, soprattutto nella penisola del Sinai.
Secondo fonti anonime della Casa Bianca, la decisione è stata presa dopo gli ultimi violenti scontri di domenica scorsa, 6 ottobre, tra polizia e sostenitori dei Fratelli Musulmani e manifestanti pro-Morsi che hanno causato almeno 50 morti e un centinaia di feriti. Un bilancio grave, in un giorno che avrebbe dovuto festeggiare invece i 40 anni della cosiddetta Guerra d’Ottobre del 1973 ( conosciuta come Yom Kippur in Israele). Una vittoria per l’Egitto soprattutto perché, nel 1979 con gli accordi di Camp David, ottenne di nuovo il controllo della Penisola del Sinai. continua la lettura su Lindro Egitto: i militari i veri vincitori della rivoluzione?
Antonella Appiano per Lindro – riproducibile citando la fonte
l Presidente Obama sa bene che l’Egitto del generale El-Sissi è in grado di sostituire gli aiuti militari statunitensi con quelli di altri paesi arabi (che già lo finanziano). E anche del fatto che la decisione potrebbe ridurre l’influenza americana nell’area. Ma Obama si trova in una posizione scomoda. Da un lato vuole mantenere il controllo sull’Egitto, un controllo che non può perdere per la sicurezza di Israele, però è costretto ad ammettere che il nuovo governo ad interim del Cairo non sta percorrendo la via della democratizzazione. Dopo aver tentennato e poi appoggiato la Rivoluzione del 2011 e la caduta del regime di Hosni Mubarak, alleato di Washington, il Presidente degli Stati Uniti aveva riconosciuto come legittimi tutti gli esecutivi che si erano avvicendati. Sia quello militare post-rivoluzione, sia quello, eletto, dei Fratelli Musulmani. Ha appoggiato di fatto anche il golpe dello scorso 3 luglio, che ha deposto Mohammed Morsi, il primo presidente eletto democraticamente, non riconoscendolo come colpo di stato. La sicurezza d’Israele certo. Eppure anche il governo islamista di Mohammad Morsi aveva confermato i trattati di pace con Israele e le relazioni economiche con gli Stati Uniti, spingendosi al punto di prendere provvedimenti poco popolari pur di ottenere il prestito da 4,8 miliardi di dollari del Fondo Monetario Internazionale. Decisioni che hanno contribuito senza dubbio ad alimentare il malcontento degli egiziani che si sono ritrovati, dopo un anno dalla rivoluzione in condizioni economiche peggiori delle precedenti.
Oggi, a tre mesi dal golpe militare, il movimento islamista dei Fratelli Musulmani è stato sciolto dal governo provvisorio e dichiarato illegale. Sono state chiuse le sedi e confiscati i beni, proprio come nel 1954 per il volere dell’allora presidente Gamal Abdel Nasser. I ragazzi di Piazza Tahrir sono stati esclusi dai giochi. L’ex presidente egiziano Mohamed Morsi (detenuto in una località segreta dal 3) e altri 14 dirigenti dei Fratelli musulmani compariranno davanti alla Corte d’Assise il 4 novembre prossimo (fonte agenzia Mena) per rispondere alle accuse di omicidio e incitamento alla violenza durante le proteste popolari del dicembre scorso.
Insomma, nonostante i tagli economici degli Stati Uniti, per ora l’esercito sembra essere il vincitore della Rivoluzione in Egitto, riaffermando il potere e gli storici privilegi di cui gode dagli anni Sessanta sotto il regime socialista di Gamal Abdel Nasser. L’esercito in Egitto è un potere forte. Una specie di Stato nello Stato. Una lobby a capo di un vero e proprio impero finanziario: dal mercato immobiliare, alla produzione dell’olio d’oliva a quella dell’acqua minerale. Senza contare la gestione di imprese di pulizia, stazioni di servizio, mense e anche resort di lusso sul Mar Rosso.
Ma l’economia è ancora in ginocchio, la stabilità sembra lontana con proteste del movimento islamico che, nonostante la violenza della reazione dell’esercito, continua e sembra coinvolgere anche civili non appartenenti alla Fratellanza. E il Sinai sembra una pentola pressione. Lo stato di polizia è stato prolungato. Chi ha fatto davvero la Rivoluzione nel gennaio 2011 è scomparso di scena, ma c’è una certa inquietudine fra i giovani che hanno imparato a rivendicare il diritto di esprimersi. Come scrive ancora Mahfuz: «rabbia sopita, disperazione repressa, tensione accumulata possono ancora esplodere in Egitto».
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