Women
Antonella Appiano nominata Ambasciatrice del Telefono Rosa 2012
“Per aver realizzato, con la sua professionalità di giornalista e scrittrice, un ponte tra noi e le donne del Medioriente”
Con questa motivazione, Sabato 19 maggio, alle 10,30, alla Terrazza Caffarelli, in Campidoglio, sono stata premiata come Ambasciatrice dell’Associazione Telefono Rosa. Con gratitudine e impegno, ringrazio il Presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli e tutta l’Associazione.
Ecco le immagini del Galà in onore delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori del Telefono Rosa. Terrazza Caffarelli. Musei Capitolini. Piazza del Campidoglio, 1
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(Grazie a Fabio Callini per le sue foto – dalla n. 4, alla n. 9 – che gentilmente ha concesso di pubblicare)
Brano scritto, arrangiato e prodotto da Marco Meloni
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Tutti i proventi saranno devoluti al Telefono Rosa
Marocco, emergenza famiglia.
Si aspetta, si discute, si polemizza. Si spera, in Marocco, ma anche in Italia – fra la Comunità marocchina – che il governo, guidato dal partito islamista Giustizia e Libertà (PJD) modifichi l’articolo 475 del proprio codice penale. Un articolo che punisce lo stupro con una pena da 5 a 10 anni di carcere, a meno che lo stupratore non sposi la donna di cui ha abusato, salvando così l’onore della famiglia.L’articolo di legge per cui si era suicidata, dopo soli cinque mesi di matrimonio, il 10 marzo scorso, Amina Filali.
Dopo la violenza, infatti, il padre si è detto costretto a combinare il matrimonio della figlia con lo stupratore. Ma Amina non ha mai sopportato quell’obbligo.Il gesto estremo ha portato alla ribalta il problema del diritto di famiglia in Marocco (e in altri Paesi Arabo –musulmani), ma anche la considerazione di quanto, spesso, la tradizione ’sia più forte’ della legge stessa. E’ indubbio che questa norma debba essere modificata, ma perché abbia davvero ’presa’ sulla gente, non dobbiamo dimenticare che, a cambiare, deve anche essere la mentalità della società. Il Marocco, fra l’altro, ha uno dei codici di famiglia, dal 2004, più all’avanguardia in merito alla tutela della donna, ma – per la sua stessa natura- è un codice che tocca nel cuore la società (ogni società).
E le riforme in questo campo sono sempre state difficili. Non solo nei Paesi Musulmani. Ci siamo forse dimenticati le battaglie e i contrasti in seno alla società italiana per inquadrare giuridicamente le coppie di fatto e le coppie omosessuali? A questo punto è forse utile ricordare – a differenza di ciò che molti occidentali credono – che il diritto musulmano già dal 1800, era stato cambiato e si era uniformato ai codici europei. Anche se l’adeguamento alle leggi europee è avvenuto soprattutto nel campo del diritto commerciale e civile.
Dopo il tragico gesto di Amina Filali, Moustapha Khalfi, Ministro della Comunicazione e Bassima Hakkaoui, Ministro della Famiglia e dello Sviluppo Sociale (fra l’altro, l’unica donna fra i 29 ministri del nuovo governo) hanno tenuto una posizione ambigua,promettendo una revisione dell’articolo 475, ma di fatto non hanno annunciato fino ad oggi un concreto progetto di riforma. Ed è proprio di poche ore fa la notizia riportata dal ’Washington Post’ secondo cui il Ministro Bassima Hakkaoui, ha dichiarato che l’articolo 475“ non può essere abrogato da un giorno all’altro”, solo sotto la pressione della opinione pubblica mondiale.
Sembra che il Ministero della Giustizia abbia intenzione di studiare una completa revisione del codice penale ( che risale al 1962). Ma sulla revisione dell’ articolo 475, il Ministero assume una posizione cauta, dichiarando: “solo se la società marocchina la vuole”.
C’è ancora tanta strada da fare ha dichiarato Sarah Leah Whitson, direttrice della sezioneMoyen-Orient et Afrique du Nord à Human Rights Watch. “ L’articolo 475 non è che la parte visibile dell’iceberg. Malgrado le riforme del codice di famiglia del 2004, le donne non sono ancora protette dalla legge quando sono vittime di violenza”. Ma la società è pronta a proteggerle?
Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro Marocco, emergenza famiglia (riproducibile citando la fonte)
La rivolta (nell’ombra) delle donne
Le voci contro il regime sono forti, ma isolate, per questo Bashar resta saldo al potere
E’ una delle domande che mi sento fare spesso. “Ma le donne, in Siria, hanno partecipato alle rivolte?” Durante i primi mesi, da metà marzo a luglio del 2011, non in maniera rilevante. Perché le donne non vanno in moschea il venerdì, o almeno sono poche quelle che lo fanno. E in quella prima fase le rivolte si limitavano al venerdì. In quel periodo c’è stato qualche raduno separato. Più volte, sui siti pro-rivoluzione presenti su Facebook, è stata annunciato qualche corteo, a Damasco, che poi non si è svolto. Episodi sporadici: una volta un corteo è stato disperso, e si trattava di poche decine di persone.
Le donne hanno seguito i funerali dei parenti. E questo soprattutto a Dar’aa. Ma per stessa ammissione degli attivisti con cui ho parlato, durante la mia permanenza nel Paese, le donne sono state poco presenti sulla scena. Almeno quella attiva. E’ da sottolineare il fatto che, in un primo tempo, l’opposizione, ’reale’ – quella sul territorio intendo e non quella virtuale su Internet o quella all’estero – era composta in gran parte da elementi conservatori e religiosi.Anche i più giovani mi hanno risposto che “per l’Islam il ruolo della donna non è quello”.Altri oppositori più laici hanno sottolineato ’il pericolo’. Quindi, per evitare l’arresto le donne siriane hanno partecipato alle rivolte, più che altro curando i feriti, preparando striscioni, raccogliendo cibo e denaro per le famiglie delle vittime della repressione.