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Le donne musulmane che scendono in campo.
Maria Grazia Silvestri, autrice del documentario ’Islam/women emancipation via sport’: “non basta giudicare dal velo”.
Una laurea in giurisprudenza nel cassetto e una passione profonda, quella per le arti marziali, che l’ha portata in giro per il mondo a fissare in uno scatto immagini significative, a filmare testimonianze, storie. Maria Grazia Silvestri, racconta sorridente, con entusiasmo, come il suo lavoro le abbia permesso di vivere da vicino ’uno spaccato’ del mondo femminile musulmano sconosciuto ai più.
Com’è nata l’idea?
Ho cominciato a chiedermi se le donne musulmane praticassero lo sport con limitazioni, e quali fossero. E se lo sport potesse, al contrario, invece rappresentare un veicolo di emancipazione.
Da dov’è partita la sua ricerca?
Dalle mie attività sportiva di elezione, le arti marziali. La Federazione Mondiale è molto severa e proibisce d’indossare gioielli, ornamenti, cappelli. Come potevano quindi praticare questa disciplina le atlete che indossavano l’hijab? ( n.d.r. il foulard che copre solo i capelli lasciando scoperto il viso). Avevo alcune amiche egiziane e le ho contattate. Sono andata a vivere a Il Cairo.
E che cosa ha scoperto?
La questione del velo in occidente è spesso affrontata con un atteggiamento ’che giudica’. Se invece ci si avvicina al tema solo per capire, per sapere, le ragazze e le donne musulmane sono molto disponibili. Raccontano, spiegano. Nadia e Shaymaa, campionesse di Karate, per esempio, indossano l’hijab nella vita di tutti i giorni e lo tolgono durante gli allenamenti e le competizioni. Non si sentono in “contraddizione”, sono serene.
In Egitto le donne vantano il numero maggiore di conquiste sportive mondiali. Sono quindi incoraggiate a praticare queste discipline?
Sì, la mia ricerca ha portato alla luce che le famiglie e gli allenatori sono molto aperti e ’battono su questo tasto’ : potete rispettare i dettami religiosi o comunque tradizionali e nello stesso tempo conquistare onore e gloria per il vostro Paese. Salire su un Podio nei mondiali è una conquista personale ma anche, di riflesso, della nazione di appartenenza.
Maria Grazia, queste atlete le ha conosciute bene. Sono ragazze che studiano, qualcuna è fidanzata…Che cosa l’ha colpita di più?
Un fatto che viene sottovalutato. Chi proviene da famiglie povere, o comunque modeste, attraverso lo sport, conquista anche la possibilità di guadagnare, per mantenersi agli studi, per comperare una casa. E l’opportunità di viaggiare, conoscere il mondo, altre culture. Di aprirsi quindi, di confrontarsi.
Importanti le parole, l’esperienza e l’impegno di Maria Grazia Silvestri. Ma se in Egitto lo sport femminile è vissuto ’al positivo’, ci sono altri Paesi invece, come l’Arabia Saudita, per esempio, che mantengono un atteggiamento di chiusura.
Il 4 aprile scorso, il Principe Nawwaf al –Faisal, Ministro dello Sport e presidente del Comitato Olimpico saudita, in una conferenza stampa a Jedda, ha dichiarato: “Lo sport femminile non è mai esistito nel nostro paese e non abbiamo intenzione di muoverci in questa direzione“.
Infatti, il 27 luglio prossimo, all’inaugurazione dei Giochi Olimpici di Londra, la squadra dell’Arabia Saudita, ultraconservatrice monarchia wahabita, sfilerà senza atlete donne – a meno di novità dell’ultimo momento, fortemente improbabili.
Nel Paese secondo un rapporto di Human Rights Watch, le donne che vogliono fare sport sarebbero scoraggiate: palestre chiuse, mancanza di strutture nelle scuole femminili, addirittura ’raid’ delle autorità per spaventare le sportive. Eppure ai Giochi Olimpici della Gioventù del 2010, a Singapore, un’atleta saudita, la cavallerizza Dalma Rushdi Malhas, aveva partecipato e vinto la medaglia di bronzo nel salto a ostacoli.
Una nota positiva. Il Qatar ed il Brunei,, che fino ad ora avevano proibito alle atlete di partecipare alle Olimpiadi per motivi culturali e religiosi, quest’anno hanno detto sì.
Il video-documentario “Islam/women emancipation via sport“ in lingua arabo/inglese di Maria Grazia Silvestri è presentato da X-Kombat in collaborazione con il Robert F. Kennedy Center
Islamic Week Round Table
di Antonella Appiano, in esclusiva per L’Indro Le donne islamiche che scendono in campo, riproducibile citando la fonte.